GUIDO MORSELLI L'AUTORE CHE MORI' SUICIDA NEL 1973, E' CONSIDERATO LO SCRITTORE PIU' SOTTOVALUTATO DEL NOVECENTO

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Guido Morselli (1912-1973)


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«La cultura dell'individuo è sempre sul farsi o non è.
L'uomo colto non è chi sa, ma chi apprende...
colto e non puramente erudito è l'uomo che sente il
dovere di alimentare il proprio spirito assiduamente,
quotidianamente, qualsiasi siano le circostanze in cui
si trova a vivere...»
(Guido Morselli)

on è facile circoscrivere la personalità eclettica e multiforme di Guido Morselli in poche parole, ne tantomeno il suo carattere schivo e a tratti addirittura solipsista. Ma l'impressione che rimane leggendo le sue opere, in particolare Diario, è di una persona colta, non erudita, vivace aperta ad ogni possibilità; un critico rigoroso, mai dilettante.

Forse proprio questo suo rigore critico, questo suo non scendere mai a compromessi, ha favorito o alimentato le incomprensioni e i pregiudizi sulle sue opere da parte del mondo culturale ed editoriale della sua epoca.

Si sa poco sulle ragioni per cui la “società letteraria italiana” ha sempre guardato con sospetto e diffidenza alle opere di questo autore, tanto da rifiutarne la pubblicazione. Sta di fatto che, come scrisse Giuseppe Pontiggia, Morselli è diventato una «proiezione esemplare dello scrittore postumo, respinto in vita dall’incomprensione dei giudici...».

Purtroppo queste circostanze, unite ad altri eventi della sua vita, potrebbero aver causato la sua tragica fine.

Guido Morselli nasce a Bologna il 15 Agosto 1912, secondogenito, a un anno di distanza dalla sorella Luisa, da Giovanni Morselli e Olga Vincenzi.

Il padre Giovanni Morselli era nato a Bologna nel 1875 da una famiglia agiata e colta. Laureatosi in chimica, si era trasferito a Milano entrando subito alla Carlo Erba. Successivamente dirigente, si occupò anche della Caffaro, un'industria chimica di cui divenne direttore nel 1911. A Milano la famiglia lo raggiunse solo nel 1914.

La madre Olga Vincenzi era nata a Bologna, figlia di uno dei più noti avvocati della città. A Giovanni Morselli Olga donò quattro figli: Luisa (1911), Guido (1912), Maria (1915), Mario (1922). Nel 1922, ammalatasi di febbre spagnola, si allontana dalla famiglia per curarsi, lasciando i figli ad una governante.

Guido soffre per questa forzata lontananza e anche per le frequenti assenze lavorative del padre. Ha solo dodici anni quando la madre muore, nel 1924, perdita che lo segnerà profondamente. Morselli ricorderà la madre in alcune struggenti pagine del Diario (11 Dicembre 1943).

Se con le sorelle e il fratello Guido conserverà sempre ottimi rapporti, la relazione con il padre sarà sempre ambivalente fino alla sua morte.

Dall’età di otto anni Guido diventa un lettore accanito; incomincia addirittura un romanzo dal titolo La mia vita. Inquieto, poco socievole, non ama la scuola e agli studi preferisce interessi e letture personali; la fretta di bruciare le tappe e la sua precocità renderanno sempre più difficili i rapporti con il padre, che faticherà a tenerlo sotto controllo.

Frequenta il ginnasio a Milano all'Istituto Leone XIII; si trasferisce poi al liceo classico Parini. Non sarà uno studente modello: studierà poco e otterrà scarsi risultati.

Superato l'esame di maturità, per compiacere il padre, che sogna per lui una carriera di avvocato, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’università Statale.

Nel frattempo frequenta la Società del Giardino e comincia a scrivere, senza pubblicarli, i primi brevi saggi a carattere giornalistico.

Si laurea in legge nel Luglio del 1935. Parte per il servizio militare subito dopo la laurea come allievo ufficiale della Scuola degli Alpini, di stanza a Bassano del Grappa. Poi chiede il trasferimento in fanteria a Milano, in piazza Sant'Ambrogio.

Come ufficiale in congedo, Guido parte per lunghi soggiorni all'estero (1936-1937) dove scrive reportage giornalistici e racconti che restano inediti.

Al suo ritorno il padre lo fa assumere nell'industria chimica Caffaro come promotore pubblicitario. Guido si dimostra assolutamente refrattario alla vita d'ufficio e ai suoi rigidi ritmi e l'esperienza si conclude dopo poco meno di un anno.

I rapporti con il padre diventano sempre più difficili e nel 1938 muore la sorella Luisa, a soli ventisette anni, in quella villa varesina, di proprietà della famiglia Morselli dal 1916, che Guido aveva tanto amato. Dopo la morte della sorella, Morselli ottiene dal padre una sorta di vitalizio che gli permettere di dedicarsi alle attività che da sempre predilige: la lettura, lo studio e la scrittura. Continua a cimentarsi in brevi saggi e inizia la stesura di un diario, abitudine che lo accompagnerà per tutta la vita.

Nel 1940 viene richiamato come ufficiale in Sardegna dove rimarrà per pochi mesi e dove scriverà un saggio dal titolo Filosofia sotto la tenda – che resterà inedito – sul fondamento della moralità. Intanto, con l'entrata in guerra dell'Italia la famiglia sfolla a Varese. Guido, rientrato dalla Sardegna, legge e studia Proust e sullo scrittore francese scriverà Proust o del sentimento, pubblicato da Garzanti nel 1943. Intanto, inviato dall'amministrazione militare in Calabria, diviso dalla famiglia, sembra non poter dare ne ricevere notizie.

Durante il suo soggiorno legge, studia e annota sul suo diario appunti di stesura del romanzo Uomini e amori, sua prima opera letteraria importante dai forti accenti autobiografici (vedi Diario, Adelphi, quaderno III, IV, V). Inizia anche il saggio Realismo e fantasia, ovvero dialoghi con Sereno che uscirà nel '47, pubblicato dall'editore Bocca, probabilmente a spese dell’autore. Durante il soggiorno in Calabria Morselli sente in modo molto acuto la nostalgia della sua Varese, della sua gente, degli odori e dei colori della campagna lombarda a cui da sempre è intimamente legato. Tornato a Varese trascorre la vita in totale solitudine a leggere e a scrivere.

Qualche volta si reca a Milano (in Incontro col comunista, 1948, ne descrive l'ambiente del tempo di guerra, sia nel suo côté borghese che in quello proletario) per incontrare l'amico Antonio Banfi, oppure per consegnare personalmente dattiloscritti dei suoi lavori ai vari editori.

Nel 1952 fa costruire su un terreno compratogli dal padre a Gavirate una piccola casa da lui stesso disegnata e amata moltissimo: «la casa di Santa Trìnita», totalmente priva di quelle comodità moderne giudicate inutili da Morselli. In questo periodo la sua fidanzata "storica" Carla, respinge la sua proposta di matrimonio e quando sposerà un altro, Morselli ne soffrirà moltissimo.

I suoi rapporti con le donne furono peraltro molto complicati e bizzarri. «Poteva occuparsi simultaneamente di varie donne: le chiamava flirt, vanità e non avevano niente a che fare con la passione che lo dominava... le relazioni importanti erano logicamente di amore-odio...ho conosciuto molte donne della sua vita che non l'hanno dimenticato» (Maria Bruna Bassi).

Nell'isolamento di Gavirate compone la maggior parte della sua produzione consistente in saggi, racconti , romanzi e commedie. Scrive articoli e li pubblica (collabora con periodici locali e con il «Tempo» di Milano). Dal Diario: «Il lavoro è un inganno, un pretesto. Se fossimo felici, il lavoro sarebbe tutt'al più una pausa, imposta dalla nostra fragilità, come fra un bacio e l'altro di due amanti il respiro.» E ancora: «Ieri sera prima di dormire ho riveduto me stesso, quale poche ore avanti camminavo per la strada, tornando a casa. Non avevo mai sentito così profonda pietà degli uomini come rivivendo l'immagine di quest’uomo che attraversa piazza del Mercato».

E qui, ci si deve interrogare sulle ragioni del suo isolamento: è stata una solitudine "scelta", un esercizio della volontà oppure una solitudine subita per difetto di volontà?

Nel 1958 muore il padre. Nonostante i litigi, i rancori e le incomprensioni per Morselli è un dolore enorme. «Siamo sempre ragazzi finche Lui c’è, mi sono sorpreso a chiamarlo, a dire ad alta voce con una specie di disperazione: papà, aiutami tu! Io, con i capelli grigi...» (da una lettera a un amico). Negli anni sessanta matura la stagione letteraria dei grandi romanzi (Un dramma borghese, Il comunista, Roma senza papa, Contropassato-prossimo, Divertimento 1889). E’ l'epoca più felice della sua produzione narrativa.

Fra il '71 e '72 compie diversi e penosi tentativi per pubblicare i suoi romanzi: due dattiloscritti gli verranno restituiti per posta nel ' 73, al rientro della villeggiatura (Maria Bruna Bassi). Termina l'ultimo romanzo Dissipatio h.g.. Ancora nel '73 è costretto a lasciare Santa Trìnita per «un'improvvisa, bestiale, invasione di bande di motocrossisti che risposero minacciosi e brutali alle sue esasperate rimostranze. Lui era solo, non aveva paura di niente ma aveva un'atroce paura degli uomini» (Maria Bruna Bassi).

Nella notte del 30 Luglio 1973 Guido Morselli si toglie la vita con un colpo di pistola. «Non ho rancori» lasciò scritto in una lettera alla questura di Varese.

Ignoto al pubblico sino al momento del gesto estremo e presentato sempre come fuoriclasse, la sua opera, come ci fa notare Sara D'Arienzo, curatrice della pubblicazione dell'opera omnia presso Adelphi nel saggio Guido Morselli, lo scrittore “tra parentesi”, pubblicata postuma e al di fuori di un progetto cronologico, ha avuto un effetto sui tempi differito e probabilmente molto limitato, rispetto alla sua reale potenzialità.

A cura della Redazione Virtuale

Milano, 16 marzo 2003
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Sto leggendo Dissipatio H.G.(Humani Generis),che mi era stato consigliato già al liceo. Lo trovo abbastanza difficile,sia per i ragionamenti intellettualistici che accompagnano l'opera(su cui essa quasi si fonda,insieme alle"impressioni"della realtà sul narratore),dato che non è di certo intesuta di eventi,sia per i tanti rimandi a discipline poco conosciute dagli studenti e credo anche da moltissimi lettori,come la psicanalisi,l'antropologia(cita Malinowsky e Levi-Bruhl)...Tuttavia lo consiglio per l'originalità dello spunto:un uomo un giorno si sveglia e scopre,si accerta che è rimasto l'unico esemplare della specie umana sulla Terra...sto riconsiderando sotto lo stimolo di questa lettura l'apporto unico ed indispensabile dato dagli"altri"nella vita di ciascuno,dall'esplicazione della tendenza umana alla socialità al contributo pratico(=i risultati del lavoro altrui)...sarà scontato,ma è strano pensare che da un momento all'altro se ci trovassimo soli non avremmo nemmeno più latte fresco e dovremmo mungerlo come fa il protagonista! Elena, 21 ,Tv


Maurizio Serzanti, ( mserzanti@tiscali.it ), Roma, 25/11/2003

Sarò banale, ma prima di iniziare un viaggio ,tipo Roma-Milano, e cercando un libro da leggere in viaggio, mi é caduto l'occhio su " L'uomo come fine ". Questo non é un titolo, ma un enunciato, una sorta di decimo comandamento. Vi assicuro che il contenuto di questo libro ha rivelato a me una coscenza, che non pensavo potesse esistere, e spesso mi trovo a rileggere frasi e ad appuntare concetti.


Claudio Cajati, (cajatic@libero.it), Napoli, 01/05/2003

Ho finito oggi di rileggere "L'isola di Arturo". All'ultima pagina ho provato l'amarezza del distacco. Avrei voluto che il romanzo non finisse mai. Arturo lascia Procida e la sua fanciullezza; L'isola di Arturo non lascerà più me, né tutti i suoi lettori.


Filippo Davoli (filippodavoli@email.it), Macerata, 27/01/2003

Ha ragione chi ha scritto che la sua opera non ha potuto incidere sulla storia del suo tempo, ma solo in parte. Trovo sempre scandaloso che accadano accanimenti (non solo del destino, ovviamente) come quello che ha subito Guido Morselli: che é scrittore di vaglia, e vorrei dire scrittore vero (perché mi rifiuto sempre più convintamente e spiegabilmente di differenziare tra moderno, datato, postmoderno e quant'altro: per me, o uno scrittore é tale o non lo é; Morselli lo era, lo é ancora, e pericolosamente). Al confronto con la lettura dei suoi libri, pochi dei nostri attuali campioncini resistono, con le loro prove spesso raffazzonate, tuttavia ben pompate (doppia punizione, sia pure involontaria, per Morselli) e al limite del grottesco, tra kitsch, noir, giallo, pulp, etc. Eppure Morselli rimarrà. Come Pasolini. Come Sciascia. Come Pratolini. Come Tozzi e Tomizza. Come Puddu e Mannuzzu. La sua parola (in parentesi, ma non solo) ha tutta l'apparenza di un dubbio e tutta la poderosità di uno scavo in grado di artigliare la vita e di restarle aggrappata per sempre




http://www.italialibri.net - email: - Ultima revisione Mar, 10 ott 2006

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