MARGARET MAZZANTINI SI E' AGGIUDICATA IL PREMIO STREGA 2002 CON NON TI MUOVERE

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M. Mazzantini
«Ho sempre creduto che il talento nell’arte, quando c’è, sia qualcosa che non ci appartiene fino in fondo, che appartiene al cielo. Ed io, a questa festa meravigliosa in cui mi sento piccola piccola, ringrazio il cielo». (Margaret Mazzantini)
l Premio Strega ha due facce. Tra attori, politici e protagonisti del mondo della cultura in genere, l’evento ha sicuramente del mondano, oltre che del culturale. Lo scenario è sempre lo stesso, più bello che se fosse stato ideato per l’occasione, anche se resta un po’ di nostalgia per “l’intimità” che ha caratterizzato le prime, vecchissime edizioni, le quali si svolgevano proprio nel Ninfeo, suggestivo e meraviglioso luogo dove l’arte sembra trovare il suo agognato approdo.

Quasi agli sgoccioli, quando il risultato è già sulla bocca di tutti, anche se nessuno, ancora, osa pronunciare il nome del vincitore, i voti di gesso bianco continuano ad accumularsi sul fondo nero dell’ormai mitica lavagna dello Strega, e si fanno emozione, soddisfazione dopo anni di duro lavoro, perché la scrittura, per chi ancora fosse convinto del contrario, è fatica, è genio irruente, è parto doloroso.

Domenico Starnone, come tradizione vuole, ha vestito i panni di Presidente della Giuria. Il suo Via Gemito, vincitore dell’edizione passata, ha portato con sé un’incombenza che, con i suoi luccichii strass e lustrini, forse lo ha messo un po’ a disagio.

In un mondo in cui la tecnologia avanza e rende possibile anche l’assurdo, stravolgendo le leggi di Madre Natura, ci si chiede se un premio letterario come lo Strega abbia ancora senso. Anna Maria Rimoaldi, che presiede alla Fondazione Bellonci, dichiara in proposito: «Intorno ad ogni tavolo ci sono gruppi di amici venuti magari da Torino o da Milano…Ecco, è un incontro, perché come era lo spirito degli Amici della Domenica che si riunivano in casa Bellonci, così noi ogni anno ci riuniamo qua, tra amici».

Cesare De Seta, con 12 voti su 371 scrutinati, si aggiudica l’ultimo posto con il suo Terremoti (ed. Aragno). Il libro narra una storia d’amore che si svolge durante il terremoto dell’Irpinia dell’Ottanta. Un giovane geologo ed una bella, intelligente e matura professoressa del Friuli si innamorano, ma il loro sentimento è ostacolato dalla differenza d’età e dalla difficoltà del giovane protagonista che non riesce a cogliere fino in fondo la passione più adulta e consapevole della donna.

«Tutti i libri nascono dalla realtà e dalla fantasia – dice De Seta - ciascuno di noi può raccontare solo ciò di cui in qualche misura ha avuto esperienza. Io ho vissuto l’esperienza drammatica del terremoto e questo, nel mio libro, è sicuramente un dato realistico. Per quanto riguarda i sentimenti mi sono aiutato con quel po’ di fantasia che comunque mi riconosco».

A pari merito, con 15 voti, il libro di Alessandra Lavagnino, Le bibliotecarie di Alessandria (ed. Sellerio) e quello di Sergio Givone, Nel nome di un dio barbaro (ed. Einaudi).

Quella raccontata dalla Lavagnino è la storia di due sorelle, due bibliotecarie nate ad Alessandria D’Egitto. Le sue protagoniste vivono di libri e cultura per tutta la vita, affrontando, però, un destino molto diverso l’uno dall’altra. La Lavagnino - che oltre ad essere una scrittrice è anche un’ insegnate ed una biologa - ha dichiarato: «Io ho sempre scritto a prescindere dai parassiti. I parassiti non mi leggono».

Nel nome di un dio barbaro di Sergio Givone racconta la storia di un giovane signore che non ha né arte, né parte. L’uomo, che vive ai margini in un piccolo borgo sulle rive del Po, decide di prendere congedo dalla vita dopo aver gettato uno sguardo sulle cose del mondo. Il romanzo è il tentativo di scoprire nelle cose del mondo, attraverso lo sguardo di un uomo che sta per farla finita, tutta la tenerezza, la passione e la bellezza delle cose che stiamo per lasciare.

«C’è un detto greco – ricorda Givone – che dice che la conoscenza passa sempre attraverso i dolore. Nel dolore c’è come una perla nascosta che è, appunto, la conoscenza».

Ermanno Rea, giornalista è scrittore napoletano, in testa fino alla fine insieme a Margaret Mazzantini, si è aggiudicato il secondo posto con 132 voti. Il suo romanzo, La dismissione (ed. Rizzoli): «E’ la storia di un operaio – come lo stesso Rea racconta – che, dopo aver vissuto per vent’anni all’ombra di un impianto di cui diventa il “numero uno”, apprende di dover smontare quest’impianto ormai destinato alla Cina, in quanto la fabbrica chiude». Con questo libro l’autore napoletano è rimasto fedele ai temi dell’occupazione e del lavoro cui da tempo si dedica, facendo conciliare ottimamente due generi molto diversi fra loro: il romanzo e il reportage.

E da ultimo, ma tutt’altro che tale considerata la valanga di voti ottenuti (198 in tutto), Non ti muovere ( Ed. Mondadori) della attrice-scrittrice Margaret Mazzantini, che ha conquistato non solo lo Strega, ma anche i cuori di molti lettori, amici, del marito-attore Sergio Castellitto: «Il premio è tutto suo – ha quasi urlato Castellitto in preda alla commozione - io l’ho solo accompagnata lungo questi cinque anni. Conosco ogni attimo di quella solitudine».

Margaret Mazzantini, nata a Dublino il 27 ottobre del 1961, si è diplomata all’Accademia nazionale d’arte drammatica nel 1982. Con il suo primo romanzo, Il catino di zinco, ha vinto il Premio Campiello nel 1994. Mentre in quello evocava la figura di sua nonna Antenora, vissuta in una società dominata dai “maschi”, in quest’ultimo romanzo, racconta di un chirurgo:

«E’ un uomo che fa un mestiere collegato alla vita, ma che ha una gran paura della vita», dice lei stessa. Mentre la figlia lotta contro la morte in seguito ad un incidente in motorino, nella sala d’attesa dell’ospedale in cui lavora, il protagonista confessa, per la prima volta nella vita, la verità della sua esistenza. E scopre che l’unico frangente d’autenticità lungo tutti gli anni vissuti è stato l’amore per una donna umile, non bella, fragilissima, ma di grande dignità.

Sulla ghiaia di Villa Giulia, tra gli abbracci della Roma salottiera, i flash e la tensione che, proclamato il vincitore, pian piano scema, la Mazzantini ha dichiarato: «Ho una natura molto schiva, il mio mondo è la scrittura. Si scrive soprattutto per gli altri, per se stessi basta pensare».

Leonardo Mondadori, che ha letto il manoscritto dell’autrice durante una vacanza in Messico, ha confessato di esserne rimasto affascinato fin da subito: «E’ un libro straordinario, di quelli che capitano raramente».

Lo Strega, ritenuto ormai all’unanimità il premio letterario più importante, è davvero una gran conquista, la giusta ricompensa alle proprie “sudatissime carte”. Ma l’arte, dopo tutto, non è schiava di nessuno, neppure di chi gli ha dato vita. «Vorrei ricordare – ha detto Starnone – che qui non sono mai stati premiati Calvino, Manganelli, Pasolini».

A cura della Redazione Virtuale

Milano, 8 luglio 2002
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