Nato a Roma, Sergio Corazzini è precursore del crepuscolarismo di cui frequentava gli esponenti al caffè Sartoris. Influenzato dai simbolisti e dai decadenti europei fa da cerniera tra la poesia sublime e l'elegia alla semplicità del quotidiano, alla nuova poetica novecentesca. Minato da una tubercolosi ereditaria ne fa la propria ispirazione per una poesia intensa e originalissima
«La mia vita sarà senza dubbio di assai breve durata e me ne andrò, forse un giorno, il giorno in cui un incidente fatuo, in apparenza, determinerà per sempre, la grande risoluzione» [Sergio Corazzini, in una lettera del 21 agosto 1905 ad Antonello Caprino]
na meteora. Un astro che sprigiona luce, che abbaglia i suoi contemporanei e risplende tanto intensamente quanto brevemente. Nato a Roma nel 1886, Sergio Corazzini frequenta il ginnasio nel Collegio Nazionale di Spoleto che, a causa delle ristrettezze economiche della famiglia, dovute al fallimento della tabaccheria gestita dai genitori, deve presto abbandonare per far rientro nella Capitale.
Nato benestante, per contribuire al sostentamento della famiglia trova impiego in una compagnia di assicurazioni (La Prussiana), in un ufficio al pian terreno, con delle inferriate che danno su un cortile interno. Un ambiente angusto che il poeta descriverà in Soliloquio di un pazzo.
La sua formazione culturale e poetica è influenzata prevalentemente dai simbolisti e dai decadenti europei, fra questi Paul Verlain (1844-1896), Francis Jammes (1868-1938), Georges Rodenbach (1855-1898), Jules Laforgue (1860-1887) oltre che dai grandi poeti italiani: Pascoli, D'Annunzio e Corrado Govoni. Insieme a Guido Gozzano, Aldo Palazzeschi e a Marino Moretti – incontrati al Caffè Sartoris, punto di riferimento della poesia romana del tempo: «Ancora i testimoni di allora descrivono Sergio in pose forzate da poete maudit, da dandy dall'aria viziosa, ricercato nel vestire e accanito bevitore di Pernod» (Idolina Landolfi) – è iniziatore di una nuova poetica, battezzata da Giuseppe Antonio Borgese "crepuscolarismo", in ossequio ai temi che questi giovani poeti, innestandosi in una tradizione dominata da Pascoli e D'Annunzio, circoscrivono a situazioni e ambienti “oscuri”: chiese, ospedali, luoghi solitari, personaggi malati, destinati precocemente alla morte.
«I toni dolci e melanconici dei suoi versi, la ricerca delle piccole cose che possono confortarlo in un'esistenza difficile e il sottile distacco ironico fanno di Corazzini il precursore del crepuscolarimo. Rappresenta quindi il passaggio dalla poesia sublime di D'Annunzio e dall'elegiaco di Pascoli alla semplicità del quotidiano , dalla poesia di fine Ottocento, decadente e solitaria, alla nuova poetica novecentesca di Eugenio Montale, Umberto Saba e Giuseppe Ungaretti.» (Emilio Cecchi).
I suoi argomenti vanno a interessare «il senso di estenuazione spirituale (etisia), il rifiuto del ruolo impegnativo del poeta, il distacco dai problemi politici e sociali del tempo. [...] Pur nella fugacità del tirocinio poetico, Corazzini è per certi aspetti il più rappresentativo dei poeti crepuscolari. In lui confluiscono tutti i temi della nuova poetica: 1) la sconsolata stanchezza del vivere, 2) il rifiuto del ruolo del poeta, 3) l'infantile rifugio nelle piccole cose quotidiane e domestiche, 4) le patetiche note degli organetti. Ma è soprattutto caratteristico di Corazzini il senso di morte incombente e ineluttabile, spesso vissuto con vagheggiamento della propria umana fragilità» (Maurizio Dardano).
Il fisico di Sergio Corazzini è minato da una forma di tubercolosi ereditaria che si manifesta nel 1904, aggravandosi velocemente. Nel 1906 il poeta viene ricoverato, prima a Nocera, dove conosce Sonia, una danese di cui si innamora platonicamente, e quindi nell'ospedale di Nettuno, ma già all'inizio del 1907, senza più speranze, fa rientro nella Capitale, oramai avvitato in un declino fisico inarrestabile, un destino ineluttabile.
Aveva pubblicato in alcune riveste romane e napoletane poesie sparse che costituiscono parziali anticipazioni o rifacimenti delle poesie poi raccolte in volume. Le prime poesie sono in dialetto romanesco. La sua produzione poetica è costituita da cinque raccolte e versi sparsi: nella prima, Dolcezze (1904), Marziano Guglielminetti ravvede echi di Pascoli (Poemetti) e di D'Annunzio, unitamente a «recuperi di certo simbolismo stilnovista».
Nel 1905 partecipa alla rivista quindicinale «Cronache latine», di cui usciranno tre numeri. La raccoltaL'amaro Calice contiene liriche come Invito e Rime del cuore morto,Toblack esprime uno spirito personale non del tutto tragico, ma positivo, concreto e realistico. Nel 1905, al teatro Metastasio di Roma, viene rappresentata anche l'unica opera teatrale conosciuta di Corazzini: Il traguardo.
La terza raccolta Le aureole del luglio 1905 rappresenta uno spartiacque tra la prima produzione poetica e la seconda produzione che inizia con la quarta silloge, Piccolo libro inutile (1906), in cui domina uno spirito tragico, religioso, pessimistico e quasi mistico. La penultima produzione di Corazzini comprende il componimento poetico Elegia (1906), Poemetti in prosa (1906) e la quinta raccolta Libro per la sera della domenica che contiene soprattutto motivi crepuscolari. Mentre l'estremo sforzo creativo è costituita dalla lirica Il sentiero e la bellissima La morte di Tantalo dominata da uno spirito e da un linguaggio favolista e simbolico, che «rappresenta una condanna alla vita bella sua eterna, quotidiana tragicità; una vita bassa, vile, una vita di fatica, una vita piena di desideri, dunque una vita che non ha più dell'umano, indegna di essere vissuta: solo il vuoto, il nulla dell'eterno errare.
E aggiungi che non morremo più
e che andremo per la vita
errando per sempre.
La morte di Tantalo è la lirica che ha affascinato i critici per il suo spiccato simbolismo, spingendoli alle più varie interpretazioni. Essa è il rovesciamento, la negazione della lenta morte di Desolazione del povero poeta sentimentale» (Idolina Landolfi ).
Nei mesi che ne precedono la fine compone le ultime poesie: Il sentiero e La morte di Tantalo, pubblicata postuma. Si spegne prematuramente, il 17 giugno 1907 a Roma.
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NOTE
Questo articolo è basato sugli appunti forniti gentilmente a ItaliaLibri da Biagio Carrubba
BIBLIOGRAFIA
Marziano Guglielminetti, Poeti e scrittori e movimenti culturali del primo Novecento in Enrico Malato, Storia della Letteratura italiana (Salerno Editrice 1999). Emilio Cecchi, I crepuscolari: Gozzano e Corazzini, in Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, Storia della Letteratura Italiana, (Garzanti Grandi Opere 2001). Filippo Donini, Vita e Poesia di Sergio Corazzini (De Silva, Torino 1949). Idolina LandolfiPoesie di Sergio Corazzini (Biblioteca Universale Rizzoli 1999). Romano Luperini in Poeti italiani del XX secolo (Editore Palumbo)
Maurizio Dardano, I testi, le forme, la storia : antologia italiana per il biennio delle scuole medie superiori - (Palermo! - stampa 1998).
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