Giuseppe Bin Laden

Nelle Novità, «Non c'è travaglio senza dolore».Rosaria intervista Emilia Bersabea Cirillo, autrice de Il pane e l'argilla, una rivisitazioni dei luoghi di Cristo si è fermato a Eboli.

uando un edificio federale fu fatto esplodere a Oklahoma City, vi fu chi chiese di bombardare il Medio Oriente, e sarebbe probabilmente accaduto se si fosse scoperto che da là provenivano gli attentatori. Quando si è invece appurato che si trattava di una questione interna legata alle milizie dell’estrema destra, nessuno ha pensato di cancellare dalla faccia della terra il Montana o l’Idaho. Al contrario, vi fu una caccia al colpevole, che è stato arrestato, processato, condannato, e vi furono tentativi di capire le rivendicazioni che erano all’origine di tali crimini e di affrontare il problema. Praticamente ogni crimine — una rapina in strada come una terribile atrocità — ha le sue ragioni, e in genere si scopre che alcune sono serie e che meriterebbero di essere prese in considerazione.» (Noam Chomsky, 11 settembre. Le ragioni di chi?, Marco Tropea Editore, Milano 2001, Ero 8,26)

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Che cosa lega gli storici avvenimenti che si sono succeduti recentemente, dall’11 settembre fino a tutto questo mese di gennaio 2002, e il Risorgimento Italiano? Cosa significa collegare l’”Eroe dei due Mondi” allo “Sceicco del Terrore”? Lo ammettiamo, l’accostamento è audace e molti potrebbero ritenerlo, giustamente, dissacrante. Infatti, si tratta di una provocazione.

Bin Laden è (o era?) il capo di una milizia terrorista internazionale, originata in Afghanistan tra i mujaheddin (combattenti per la fede) finanziati, addestrati ed equipaggiati dagli Stati Uniti durante l'occupazione russa di questo paese, nell’interesse dell’Occidente ma in nome, si badi bene, di un Islam integralista.

Giuseppe Garibaldi guidava un esercito di volontari che in nome della Libertà ha compiuto azioni che hanno “destabilizzato” la penisola, in favore del Regno di Sardegna. Queste azioni hanno innescato delle speranze, specialmente al Sud, negli strati più poveri e disperati della popolazione, che si convinsero che ci sarebbe stato un cambiamento a loro favore. Quando la situazione minacciò di diventare incontrollabile Sua Maestà lanciò un segnale forte, al quale Garibaldi rispose col famoso telegramma. «Obbedisco».

Al Qaeda (la Base), l’organizzazione dei mujaheddin di Bin Laden, dopo l’Afghanistan si è prodigata in Cecenia (ancora contro i Russi), in Bosnia (contro i Serbi), nel Kashmir (contro gli Indiani), nella Cina occidentale (contro i Cinesi), in Indonesia e Nord Africa, dimostrando sempre maggiore autonomia nel perseguire gli obiettivi dichiarati: proteggere i fratelli musulmani, ovunque siano minacciati, e rovesciare i governi islamici non sufficientemente aderenti alla regola.

Bin Laden non ha obbedito. Dopo i fatti sanguinosi dell’11 settembre 2001 (stavolta in America contro gli Americani), gli Usa si sono impegnati a liberarsi di questo scomodo alleato, divenuto troppo pericoloso, su cui non hanno ormai più alcun controllo; come ci si libera delle lumache o di un parassita, la cui crescita “controllata”, favorita per liberare il giardino da un nemico peggiore, è semplicemente scappata di mano.

I bombardamenti in Afghanistan hanno già causato (secondo alcune fonti d'informazione) più vittime tra la popolazione civile dell’attentato dell’11 settembre; naturalmente anche numerose perdite tra le truppe di Al Qaeda. Si tratta per lo più, secondo certi standard occidentali, di straccioni ignoranti, senza il senso della Storia ma, riteniamo, con un loro senso della giustizia. Frustrato.

Le opere letterarie che presentiamo questo mese propongono una interpretazione della Storia dalla parte di questi diseredati — qui, un secolo fa, come là, oggi — senza speranza.

Ne I Malavoglia Giovanni Verga riporta la miniatura di una storia familiare, I Toscano, poveri pescatori battuti dal destino, dalle forze umane e naturali insieme, dal mare e dal progresso. Verga crea due figure cui sono riconducibili tutte le altre presenti nel romanzo e nelle quali è visibile la dicotomia fra due mondi in contrasto: il vecchio ‘Ntoni, prototipo del primitivo, è ancora attaccato alla casa, alla famiglia; il giovane ‘Ntoni, invece, è simbolo dell’uomo evoluto che, spingendosi verso il progresso, finisce per perdersi.

Vincenzo Consolo, con Il sorriso dell’ignoto marinaio, non resta immobile ad assistere al dipanarsi della storia: compito dell’intellettuale è dar voce agli emarginati, ai perdenti. Narra così la vicenda di quei contadini che avevano intravisto nell’Unità d’Italia la possibilità di ristabilire la giustizia che da sempre era stata loro negata e la speranza di vivere in una società interessata a garantire loro i diritti fondamentali. Racconta, dunque, una grande delusione.

Ne I Vicerè di Federico De Roberto non si parla di poveracci, ma di una dinastia di nobili radici: gli Uzeda di Francalanza, un’antica famiglia catanese d’origine spagnola. Tra i componenti della regale stirpe di sangue blu, tutti indistintamente segnati da stranezze e tic, serpeggia l’ansia del cambiamento, il terrore dello spettro di un’era che giunge cavalcando e che minaccia una situazione ormai stabile di privilegi di casta e superiorità sociale.

Ne Il Gattopardo Tomasi Di Lampedusa mette in scena la storia di uomo, quella del principe Fabrizio Salina, “il gattopardo” di cui porta, inconfondibili, le caratteristiche della fierezza e della forza. Tormentato da insopportabili conflitti interiori e conscio di quanto sta per accadere, il protagonista assiste impotente al crollo della istituzioni, dei costumi sociali, dell’epoca in cui ha vissuto e, necessariamente, della sua stessa vita.

Ne La Malora di Beppe Fenoglio si torna a parlare di miserabili, umili contadini che nella terra hanno tutto, la vita, se questa è rigogliosa, ma anche la morte se, al contrario e come spesso accade, la natura è avara e malvagia. Agostino, il protagonista di questo romanzo, capisce l’impossibilità di cambiare il corso degli eventi, assapora la piccolezza umana, e dichiara, in uno sfogo significativo, la sensazione dell’abbandono da parte di Dio.

Inoltre

Nelle Novità, a cura della Redazione Virtuale, «Non c'è travaglio senza dolore», un'intervista di Italialibri a Emilia Bersabea Cirillo, autrice de Il pane e l'argilla, una rivisitazioni dei luoghi di Cristo si è fermato a Eboli.

Nella nuova sezione, riservata agli editor, Scriversi Addosso, I vinti vincitori, una divagazione di Roberto Saviano sul ciclo dei vinti, con un messaggio di speranza: «L’emancipazione [...] non potrà esser data al vincitore ma solo al vinto che liberando se stesso libera l’intera specie». In «La maison est encore là, Dieu soit loué» Odile Garlin-Ferrard ripercorre la vita di una antica casa patrizia nei dintorni della Palermo agli albori del 1900, regolata da un cerimoniale portato all'eccesso, puntigliosamente descritto nelle pagine di Fulco di Verdura. L'insostenibile sguardo è il breve racconto di Valerio Varesi in cui un pittore si misura con il colore e con la tela, come in un duello micidiale dal quale non potrà che uscire vinto. Di Margaret Collina, infine, un racconto inedito intitolato Non di solo pane la storia del "Panificio S. Francesco" e del suo capitolare di fronte alla spietata legge del "più forte", con un'introduzione di Norma Stramucci.

E ancora...

Massimo Campigli. Il tempo del sogno di Nicoletta Pallini fa parte della monografia Essere altrove, essere altrimenti (Skira Editore, 2001, pagg.230; euro 51,65) curata da Flaminio Gualdoni in occasione della grande mostra antologica dedicata a Massimo Campigli (Berlino, 1895/Saint-Tropez 1971) allestita al Museo della Permanente di Milano (via Turati, 34; www.lapermanente-milano.it) fino al 27 gennaio 2002.

In occasione del primo anniversario della scomparsa del poeta Roberto Sanesi, riproponiamo Un pomeriggio sul Trono d'Arturo, un ricordo di Alexander Hutchison.

Novità in libreria: Alberti, Alighieri, Barzini, Bevilacqua, Broggini, Calzavara, Camilleri, deCastris, Galimberti, Garibaldi, Goldoni, Groppali, Guareschi, Magris, Mannuzzu, Manzoni, Maraini, Mastrangelo, Mazzantini, Orengo, Pasolini, Pietrangeli, Ramondino, Rentocchini, Salgari, Sica, Silver, Staino, TavassiLaGreca, Ventricelli e Migliozzi...

A cura della Redazione Virtuale de «La Libreria di Dora»

Milano, 15 gennaio 2002
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Una casa senza donna non poteva andare; ma la donna bisognava che avesse il giudizio nelle mani, come s’intendeva lei; e non fosse di quelle fraschette che pensano a lisciarsi e nient’altro, “coi capelli lunghi e il cervello corto”, ché allora un povero marito se ne va sott’acqua come compare Bastianazzo, buon’anima. “Beato lui”, sospirava la Santuzza, “ è morto in un giorno segnalato, la vigilia dei Dolori di Maria Vergine, e prega lassù per noi peccatori, fra gli angeli e i santi del paradiso. ‘A chi vuol benem, Dio manda pene’. Egli era un bravo uomo, di quelli che badano ai fatti loro, e non a dir male di questo e di quello, e peccare contro il prossimo, come tanti ce ne sono.
Giovanni Verga
I Malavoglia
E’ con I Malavoglia che, nel 1881, Verga fornisce una delle più riuscite rappresentazioni del mondo popolare di fine Ottocento. Il romanzo narra la storia dei Toscano, una famiglia di pescatori decaduti e ingiustamente identificati da un soprannome, “i Malavoglia” per l’appunto, che non descrive affatto la loro natura di laboriosa gente di mare. Il capofamiglia, padron ‘Ntoni,dà avvio ad un commercio di lupini, ma la barca che li trasporta scompare in un naufragio, provocando la morte di Bastianazzo, il figlio primogenito dei Toscano. Per coprire i debiti occorre vendere la casa, mentre altre disgrazie si abbattono sulla famiglia già vessata dall’amaro destino. Uno dei nipoti, il giovane ‘Ntoni, rifiuta la vita povera dei pescatori e, datosi all’ubriachezza e al contrabbando, finisce in prigione. Il vecchio ‘Ntoni morendo abbandonato in un ospedale, lascerà ad Alessi, altro maschio della stirpe, il compito di mantenere la famiglia. Alessi riuscirà a riscattare la “casa del nespolo”, ma ‘Ntoni, uscito di prigione e conscio d’aver profanato ribellandosi, la religione della famiglia, si allontanerà per sempre da essa e da Aci trezza.


Alcaresi, compaesani, amici, non più indugi e titubanze. L'ora del riscatto è scoccata. Il generale Garibaldi è giunto ad Alcamo, un paese alle porte di Palermo. Il vile Borbone è finalmente scacciato da questa terra santa. A noi il dovere di far giustizia con le nostre mani dei nemici di qua. Già consimili azioni si preparano in ogni paese e villa di Sicilia. È tutta un'esultanza, un'opra, una volontà decisa d'abbattere il tiranno. Dio, San Nicola, Garibaldi e Vittorio Emanuele sono con noi. All'armi, dunque. Né pietà o codardia arresti il nostro braccio. Alcaresi, grande è stata per anni la sopportazione nostra, grande è la nostra rabbia, grande sia domani il nostro coraggio!
Vincenzo Consolo
Il sorriso dell'ignoto marinaio
La rassomiglianza tra il ritratto di Antonello da Messina con Giovanni Interdonato, un giovane cospiratore, determina la decisione dello speziale di Lipari di liberarsi del quadro, a favore del Barone di Mandralisca. Partendo da questo avvenimento, apparentemente marginale, Il sorriso dell’ignoto marinaio ricostruisce alcuni fatti di contorno nel 1860 allo storico sbarco di Giuseppe Garibaldi in Sicilia. In particolare la narrazione di Vincenzo Consolo si concentra sugli avvenimenti che ebbero luogo ad Alcàra Li Fusi sopra i Nébrodi, un paesino dell’entroterra di Sant’Agata di Militello, dove un gruppo di contadini, avendo assalito e ucciso i dignitari locali, tra cui molti proprietari terrieri, erano stati per questo, dallo stesso governo di liberazione, processati e condannati.



Seduto su una poltrona, le gambe lunghissime
avvolte in una coperta, sul balcone dell’albergo Trinacria, sentiva che la vita usciva da lui a larghe ondate incalzanti, con un fragore spirituale paragonabile a quello della cascata del Reno. Era il mezzogiorno di un Lunedì di fine Luglio, ed il mare di Palermo compatto, oleoso, inerte, si stendeva di fronte a lui, inverosimilmente immobile e appiattito come un cane che si sforzasse di rendersi invisibile alle minacce del padrone; ma il sole immoto e perpendicolare stava lì sopra piantato a gambe larghe e lo frustava senza pietà. Il silenzio era assoluto. Sotto l’altissima luce Don Fabrizio non udiva altro suono che quello interiore della vita che erompeva via da lui
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Il Gattopardo
Il Gattopardo non può definirsi come un semplice romanzo storico, nonostante i continui e particolareggiati richiami alla Sicilia del 1860, stordita dal cambiamento dei tempi, delle istituzioni e dei costumi sociali. E’ qualcosa di più: è il fluire costante della vita, che precipita fatalmente nel nulla. E lo straziante e insopportabile contenuto di questa verità è filtrato dagli occhi del Principe Fabrizio Salina, il protagonista forte e tormentato della vicenda, il gattopardo metaforicamente visto. L’impotenza dell’umano di fronte alla fine di tutto resta eterno sottofondo di un paesaggio dominato dall’indolenza, dal solleone, dal funereo silenzio. E l’irreparabile esito arriva senza troppo farsi attendere, tristemente sancito dalla morte dell’amato alano di don Fabrizio, nel simbolico sonno eterno cui nessuno può sottrarsi.


La storia è una monotona ripetizione; gli uomini sono stati, sono e saranno sempre gli stessi. Le condizioni esteriori mutano; certo, tra la Sicilia di prima del Sessanta, ancora quasi feudale, e questa d’oggi pare ci sia un abisso; ma la differenza è tutta esteriore. Il primo eletto col suffragio quasi universale, non è né un popolano, né un borghese, né un democratico: sono io perché mi chiamo principe di Francalanza. Il prestigio della nobiltà non è e non può essere spento.
Federico De Roberto
I Vicerè
I Vicerè narra la vicenda di tre generazioni della potente famiglia degli Uzeda di Francalanza, dinastia di antica origine spagnola. In tutti gli appartenenti all’illustre casata sopravvive, inquietante e sinistro, il germe della follia, mentre a qualunque costo, essi tentano di conservare la supremazia, il privilegio della casta, nella nuova Italia unita. Un vero romanzo storico, libero da infiorettature e scene di contorno. Un racconto infinito in cui nessuno è reso veramente protagonista o, ugualmente, comparsa. Grande prova di un autore sconosciuto ai più, ma fondamentale nella storia della letteratura italiana e del movimento verista. L’opera viene legittimamente acquisita e giudicata come «un implacabile lezione di opportunismo politico».


E non venite a dirmi che peggio di così non si può stare, perché io ci metto poco a mostrarvi il contrario. Vi contassi d’uno che da bambino gli è morto suo padre e se lo prese in casa un suo zio, dalle parti di Cravanzana. Lo faceva tirare che al paragone voi siete dei signorotti, e a mezzogiorno gli diceva: “Se non mangi pranzo, ti do due soldi”, e bisognava pigliare i due soldi, e a cena: “Se vuoi mangiar cena, mi devi dare due soldi”. Ero mica io quel bambino là? Voi non avete mai provato niente.’
Beppe Fenoglio
La Malora
Il libro narra la storia di Agostino e la vicenda della sua famiglia, i Braida, poveri contadini delle Langhe d'inizio secolo, la cui vita è segnata dalla fame, dal duro lavoro sulla terra avara e dalla malora che, come un’ombra funesta da cui è impossibile liberarsi, guida il destino dei personaggi. Immerso in avvenimenti tragici, quali la morte del padre, l’inutile lotta della famiglia di Tobia per emergere dalla propria condizione, la malattia del fratello chiuso in seminario, Agostino vive gli anni della giovinezza chinato di fronte alla propria sorte. L’unico barlume di speranza, l’amore per la “servetta” Fede, viene annullato senza possibilità di opporsi dal contratto di matrimonio fatto dai genitori della ragazza. L’unico sogno di Agostino rimane quello di tornare a lavorare la terra che era stata di suo padre: desiderio che in ultimo verrà realizzato, anche se il giovane non potrà più contare sulla presenza materna.


Nel prossimo numero:

«Città e luoghi della letteratura»:
Bassani, Deledda, Maraini, Moravia, Ortese...

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Cara Libreria di Dora,

sono uno studente della lingua italiana ed anche della letteratura italiana. Benché ho visitato in Italia (e spero di farlo ancora nel futuro), sto costruendo "una Italia nella mia mente" basato sulle cose che ho letto. Le ringrazio per gl' informazioni e opinioni che trovo qui alla Libreria di Dora. Anche riguardante cose politiche come Osama Bin Laden, i suoi punti di viste siano diversi di quali che appaiono nella stampa americana. Stimo questo punto di vista di oltremare. Auguri,

Harvey Sollberger, Professore della Musica, University of California, San Diego


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