ITALIALIBRI - RIVISTA MENSILE ONLINE DI LIBRI ITALIANI, BIOGRAFIE DI AUTORI E RECENSIONI DI OPERE LETTERARIE

DOSSIER
Carlo Cassola

L'umanità normale di Carlo Cassola

Il realismo sub-limimare, ovvero, il film dell'impossibile

(Roberto Izzo)

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Carlo Cassola, che ha creato alcuni personaggi femminili straordinari, riesce a infondere in ogni gesto quotidiano, anche il più banale, il senso profondo della vita. Tutta la sua l’opera ne illustra l’inesauribile bellezza e il fluire lungo la strada della poesia. Nelle storie di gente della borghesia contadina tipiche della Toscana, l'autore descrive la loro verità, la loro umanità poetica, che non esplode nella grandi emozioni, matura nella semplicità del vivere quotidiano. La verità che ne scaturisce è che nella vita tutto è memorabile e tutto è indifferente. Ed è l’indifferenza, vera o simulata, l'unica via di scampo, medicina infallibile per curare le ferite che la vita ci procura.

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ato a Roma il 17 marzo 1917, in una famiglia di origine toscana e di estrazione borghese, Carlo Cassola spesso ripercorrerà i luoghi delle sue radici. Nei primi anni '30 frequenta il liceo e poi l’università dove nel 1939 prenderà la laurea in Giurisprudenza, con un tesi sul Diritto Civile.

Amico in particolare di Ruggiero Zangrandi autore di un libro sul fascismo, Cassola, un po’ come tutti, si affida al fascismo come sistema rivoluzionario capace di portare nella società riforme positive, fiducia che a poco a poco verrà meno. Collabora con alcune riviste di fronda – come «Anno XII», dirette da Vittorio Mussolini, qui appaiono i suoi primi componimenti – che celebravano il fascismo ma che progressivamente diventeranno sempre più apertamente, appunto, di fronda. In contrapposizione con il “Futurismo”, partecipa al movimento del “Novismo”, che riunisce tutte le persone che rivendicano una certa libertà intellettuale. Con gli amici si avvicina con interesse alle classi meno abbienti, ispirato anche dalla lettura dei romanzieri russi e si oppone all'entrata in guerra dell'Italia nel 1940.

In questi primi anni l’esigenza di libertà incontra una certa voglia di influire sui problemi della vita. Piano piano si allontana dalle precedenti frequentazioni, assumendo, insieme a Manlio Cancogni, una posizione sempre più antifascista. Accanto all'amico matura anche la sua vocazione di scrittore.

La famiglia in cui è cresciuto Cassola è laica e quindi lo scrittore non ha ricevuto un’educazione religiosa; inoltre sarà sempre critico nei confronti della scuola, che, afferma, non a torto, persegue un insegnamento negativo, in particolar modo l'insegnamento dei classici.

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Cancogni gli cuce addosso il personaggio di Mirò nel romanzo Azorin e Mirò (1948) e in questo periodo comincia a delinearsi quella che sarà la poetica di Carlo Cassola, che percorre la linea del realismo sub-liminare, che consiste nella narrazione di una storia non come è stata vissuta, ma come la si ricorda, quindi spoglia di ogni elemento etico, ideologico e psicologico.

Alla fine degli anni ’30 pubblica i primi racconti, (il primo è Paura e Tristezza). In toscana, dove si è trasferito nel 1942, partecipa alla guerra di resistenza nella Brigata Garibaldi. Qui, fino ai primi anni ’60 si dedicherà all’insegnamento della Storia e della Filosofia, lasciando l’attività per dedicarsi completamente alla letteratura. Nel 1971 incominciano i problemi di salute. Si trasferisce a Castagneto Carducci e poi a Montecarlo di Lucca dove morirà, il 30 gennaio del 1987.

A) NARRATIVA ESISTENZIALE

La visita (1942) – Ed. Letteratura Firenze – 19 racconti scritti tra il 1937 e il 1940 di cui dodici riportati in seguito nel volume Il taglio del bosco; 1955, Ed. Nistri Lischi Pisa – 25 racconti; 1962 - Ed. Einaudi Torino – tutti i racconti brevi.

In questi racconti (ben cinque saranno ripresi da Cassola che ne svilupperà la trama), sono già presenti tutte le caratteristiche della poetica sub-liminare dello scrittore; storie di personaggi semplici e umili, linguaggio scarno ed essenziale. Qui Cassola sviluppa la teoria del “film dell’impossibile”: la narrativa non deve raccontare una vicenda come la viviamo, perché in questo caso è la coscienza pratica a guidarci, ma come la ri-viviamo o come la immaginiamo.

Alla periferia (1942) – Ed. Letteratura Firenze; racconti scritti tra il 1940 e 1941.

Di questi racconti uno Plotino viene ripubblicato nel volume citato sopra, pubblicato da Nistri Lischi. Questi racconti, poi ritoccati e ridistribuiti in sette titoli, sono entrati nel volume pubblicato da Einaudi (1962). In questi racconti è descritta la poetica di Cassola: «Amo la periferia più della città, amo di più le cose che stanno ai margini». Ci sono i racconti che parlano di lui e di Manlio Cancogni in giro per i quartieri periferici di Roma. Il volume fa da contrappunto al bel libro che Cancogni scrisse negli anni ’50 dal titolo Azorin e Mirò, rispettivamente Cancogni e Cassola. Poi Cassola racconta la sua filosofia di vita; ci sono tre cose fondamentali che sono l’esistenza, la coesistenza dei sessi e il fatto di essere scrittore. Per Cassola uno scrittore non deve scrivere che dell’esistenza senza aggiungere alcun elemento psicologico o storico.

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La moglie del mercante – 21 racconti scritti tra il 1942 e il 1945, salvo gli ultimi sei che sono posteriori di alcuni anni.

Dodici di questi erano già inclusi nel volume di cui sopra pubblicato da Nistri Lischi (1955). L’intera raccolta è poi entrata nel volume di Einaudi (1962). In questi racconti si riscontra una maggiore ironia, la descrizione di alcuni caratteri, sempre persone umili, povere (il Congressista, i Poveri etc.). Nel celebre Scoperta di Joice, Cassola narra di come, leggendo Gente di Dublino, scoprì qualcuno che prima di lui aveva provato le stesse emozioni ed era stato capace di esprimerle.

Le amiche scritto nel 1947, pubblicato in «Botteghe Oscure» 1949, n. 3 e poi entrato nel volume Il taglio del bosco pubblicato da Nistri Lischi nel 1955 e poi nello stesso volume pubblicato da Einaudi nel 1959.

Si narra dell’amicizia di tre ragazze, delle piccole attività quotidiane che danno la felicità, come l’attesa, per Anna, dell’arrivo della cugina Anita. Si passa poi dalla condizione di ragazze a quello di donne sposate, con rimpianto, non perché non si sia felici, ma perché la felicità è la conquista della coscienza dell’esistere; da quel momento in poi la vita sarà più circoscritta e limitata. Rosa Gagliardi scritto nel 1946 ma pubblicato solo in «Botteghe Oscure» del 1957 e poi nel volume Il soldato del 1958.

Tipico racconto in cui non vi è un inizio o una fine; la vicenda si svolge serenamente nelle piccole gioie quotidiane, e quindi la noia non compare mai in quanto ogni giorno c’è molto da fare.

Il taglio del bosco scritto nel 1948-1949 e pubblicato nel 1954 edizione Fabbri, nel 1955 Nistri-Lischi e infine nel 1959 in edizione Einaudi. E’ considerato il primo capolavoro di Cassola. La storia narra di Guglielmo, che si trova con altre quattro persone per il taglio di un bosco sull’Appennino toscano; ne emerge un duro lavoro, pressocché sconosciuto ai giorni nostri, con l’alternarsi delle stagioni, in un capanno, per mesi e mesi. Ogni personaggio è ben caratterizzato: da Francesco, il racconta-novelle, a Germano, il giovane un po’ sbruffone, a Fiore, il caposquadra, taciturno e solo interessato al lavoro del taglio, e infine ad Amedeo, che Guglielmo invidia perché a casa lo aspetta una famiglia completa.

Ma la storia più dura e autentica è quella che si svolge parallela, tutta interiore, di Guglielmo, che è rimasto vedovo da poco, e cerca disperatamente di distrarsi. Nel lavoro trova alcuni momenti di conforto, per sprofondare del tutto al termine del taglio, quando deve fare ritorno a casa. Ci si accorge così che Guglielmo, per tutto il tempo del lavoro, non si è mai veramente sottratto alla tristezza che impregna tutti i suoi discorsi, i suoi sguardi. E qui, come disse Bassani, ritorna la predisposizione di Cassola a raccontare le cose e i personaggi che stanno ai margini ma non per questo sono meno importanti. In queste storie di gente della borghesia contadina tipiche della Toscana, Cassola descrive la loro verità, la loro umanità poetica, che non esplode nelle grandi emozioni, matura nella semplicità del vivere quotidiano. In un mondo confuso, inutile, incomprensibile, ciò che è dato intendere lo è solo per improvvisa rivelazione, per dono della grazia poetica. Cassola ha orrore della retorica. In tutte le sue opere esistenziali, ogni sentimento è ineffabile. Gli unici discorsi che valga la pena di riferire sono i più comuni, quelli di tutti i giorni.

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Secondo Spagnoletti, Il taglio del bosco rimane “uno dei pezzi più sapienti della narrativa degli anni cinquanta”. Questo racconto è scritto in uno stile limpidissimo, che indugia sui caratteri umani e su paesaggi ugualmente antichi e immodificabili. Gli aspetti naturali della Maremma toscana, sfondo di quasi tutte le narrazioni dell’autore, sono colti nelle loro lente modificazioni, che dialogano silenziosamente con gli umori semplici e intensi dei loro protagonisti.

I temi descritti nei racconti Rosa Gagliardi e le “Amiche” saranno poi dilatati nel primo romanzo, Un cuore arido della terza fase di Cassola, quella appunto esistenziale.

B) NARRATIVA DELL’IMPEGNO

Fausto e Anna, pubblicato nel 1952, narra una storia d’amore negli anni del fascismo, che progressivamente si va deteriorando, perché Fausto comincia ad avere una crisi d’identità, degli atteggiamenti esibizionisti, di inferiorità. Scoppia il conflitto mondiale, Anna si sposerà con un bravo ragazzo, mentre Fausto assisterà, da partigiano, agli orrori della guerra. Dopo la guerra si rivedranno, saranno di nuovo innamorati, ma Nora, per la felicità della cugina, chiederà a Fausto di lasciar perdere.

Un grande romanzo, che per la prima volta narra veramente cosa fu la Resistenza, spazzando via il velo ideologico, apologetico e retorico con il quale fino ad allora si era autorappresentata. Per questo motivo il romanzo diede luogo a molte polemiche nell'ambito della sinistra, che accusò Cassola di diffamare la Resistenza, cui lo stesso Togliatti pose fine con un famoso intervento. Lo scopo di Cassola non era certo questo. Socialista ma non comunista, condannava già allora la violenza fine a sé stessa.

La ragazza di Bube pubblicato nel 1960, vinse il premio Strega. E’ il libro più famoso di Cassola. In questo romanzo si parla di nuovo della Resistenza, vista non più con gli occhi di un suo protagonista, ma con gli occhi di Mara, altro grande personaggio di Cassola. Mara si innamora di Bube, partigiano, amico del fratello ucciso dai fascisti. La prima parte, a detta di molti critici la migliore del libro (con la famosa scena del capanno), si conclude con la fuga di Bube in Francia, in seguito all’omicidio. Nella seconda parte, Mara, pur conoscendo un altro ragazzo, Stefano, deciderà di rimanere per sempre la ragazza di Bube, anche se lui sarà condannato a quattordici anni di carcere. Anche in questo libro, Cassola parla del clima del primo dopoguerra, nel quale le aspettative dei comunisti che avevano guidato la Resistenza vengono deluse. Fino alle elezioni del 1946 rimane la monarchia. La pace imposta dagli angloamericani e le elezioni del 1948 rappresenteranno una sconfitta per le forze di sinistra, che vedono vanificate la speranza di vedere dei cambiamenti nella società. Cassola, sempre contrario alla violenza, cerca, attraverso gli occhi di Mara, non di giustificare l’atto di Bube, ma almeno di spiegare la sua violenza. E’ forse l’unico vero romanzo di Cassola, almeno dal punto di vista dell’intreccio, e proprio dopo il grande successo di questo libro, Cassola deciderà di ritornare alla narrativa esistenziale, lasciandosi alle spale il romanzo impegnato. A ben vedere, La ragazza di Bube rappresenta già il primo passo verso il ritorno. Non è tanto un romanzo sulla Resistenza, quanto un romanzo che impone la definitiva presa di coscienza di uno stato di delusione, di sfiducia verso la storia (in questo caso del periodo della Resistenza). Poi nuovamente il personaggio più importante non è certo Bube ma Mara, che trova solo in sé stessa la forza e la capacità per la scelta più generosa e difficile. Un bel libro, che non tutti capirono. Alcuni critici scrissero che assomigliava a un prodotto consumistico, confezionato apposta per soddisfare il bisogno di facili emozioni nella società degli anni ’60.

I vecchi compagni, scritto nel 1952 e pubblicato da Einaudi nel 1953 è uno dei primi racconti di Cassola legati all’esperienza della guerra di liberazione partigiana. Parla di un gruppo di compagni che si ritrovano dopo la fine della guerra cercando di riorganizzare il partito. Purtroppo i vecchi si scontrano con i più giovani, i quali non capiscono a volte le tattiche utilizzate per evitare problemi con i cattolici e i vecchi fascisti. E’ l’amara presa di coscienza di una generazione che si accorge che era tutto più facile durante il periodo della clandestinità, quando c’erano delle forti speranze di cambiare la società, degli ideali forti. Uno dei protagonisti è Baba, lo stesso dell’omonimo racconto. Come disse Vittorini, anche in questo racconto neorealistico, Cassola si occupa dei movimenti della coscienza e dei comportamenti che nascono da questi.

La casa di via Valadier, Edito da Einaudi nel 1956 è il miglior racconto di questa fase dell'opera di Cassola. E’ composto da due brevi racconti: Esiliati e La casa di Via Valadier. Nel primo si parla di un gruppo di antifascisti che clandestinamente tramano contro il regime. Si respira il clima della dittatura e si comprende come a volte, gli informatori della polizia fascista, la famigerata OVRA, operassero anche per essere lasciati tranquilli di vivere e non per un vero e proprio interesse politico.

Molto più interessante il racconto che dà il titolo al libro. La storia narrata è quella della vedova di un deputato socialista durante il periodo littorio, nel quartiere borghese Prati di Roma; la donna è indignata per il fatalismo a cui tutti tendono. Lasciata Roma, al suo ritorno scopre che l'alloggio è stato perquisito dalla polizia. Intanto il fratello progressivamente aderisce al partito fascista. Quando la donna muore, il nipote di lei, Leonardo, è a Milano dove persegue una carriera come giornalista. Durante un viaggio a Roma, per partecipare alla scopertura di una lapide in memoria del nonno, avverte che, nonostante la guerra e il fascismo siano finiti, la gente resta indifferente, dimentica degli orrori del regime. Cercherà poi di capire perché il padre aveva aderito al fascismo ma non troverà risposta.

Anche in quest'opera Cassola ricostruisce un’atmosfera dimessa, in cui le persone (gli antifascisti), nonostante si trovino a vivere un periodo di riprtesa, un periodo migliore e più favorevole rispetto al fascismo, questa stessa ripresa rappresenti un miraggio. Vengano alla luce gli attriti tra vecchio e nuovo, le difficoltà, le delusioni subito insorgenti. A Leonardo la storia della famiglia appare come consegnata al tempo, e il suo giudizio non è severo, non può esaltarsi né respingere la storia ma farla propria per imparare a vivere.

Il soldato, scritto tra il 1953 e il 1957, pubblicato nel 1958, ricorderà ai maschi i tempi del servizio militare, le libere uscite, lo struscio nel paese con i commilitoni, i giochi nei bar e, a quei tempi, le avventure nelle case di tolleranza. Narra la storia d’amore tra Mario Ghersi e Rita, uno dei più riusciti personaggi femminili di Cassola. Mario si innamora, ne è ricambiato ma la ragazza, vuoi per malizia vuoi per onestà, a tempi alterni cercherà di concedersi e negarsi al tempo stesso, per non far credere al militare di essere la ragazza di tutti, come in realtà è. Alla fine il protagonista, realmente innamorato, sarà costretto a partire in congedo anticipato e finalmente riaprirà gli occhi.

Montale considerava questo libro il più bello di Cassola, soprattutto per il ritratto di Rita. Il libro ha vinto il premio Salento e ha dato la notorietà a Cassola. Cronologicamente fa parte del periodo dell’impegno ma per la tematica appartiene al periodo esistenziale.

C) NARRATIVA ESISTENZIALE

Un cuore arido, 1961. In questo libro Cassola riprende la tematica esistenziale, ampliando i racconti brevi Rosa Gagliardi e Le amiche. Narra la storia di Anna Cavorzio, che vive a Marina di Cecina insieme alla sorella e alla zia. La vicenda si svolge negli anni ’30, e Anna appare da subito come una donna forse dal cuore un po’ arido, ma in realtà è una donna onesta, sincera, che non ha paura di dire quello che pensa. All’inizio del libro la sorella Bice si innamora di un soldato, Mario, carino e gentile, ma anche Anna si innamorerà di lui e non avrà paura di stare con lui mentre nella stanza vicina Bice è ammalata. Alla fine della prima parte, forse anche perché sa che Mario andrà in America a trovare il padre, decide con lui di avere la sua prima esperienza di amore. Poi Anna incontra Marcello, un giovane piacente e benestante e, seppur non innamorata, diventerà la sua amante per qualche mese. In quegli anni, così lontani dai nostri, per una donna bastava farsi vedere con un ragazzo per perdere la reputazione, ed Anna da quel momento purtroppo sarà considerata una ragazza leggera. Nonostante questo, Anna decide di lasciare Marcello, mentre intanto la sorella si fidanza e si sposerà con Enrico, che in gioventù aveva fatto la corte proprio ad Anna.

Molto belle le atmosfere create da Cassola, in una Toscana in cui iniziava la villeggiatura (anche se non ancora di massa), dove le ragazze d’estate andavano allo chalet a ballare. In questo libro Cassola è veramente riuscito a infondere in ogni riga il senso profondo della vita, e come ha detto Citati forse Anna è proprio Cassola. Alla fine del romanzo, Anna riceverà da Mario la proposta di matrimonio, ma ormai la vita ha preso il sopravvento su tutto, anche sull’amore. Anna non ha il cuore arido, ma anzi cerca solo di vivere fino in fondo assaporando quel poco di felicità che ognuno di noi riesce a trovare. Rimarrà fedele alla vita, cioè a sé stessa.

    «Anna chiuse gli occhi, tornò a riaprirli: Si, è tutto come prima pensò, e io sono la stessa di prima…. Era definitivamente guarita; era di nuovo libera e in attesa fiduciosa di ciò che le riserba il futuro».

Come disse lo stesso Cassola, Anna è arida verso i grandi fatti della vita (come ad es. il matrimonio), perché ama di più la vita. La vita per Cassola coincide con la felicità, felicità da cercarsi però non nelle grandi emozioni, nei grandi fatti, ma nella vita quotidiana, nelle piccole cose che ci possono rendere felici.

Una relazione, scritto nel 1962-63 ma pubblicato da Einaudi nel 1969, narra la storia di Mario Mansani, un impiegato sposato che incontra nuovamente Giovanna, una ragazza con la quale aveva avuto una relazione qualche anno prima. La loro attrazione rinasce, ma non sarà più quella di prima, in quanto l’amore vero non può tornare. La verità che scaturisce dal racconto è che nella vita tutto è memorabile e tutto è indifferente; memorabile per chi lo vive e fino a quando lo interessa; indifferente per chi ci passa accanto, anche per noi stessi, appena altre cose più memorabili e importanti hanno cancellato le precedenti. Qua sta la concezione del vivere non solo in questo romanzo ma anche forse in tutta l’opera di Cassola, che l’indifferenza vera o recitata è la medicina migliore per cercare di curare meglio le ferite che la vita ci procura.

Vincitore del premio Napoli nel 1970, da questo romanzo è stato tratto nel 2005 il film di Mazzacurati L’amore ritrovato, con Stefano Accorsi.

Montemario scritto nel 1973, segna il passaggio dalla casa editrice Einaudi alla Rizzoli. E’ un libro particolare in quanto Cassola abbandona per la prima volta la Toscana; infatti la vicenda si svolge a Roma e parla del rapporto tra il capitano dei carabinieri Varallo ed Elena Raicevic. Elena decide di andare a vivere dal capitano e inizia un rapporto particolare, dove all’amore fisico del capitano si contrappone il rifiuto di Elena per qualsiasi forma di contatto fisico; infine Elena lascia la casa improvvisamente e quando si rivedranno ormai sarà troppo tardi perché il capitano non sarà più innamorato di lei.

Romanzo particolare, perché qui Cassola si affida totalmente al dialogo, che nelle altre opere non aveva questa rilevanza; inoltre, a dispetto del titolo, il paesaggio romano è praticamente assente. E’ un’opera attuale, che narra della difficoltà d’amare, dell’incomunicabilità tra esseri umani. Ancora una volta poi il carattere più forte e determinato è quello di una donna, donna molto diversa da quelle che avevamo conosciuto precedentemente, che accettavano passivamente l’amore e il loro destino; questo non succede ad Elena, forse anche per le sua elevata condizione sociale. Come disse Carlo Bo, in questo romanzo è già presente il tema dell’antagonista che sarà poi ripreso da Cassola. E’ uno dei romanzi più drammatici di Cassola, in quanto l’amore più vero e forte è quello di Elena, che aspira ad un mondo diverso fatto di desideri che non pertengono al quotidiano e all’amore solo fisico che intende il capitano.

Un uomo solo, pubblicato nel 1978. Un romanzo incentrato sulla figura di Tito, un anarchico, intorno agli anni 30, nel periodo appena antecedente la guerra di Spagna e di Etiopia. La storia narra di come la figlia di Tito, Grazia, voglia sposare il figlio di un fascista. Tuttavia ci sono delle difficoltà in quanto il padre di lui, Agenore, si oppone perché Tito è un sovversivo. Tito aderisce alla causa dell’Anarchia e rimarrà fedele alle sue idee; proprio per questa sua coerenza i fascisti lo lasceranno stare.

Bel libro, che narra il clima che si respirava sotto il fascismo, dove tutto sembrava addormentato. Molti ex compagni hanno tradito e sono passati dalla parte del fascio, per corruzione o interessi personali. Particolare la figura di Grazia, che è molto decisa a sposarsi, per interesse, lasciando anche intravedere qualche ammiccamento con il papà del suo futuro sposo. Alla fine Grazia convolerà a nozze e il motivo dell’opposizione del suocero si rivelerà essere l’attrazione che questi prova per la ragazza.

Interessanti i dialoghi che Tito intrattiene con gli amici, relativi al periodo del fascismo e a quello precedente, in cui, secondo Tito la facciata era diversa, ma la sostanza era la stessa. Libertà e potere sono due cose che fanno a pugni.

Nel finale, Cassola sembra delineare come si sarebbero svolti i fatti:

    «Di lì a qualche anno, sarebbero state considerazioni del genere a far popolare di partigiani le macchie della zona. Per il momento i partigiani e anche la guerra erano di là da venire».



ROMANZI ANTIMILITARISTI

L’ultima fase di Cassola, dal 1980 al 1987, è definita antimilitarista, in quanto nei suoi romanzi ha cercato più volte di mettere in guardia l’umanità da questo grave rischio. E’ sicuramente la fase meno importante e meno creativa di Cassola, ripetitiva e forse anche troppo prolissa.

LIBRI DI RACCONTI

Mio padre, 1982. Un bel libro di racconti poco conosciuto. Cassola parla di Romano Bilenchi, famoso scrittore toscano che pubblicò sulla rivista «Letteratura» i primi racconti di Cassola negli anni 30', di alcuni compagni partigiani, dei pericoli corsi da partigiano, della dicotomia tra Cecina (il mare) e Volterra (la campagna), con le sue preferenze e parlando anche dei suoi amori giovanili (la prima moglie morirà nel 1949), e anche della fine della sua amicizia più intensa, quella con Manlio Cancogni.

Ma il racconto più vero è quello che parla del padre; qui Cassola narra del contrasto con quest'uomo dell'800, antico, che nella gioventù aveva aderito al fascismo – si veda il racconto La casa di Via Valadier, Cassola vi è impersonato nella figura di Leonardo – pur essendo stato un fervente socialista (sua sorella era la moglie del leader Bissolati). Cassola non lo accusa, ma prende atto della sua decisione, forse fatta per la propria tranquillità, ma rimprovera al padre soprattutto di essere stato un uomo egoista, che pensava solo a sé stesso, che non apprezzava l'esistenza come Cassola l'apprezzava. Del resto, lo scrittore non aveva affermato che quello per cui sarà ricordato un uomo è il bene che egli sarà riuscito a fare per gli altri?

RITRATTI DI DONNE NELLA NARRATIVA DI CASSOLA

Cassola ha creato alcuni caratteri femminili straordinari, assai più di quelli maschili. Questi personaggi, essendo le opere di Cassola quasi sempre ambientate negli anni 30-40, riguardano nella maggior parte dei casi figure di donne non indipendenti, che non lavorano. Basta ricordare:

  • la Giovanna di Una relazione, donna certo di altri tempi, quando bastava farsi vedere con un ragazzo per avere la reputazione rovinata, che nonostante questo rincontrando Mario rivendica il suo diritto di donna e quando lo ritrova alla fine della guerra Mario si rende conto che Giovanna aveva amato un altro e quindi si era completamente dimenticata di lui.

  • Anna Cavorzio di Un cuore arido, donna forte, che crede poco all’amore finché non lo trova veramente anche lei, che vive onestamente senza falsità;

  • Rita del Il soldato, donna facile che per malizia, e soprattutto per onestà, cerca di non coinvolgere troppo Mario nella loro storia.

  • Elena di MonteMario, donna che aspira ad un amore diverso, più sofferto e meno banale,e alla fine pagherà questo suo desiderio con l’indifferenza del protagonista maschile del romanzo.



TEMI DELL'OPERA

A prima vista la sua scrittura può sembrare erroneamente semplice e sempre uguale; Carlo Cassola riesce a infondere in ogni gesto quotidiano, anche il più banale, il senso profondo della vita. Questo ne fa uno scrittore straordinario, ed oggi che la vita è sempre più veloce e frenetica, la lettura delle sue opere può aiutarci a vivere e ad assaporare meglio le piccole gioie che incontriamo.

Il tema della scrittura di Cassola è la vita, e legata a questa, la felicità che deve essere colta in fugaci attimi. Cassola scrive solo di quello che conosce, e infatti tutte le storie sono ambientate nel triangolo tra Cecina e Volterra perché sono quelli i luoghi in cui è vissuto. Le sue storie riguardano sempre persone semplici, di modeste origini, umili, il cui più grande patrimonio è il dono della vita. Il periodo più frequentato è quello degli anni trenta, corrispondente all'adolescenza dello scrittore, il periodo in cui si hanno più ricordi.

I romanzi di Cassola non sono né realisti né ideologici, in quanto la storia è importante ma non in senso totale, solo per quanto coinvolge i destini individuali. Per cui il fascismo rappresenta l’umiliazione in cui vissero i vecchi compagni; la Resistenza è la condizione tra esaltazione o depressione come la vive Fausto.

Tutta l’opera di Cassola illustra l’inesauribile bellezza e il fluire della vita, e l’unico modo per farlo è quello di percorrere la strada della poesia. I romanzi di Cassola dunque sono, da questo punto di vista, quello naturalista, quasi antiromanzi, mentre in una certa accezione si possono dire realisti. Lo stesso scrittore affermò in un’intervista che non rifiutava l’etichetta di realismo.

La scrittura di Cassola, è apparentemente ripetitiva, tuttavia, leggendo bene le sue opere, si potrà notare che la ripetizione dei gesti e delle sensazioni non si verifica mai, così come nella vita i nostri comportamenti si assomigliano ma non sono mai uguali, mutando in continuazione in base alla realtà che si manifesta.

Infine, dalle situazioni di realtà effettivamente ripetute, ognuno di noi ricaverà la sua personale esperienza, i suoi ricordi, le sue sensazioni che sono simili a quelle degli altri ma mai identiche (tecnica dell’epifania) che Cassola ricavò dalla lettura di Gente di Dublino di James Joyce. Tra l’altro Joyce è stato uno dei pochi autori amati da Cassola, insieme a Flaubert, Lawrence, e tra gli italiani Dante, Leopardi, Tozzi, Verga, Bilenchi e Montale.

Per quanto riguarda il linguaggio, sicuramente lo scrittore utilizza sempre il periodare breve, la paratassi e lessico e fraseologia dei più comuni, senza forme dialettali.

Cassola è rimasto negli anni, per il linguaggio, molto fedele a sé stesso; infatti, nonostante la sua produzione riguardi un lungo periodo, sarebbe difficile distinguere un’opera da un’altra. Le espressioni corrispondono sempre al linguaggio medio e quotidiano. Non utilizza il dialetto, ma ovviamente si avvale dei termini toscani meno utilizzati in altre regioni (es. uscio al posto di porta) e questo perché descrive sempre persone delle classi medio-basse che sicuramente nella realtà pensano e parlano in dialetto. In base a una ricerca lessicale, sembra che l’unica frase in vernacolare sia presente ne Il cacciatore. Infine, non si riscontrano termini pornografici o anche solo volgari, e termini stranieri o latini; quindi è assente del tutto qualsiasi contaminazione o pastiche.

Cassola non utilizza termini tecnici, in quanto gli interessa descrivere la vita stessa, negli ambienti deli cacciatori, dei minatori, dei boscaioli e degli alabastrai. Il sistema linguistico di Cassola quindi non si modifica, rappresentando forse il più impressionante esempio di monolinguismo della nostra recente letteratura.

La prosa semplice e chiara è una deliberata scelta ddello scrittore, non certo per carenza di fantasia linguistica, ma perché in questo modo è riuscito a descrivere meglio e a far coincidere il più possibile il racconto della vita con la vita stessa.

LA CRITICA

La bibliografia su Cassola è estesissima. Il giudizio di Macchioni Jodi è negativo. Cassola viene considerato come uno scrittore che chiude un’epoca e non ne apre una nuova, in quanto rimane legato alla letteratura degli anni 30 e 40.

Secondo Salvatore Battaglia, la narrativa cassoliana costituisce una lezione di metodo; il suo è realismo, ma un realismo tra l’umano e l’evento storico, tra la psicologia e la politica, fra il sentimento e la natura, tra l’individuo e la società.

Barberi Squarotti, grande critico, parla del linguaggio di Cassola, senza nessuna specificazione di classe o di luogo, la sua scrittura unidimensionale, senza nessuna implicazione psicologica o espressionistica. Fausto e Anna viene considerato uno dei romanzi fondamentali degli anni 50 e con le più belle pagine scritte sulla Resistenza italiana. Chi scrive condivide questo giudizio. Fausto e Anna è il primo e miglior romanzo di Cassola, superiore al La ragazza di Bube.

Altri giudizi positivi arrivano da Niccolò Gallo, da Giansiro Ferrata (suo primo recensore), da DeRobertis, da Varese, meno positivo Pedullà, per il quale la scrittura uniforme di Cassola sembra poco spontanea. Critiche invece le posizioni avanguardiste del Gruppo 63, tra cui Barilli, Guglielmi e poi anche di Calvino; infatti ci fu una forte polemica sulle pagine del «Giorno» di Milano tra agosto e ottobre del 1970, quando Calvino scrisse che «i romanzi di Cassola sono sbiaditi come l’acqua della rigovernatura dei piatti, in cui nuota l’unto dei sentimenti ricucinati». Devo dire sicuramente esagerato come giudizio. Come è noto, Cassola e Bassani furono additati come le “nuove liale” (definizione di Sanguineti) dal Gruppo 63. A detta di molti scrittori, queste affermazioni hanno poi congelato la scena letteraria italiana per un buon decennio e intanto Cassola, pur se dimenticato come tanti altri scrittori del recente passato, ha lasciato dei grandi romanzi e racconti.


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NOTE



BIBLIOGRAFIA
Giuliano Manacorda, Invito alla lettura di Cassola

Milano, 2007-02-14 12:23:15

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«Così, di silenzio in omissione, la menzogna ha assunto una sua dignità, è diventata ufficialmente un’arma di lotta politica: non solo tollerata, ma addirittura riconosciuta come indice di furbizia, di abilità, di savoir faire. [...] Il segreto, dunque, non è mentire un po’. Il segreto è mentire sempre, spudoratamente, ventiquattr’ore su ventiquattro. Le bugie, in questa italia, sono come i debiti: chi ne fa pochi è rovinato, chi ne fa tanti è salvo.»

(Marco Travaglio, La Scomparsa dei fatti).

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PAROLE NUOVE

Il tempio inglese dell'arte italiana
All'avanguardia nella valorizzazione e nella conservazione dell'Arte
Inaugurata nel 1824 a Londra, è stata la prima pinacoteca ad ingresso gratuito. La ristrutturazione post-bellica consentì di ammodernare l’edificio di Trafalgar Square, che ospita un laboratorio permenente di restauro. Oggi la National Gallery vanta una delle più ricche collezioni di pittura europea. (Elena Marocchi)
Vissuto da pelle femminile
Intervista con Clara Sereni
«Penso che politica e amore restino parole, emozioni, sentimenti legati ancora strettissimamente, non foss’altro perché non mi immagino una forma di amore, o anche soltanto di relazione, di rapporto anche amicale, che prescinda dalla visione del mondo di cui ciascuno è portatore». Per provare a raccontare la storia di una generazione, Clara Sereni doveva raccontarne le sfaccettature, mettendolo in conto di non doversene imbarazzare. (Paolo Di Paolo)
Una realtà da scontare
Le anguste vicende della piccola borghesia nelle pagine di Maria Messina (1887-1944)
Dimenticata dalla storia letteraria del Novecento, tratta dall’oblio grazie all’attenzione di Leonardo Sciascia, Maria Messina apre le porte di un mondo mediocre, chiuso nel proprio egoismo e refrattario ad ogni mutamento, un mondo di piccoli borghesi la cui unica preoccupazione è di salvare la faccia di fronte alla comunità cui appartiene. A questo universo ristretto e spesso meschino non è facile sfuggire, soprattutto per chi, come le donne che lei racconta, non riesce ad esercitare la propria libertà interiore. Le prigioni che descrive, che rinserrano tanto le vittime quanto i persecutori, sono i cerchi chiusi dentro i quali le protagoniste si vedono vivere. Nella rinuncia, nella resa, nell’accettazione di quello che è ritenuto ineluttabile non v’è debolezza o ignavia, ma il segno di una realtà da scontare. (Anna Maria Bonfiglio)

L’energia delle città.
Percorsi e ipotesi di ricerca muovendo dal caso di Napoli
Da tempo, tra i temi evocati dalla storiografia ambientalista vi è il ruolo svolto dal sistema energetico e dalla straordinaria crescita urbana nell’indurre i cambiamenti degli assetti ambientali. La legge 9 gennaio 1991, n. 10, ha imposto ai comuni con oltre 50.000 abitanti di predisporre un piano energetico comunale che prevede una specifica attenzione per l’uso delle fonti rinnovabili di energia. Napoli detiene un primato in termini di densità abitativa che la rende dipendente da un flusso di energia in entrata molto elevato e ne fa un caso emblematico nell'ambito del panorama nazionale. A partire dal caso di questa città, si sollevano dunque alcuni interrogativi e si presentano alcuni primi risultati di una ricerca sulla storia dei consumi di energia nelle città italiane in età contemporanea. (Silvana Bartoletto)
Un uomo alla buona
Gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano
Voi non sapete sono le parole con cui Bernardo Provenzano accoglie gli agenti che lo stanno arrestando. Andrea Camilleri sulla base dei pizzini trovati nel covo di Provenzano ricostruisce la carriera del boss cresciuto come esattore e killer di Luciano Liggio, di cui con Totò Riina è stato un fedele esecutore, fino alla svolta, quando, giunto al vertice di Cosa Nostra, ha maturato la decisione di portare la mafia in immersione (Redazione Virtuale)
Giovanni Sartori
Le sue opere sono tradotte in tutto il mondo
Giovanni Sartori è nato a Firenze. Laureato nel 1946 in Scienze Politiche e Sociali, già autore di una teoria riguardante la classificazione dei sistemi partitici, è riconosciuto come uno dei massimi esperti internazionali di politologia. Ha insegnato nelle università di Firenze, Stanford, Yale e Harvard e ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. (Redazione Virtuale)


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http://www.italialibri.net - email: - Ultima revisione Mer, 15 mag 2008