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JORGE LUIS BORGES, LO SCRITTORE ARGENTINO AUTORE DEI NOVE SAGGI DANTESCHI |
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Da allora, soprattutto per la parte centrale della sua vita, per Borges Dante restò un libro aperto: «Ho letto molte volte la Commedia [ ] non conosco altro italiano che quello che mi ha insegnato Dante e quello che mi ha insegnato Ariosto». Forse il verbo giusto è cercare: subito, nella selva, Dante dichiara a Virgilio lamore che gli ha fatto cercar per tutta la vita lEneide: cercare un libro dà lidea dellesplorazione, del movimento, del tentativo ogni volta diverso. I saggi di Borges hanno questa natura consapevole di azzardo di uno dei tanti percorsi possibili: sulloscuro caso di Ugolino, sulla metafora delloriental zaffiro, sullaquila paradisiaca, su Francesca, su Ulisse, su Beatrice. Sempre cè la restituzione di un piacere: «il fatto è che nessun libro mi ha dato emozioni estetiche altrettanto intense. E io sono un lettore edonistico; io, nei libri, cerco emozioni». «Io consiglierei al lettore di dimenticare le discordie tra guelfi e ghibellini, di dimenticare la filosofia scolastica, di dimenticare anche le allusioni mitologiche e i versi di Virgilio [ ]. È bene, per lo meno allinizio, attenersi al racconto. Penso che non si possa non farlo». Già per Dante, che ha tutto da insegnare sul mistero del leggere e dello scrivere, non poteva che essere così. Dante sapeva bene che se la fabula non tiene, se la suspense cede e il pathos latita, tutto il gioco eventuale di sovrassensi morali e mistici crolla su se stesso, come il trucco di un mago incerto. Linnocenza proposta da Borges è insomma unimpertinenza calcolata, uningenuità sapiente: di chi sa che si può leggere Dante senza saperne niente perché ogni libro, tanto più se è grande, cerca il suo anacronismo. Messaggio nella bottiglia, il libro ama il lettore postumo. Lanciato da una delle tante navi di folli che chiamiamo storia, ne anticipa il naufragio, sperando che lessenziale sia già tenuto in sé, nella sua scrittura.
Borges è elegante fino alla signorilità, il che non è detto sia un merito senza ombre: leleganza può essere un modo per glissare oltre abissi e misteri. Così si perdono gli estremi: nella Commedia letta da Borges mancano lo schifo e lestasi, il merdume diaccio di Taide e le voragini di luce in cui via via Dante sacceca e sillumina, il furore di san Pietro e la bestemmia di Capaneo. Forse solo così si può definire quello di Dante un «tranquillo labirinto» tranquillo? Caso unico, Adelphi pubblica nella sua collana piccola due testi di fila su Dante: dopo il miserello Esoterismo di Dante di Guénon, il cercare pieno di incanto, di piacere e di intelligenza di Borges che sa voler bene alla parola.
J.L. Borges, Nove saggi danteschi (Adelphi, 2001) Milano, 28 giugno 2004 |
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