Libro e non romanzo, trattatello e non storia, come era nello spirito delle tesi del Gruppo 63 a cui Manganelli partecipò, dove il romanzo provocava ripugnanza e fastidio.
Cos'è dunque questa prima opera che segnò lesordio letterario di un uomo di 40 anni? In qualche modo unautobiografia, un viaggio negli inferi per la «natura discenditiva» delluomo, per leredità «sciamanica» della letteratura che ha a che fare con gli spiriti, con lAde «Dallinfima cima sporgiti, abbandónati al tuo precipizio. Sii fedele alla tua discesa, homo. Amico». Da unorigine sicuramente psicologica, il materiale di questopera risale agli anni milanesi dal 1947 al 1949, anni in cui Manganelli, come Alda Merini, conobbe la tragedia della malattia mentale e della follia.
Romano di adozione fin dal 1953, Manganelli divenne recensore e critico collaborando per questo con numerose riviste di quegli anni: oltre a «Il Giorno», cominciarono ad apparire su «LIllustrazione italiana» sue importanti recensioni di opere tra cui Salinger, Beckett e Bellow. Sempre degli anni '60 sono le riviste «Grammatica» pubblicata con Giuliani, Novelli e Perini, nonché la rivista «Quindici», entrambe appartenenti al gruppo della Neoavanguardia. E sarà in questo ambiente di Kulturkritik che si inserirà la partecipazione dei letterati a giornali come «Il Mondo» nella cui rubrica foglietti di viaggio si troveranno contributi come le lettere inglesi di Arbasino e le corrispondenze dallIndia di Manganelli.
Manganelli traduttore. Di Poe in particolare. Su suggerimento e proposta di Calvino.
Manganelli viaggiatore. Spirito inquieto che viaggia verso lIndia, la Cina e la Malesia, affascinato da questi luoghi del possibile, da queste realtà collettive, mosso dalla propria angoscia esistenziale. Dirà infatti su «Il Mondo» a proposito dellIndia che questa esperienza era stata per lui come «una serie di diapositive dellorrido».
Precedentemente a questo viaggio traumatico, che avvenne nel 1975, lopera di Manganelli proseguiva la sua fase alla ricerca dei segni nel «sole nero di ogni scrittura» con Nuovo commento (1969), opera che portò Calvino a scrivergli una lettera, colpito forse dal fatto che, come lui, questo autore facesse della metafora e del linguaggio la narrazione stessa.
Calvino accolse con lo stesso entusiasmo anche lopera successiva, Agli dei ulteriori (1972), comprendente racconti inediti quali Un re, Simulazioni, Alcune ipotesi sulle mie precedenti reincarnazioni, Dal disonore, Un amore impossibile, oltre al Discorso sulla difficoltà di comunicare coi morti, già pubblicato da «Il Menabò» n° 8 del 1965. Se i morti non parlano, se custodiscono il «Silenzio», la «Distanza», la «Desolazione», come, se non parlando con «le astuzie del niente, oseremo introdurci in quel tibet del non essere?».
Manganelli infatti fu sempre angosciato dal nulla, rendendolo talmente pieno, colto, abitato in maniera ludica, da rendere letteratura il mondo intero, dal calcio alla chiesa, al turismo, al traffico, al divorzio, fino addirittura ai traslochi. Articoli apparsi su «Il Giorno» (1972) e su «LEspresso» (1972-'73) vennero così raccolti nellopera Lunario dellorfano sannita (1973), lo sguardo sulla realtà quotidiana di un essere espulso dalla storia che può osservarla e parlarne in modo sarcastico.
Si delinea così quella particolare forma di scrittura che fu di Manganelli da sempre: osservazioni pungenti sulla realtà che divengono linguaggio degno di riflessione e pubblicazione. Operazione che Manganelli completò anche quando anni dopo raccolse gli articoli pubblicati per «La Stampa», «Il Corriere della Sera», «Epoca», «LEspresso», «LEuropeo» e «Il Messaggero», nellopera dal titolo Improvvisi per macchina da scrivere (1989). La quotidianità guardata con interesse metafisico, la polemica e la provocazione originate dalla figura retorica con cui Manganelli guardò sempre alla vita, lironia. Uno sguardo dove anche la morte veniva resa ridicola, grottesca, picaresca.
Nella nostra letteratura italiana un libro raccontò le avventure picaresche del suo protagonista, un libro che a Manganelli non poteva sfuggire per la grande valenza metaforica e simbolica: Pinocchio di Collodi.
Uscito per la prima volta nel 1977, in Pinocchio: un libro parallelo, Manganelli sta al fianco delle parole, parallele appunto, dà loro unaltra luce, fa diventare il testo di Collodi ancora più allegorico e in queste allegorie, che permettono che il testo possa aprirsi, il burattino di legno diventa adulto; al di là dei giochi verbali e degli esercizi linguistici con cui Manganelli rivede questa opera, luniverso di Pinocchio è infatti, nello spirito di angoscia esistenziale dello scrittore, un attraversamento della morte; attraverso riti e liberazioni durante la sua crescita, coperti dalla maschera dellironia, una maschera che svela, una lingua di giochi, errori ed equivoci: «Cera una volta
Un re
No
».
La ripetizione, lallontanamento emotivo dal coinvolgimento. La letteratura salvò veramente Manganelli dalla disperazione. Ma la letteratura salva dallangoscia quando esorcizza e per esorcizzare occorreva allontanare producendo un effetto di straniamento emozionale.
È il caso di Centuria, cento romanzi fiume, apparso per la prima volta nel 1979 e arricchito nelle edizioni successive fino allultima di Adelphi, di altre 31 centurie, di cui 20 apparse sul «Caffè» nel 1980, e di 7 racconti inizialmente scartati dallo scrittore. Piccoli romanzi, microstorie, come fossero ancora una volta i corsivi di un giornale. Centuria fu per Manganelli loccasione per essere conosciuto dal grande pubblico, tanto da valergli il Premio Viareggio.
Pubblico anche non solo italiano. Centuria fu infatti il primo dei libri di Manganelli a essere tradotto allestero e fu Calvino a presentarne con un intervento la versione francese. Calvino che in Se una notte di inverno un viaggiatore, per lidea della molteplicità che stava dietro, si sentiva così vicino a Manganelli da sottolinearne la «scrittura concisa ed essenziale», le «invenzioni narrative sintetiche e concentrate».
Ecco le istruzioni di lettura dello stesso Manganelli a questopera: «Se mi si consente un suggerimento, il modo ottimo per leggere questo libercolo, ma costoso, sarebbe: acquistare diritto duso dun grattacielo che abbia il medesimo numero di piani delle righe del testo da leggere; a ciascun piano collocare un lettore con il libro in mano; a ciascun lettore si dia una riga; ad un segnale, il Lettore Supremo comincerà a precipitare dal sommo delledificio, e man mano che transiterà di fronte alle finestre, il lettore di ciascun piano leggerà la riga destinatagli, a voce forte e chiara. È necessario che il numero dei piani corrisponda a quello delle righe, e non vi siano equivoci tra ammezzato e primo piano, che potrebbero causare un imbarazzante silenzio prima dello schianto. Bene anche leggerlo nelle tenebre esteriori, meglio se allo zero assoluto, in smarrito abitacolo spaziale» .
Tesi questa che troviamo anche nei suoi saggi La letteratura come menzogna (1967) Angosce di stile ( 1981) e Laboriose inezie (1986), ma è in particolare La letteratura come menzogna una testimonianza importante nel dibattito di quegli anni tra letteratura realistica e letteratura fantastica; il fantastico «la letteratura della mano sinistra, dellapostasia, delleresia».
La nuova idea della letteratura per Manganelli, ma anche per Celati, fu espressa in un contributo che lo stesso Manganelli fornì al volume collettivo del Gruppo 63 dal titolo Il romanzo: «corrotto dalla serietà propria e dei critici, ha perso la limpida gioia della menzogna, lilare arroganza che sono, a mio avviso, le virtù fondamentali di coloro che attendono a quel perpetuo scandalo che è il lavoro letterario».
Tesi portata avanti anche ne La palude definitiva, lultimo romanzo dello scrittore scritto nellanno della sua morte e pubblicato postumo. Una tesi per tutte di questa opera: lidea che la conclusione del romanzo è limpossibilità e il rifiuto a concludere. Come i due punti a fine poesia di Sanguineti. La palus putredinis di uno e la palude definitiva dellaltro. Nella palude definitiva il narratore ci accompagna con il suo cavallo in un luogo «in cui è difficile entrare e impossibile uscire». Quel luogo taciturno in cui il 28 Maggio del 1990 Manganelli entrò?
«La letteratura di Manganelli scrive Roberto Saviano in un brano intitolato Le amorose inezie di Manganelli è una struttura forte nelle fondamenta, elegante, inossidabile che mantiene roccaforti di nebbia, torri di cirri».
Un grande visionario. Un caso ancora inesplorato, perché come dice Angelo Guglielmi nel volume Trentanni di intolleranza (mia) del 1994, Manganelli «non abbiamo finito di leggerlo».
Opere principali:
· 1964 Hilarotragedia
· 1972 Agli dei ulteriori
· 1974 Cina e altri orienti
· 1977 Pinocchio: un libro parallelo
· 1979 Centuria, cento romanzi fiume
· 1981 Angosce di stile
· 1982 Discorso dell'ombra e dello stemma
· 1985 Dall'inferno
· 1985 La letteratura come menzogna
· 1986 Salons
· 1986 Laboriose inezie
· 1987 Rumori o voci
· 1987 Tutti gli errori
· 1989 Antologia privata
· 1989 Improvvisi per macchina da scrivere
· 1990 Encomio del tiranno
· 1992 Esperimento con l'India
· 1992 La palude definitica
· 1994 Il rumore sottile della prosa
· 1996 La notte
· 2001 La penombra mentale. Interviste e conversazioni 1965-1990
· 2002, L' infinita trama di Allah. Viaggi nell' Islam 1973-1987