VIAGGIO NEL MONDO DI THOMAS MANN – LA MONTAGNA INCANTATA – LA MALATTIA COME ANSIA DI CONOSCENZA E RICERCA DI UMANITA' -

ITALIALIBRI - RIVISTA MENSILE ONLINE DI LIBRI ITALIANI, BIOGRAFIE DI AUTORI E RECENSIONI DI OPERE LETTERARIE







Notizie ItaliaLibri

Ricevi gratis i notiziari periodici con le novità librarie e le notizie di italialibri.net.
Gratis!



Google
Web
www.italialibri.net
www.italialibri.org

Viaggio nel mondo di Thomas Mann

La malattia come ansia di conoscenza e ricerca di umanità
Di Annamaria Fabiano
Pagina 3 di 4
(segue dalla pagina 2/4 [««–– indietro])

Thomas Mann ha impiegato dodici anni per comporre questo monumentale lavoro che rappresenta il massimo della speculazione filosofica sulla malattia e soprattutto sulla morte. L'uomo è un animale malato che, in grazia del suo spirito e della sua capacità di essere malato, si oppone alla natura. Ne La montagna incantata il motivo filosofico e quello politico si fondano.

Thomas Mann sul lago di Zurigo (1954)
e all’epoca di Morte a Venezia la malattia ridicolizza e distrugge il protagonista, se essa è il mezzo attraverso il quale colui che istruiva ed educava la gioventù con la sua arte soggiace ad un frenetico sogno di dissolutezza e di passione, nella Montagna Incantata la malattia è per il protagonista ansia di conoscenza e ricerca di umanità.

Thomas Mann ha impiegato dodici anni per comporre questo monumentale lavoro che rappresenta il massimo della speculazione filosofica sulla malattia e soprattutto sulla morte, speculazione che in termini più specifici egli conduce contemporaneamente con l’attività saggistica.

Il nuovo astro, Goethe, troneggia come modello pedagogico, filosofico, letterario ed umano.

La morte si preannuncia satura di novità spirituali fin dalle prime righe, in cui Mann descrive lo stato d’animo del protagonista nei confronti del nonno defunto.

«Con una espressione di severa pace sul volto mutato, col naso appuntito dalla lotta sostenuta, egli giaceva sul suo letto di parata (…). Poiché era già la terza volta in così pochi anni che la morte impressionava lo spirito ed i sensi – specialmente i sensi – del piccolo Giovanni Castorp, tale vista e tale impressione non gli erano più nuove (…). Con la morte andava congiunta una circostanza più significativa, tristemente bella, vale a dire una circostanza spirituale e nello stesso tempo un’altra completamente diversa, addirittura opposta, molto corposa, molto materiale che non si poteva designare né come bella né come significativa (…). Colui che giaceva là disteso o meglio ciò che giaceva là disteso non era il nonno, era un involucro fatto - come Giovanni Castorp sapeva – non di cera ma della sua propria materia. Questa era la circostanza sconveniente e tanto poco triste come ogni cosa che ha attinenza con il corpo e soltanto con esso”. Ma “la circostanza solenne e spirituale aveva la sua espressione nel modo pomposo con cui era composto il cadavere, nella magnificenza dei fiori e dei rami di palma i quali, com’è noto, significano la pace celestiale» (Thomas Mann: La montagna incantata).

Solennità spirituale, e viene da pensare alla descrizione dell’ultimo cammino di Schiller, nel saggio a lui dedicato, mentre «negli alberi e nelle travature della vicina chiesetta rumoreggiava il vento», quasi a supplire al silenzio delle campane che non rintoccano, non salutano chi si dematerializza per diventare spiritualità evanescente, chi sta per accedere alle vette cui il suo genio sofferto ha potuto destinarlo…

E materialità corporea che impressiona solo i sensi, che non ha bellezza né significato se non quello di essere cessazione di qualcosa che ha smesso di essere esistenza per diventare rigidità cadaverica, pronta alla decomposizione.

Alla duplicità della morte corrisponde una duplicità della malattia. Nel 1923, un anno prima che Mann pubblicasse La montagna incantata era uscito il saggio Goethe e Tolstoj, che annuncia, filosoficamente parlando, alcuni temi tipici del grande romanzo.

Nel paragrafo Malattia quest’ultima assume un doppio volto e un doppio rapporto con l’umanità e la dignità. La malattia diventa nemica della dignità dal momento che mette in risalto l’elemento corporeo e, gettando l’uomo nei confini del corpo, lo disumana e lo tende appunto semplice corpo. Dall’altro lato la malattia è però in fondo degna dell’uomo: essa è spirito, spirito è opposizione logica alla natura, perché tende a sciogliersi da lei, a razionalizzare. Lo spirito, dunque la malattia, contraddistingue l’uomo che si sente «sciolto» dalla natura, diversamente da tutti gli altri esseri organici. Sciolto dalla natura e malato coincidono. L’uomo è dunque un «animale malato», colui che, in grazia del suo spirito e quindi della sua capacità di essere “malato” si oppone alla natura.

La posizione di Mann sembra ora profondamente cambiata: Giovanni Castorp, il nuovo protagonista, non è un eroe. Intanto è molto meno precisabile come personaggio e, non a caso, viene definito un giovane einfacher, un uomo qualunque. Castorp è un individuo, un tedesco, e però interessante, perché gli accade una storia, ossia una vicenda spirituale degna di essere narrata…e nello stesso tempo è il tedesco, ossia il popolo tedesco, con certe caratteristiche etniche particolari.

Il cugino Gioachino gli fa da controfigura: si riproduce così la solita antinomia manniana. Gioachino è tedesco in maniera semplice e non pericolosa ( non “spiritualmente” pericolosa) con il suo amore per il dovere militare, con il suo arrossire di fronte alle intimità messe a nudo, con il suo normale desiderio di guarire, di tornare in pianura; Giovanni è un tedesco interessante, destinato a sperimentare le contraddizioni del sapere, è l’essere animale malato, l’umana incarnazione dello spirito di fronte alla natura.

«Da un lato l’esigenza di un equilibrio borghese e dignitoso(…), dall’altro l’eccitazione febbrile della malattia, che significa dissoluzione della volontà e della disciplina, voluttà di esperienze libere e avventurose».

Non in Gioachino vive l’anima tedesca per eccellenza, il fervore mistico di quel romanticismo che assale con i suoi impeti, che divora con la sua sfrenata voluttà musicale l’anima ansiosa di eccitamenti cerebrali, che diffonde il torbido fascino delle tenebre, che ama la notte, il mistero e la morte come degni di estremo rispetto.

Castorp è pericoloso, pericoloso è il suo lasciarsi tentare… ma in questo preciso momento storico che precede la prima guerra mondiale, epoca in cui i valori borghesi sono crollati ma non altri li hanno sostituiti e nel mondo produttivo dilaga il capitalismo è più che mai necessario capire.

Mann si chiede ancora una volta dove collocarsi: le opinioni gli urgono nel petto, i dissidi non sono ancora risolti e la problematica che caratterizzò lui, borghese sviato, si è allargata, ha abbandonato la dimensione autobiografica per diventare interrogativo più vasto.

Ne La montagna incantata si fondano mirabilmente il motivo filosofico e quello politico.

Nel primo caso troviamo come le fondamentali antitesi mangiane si siano risolte nell’unico grande dissidio tra il razionale e l’irrazionale; tra illuminismo salutare e romanticismo patologico. Il motivo politico è vivo nella coscienza di chi si sta avviando ormai sul sentiero della democrazia, attraverso la ricerca, profondamente sentita, di un umanesimo nuovo, che offra ancora la possibilità di non cadere in un totalitarismo nefando, che tarpa le ali a chi crede in un universo totale.

Il motivo filosofico e quello politico confluiscono nel fondamentale motivo pedagogico.

Come Mann stesso scrive in Lubecca come forma di vita spirituale egli si propone, ne La montagna incantata, di rinnovare il vecchio Bildungsroman, prodotto tipico dell’età borghese tedesca, di cui il migliore esempio era stato Guglielmo Meister.

«Ma come romanzo pedagogico, forma nella quale si presentava al pubblico dei lettori, Der Zauberberg esprimeva un’atmosfera rarefatta, un senso di compressione dello spazio e di dissoluzione del tempo, che mancavano al suo prototipo picaresco Wilhelm Meister e tracciava una ricerca della saggezza attraverso il metodo dialettico caro a quattro generazioni di pensatori tedeschi: due autonominatisi precettori lottavano per l’anima di un figlio della più comune borghesia, giunto loro per caso dal mondo dell’attività pratica» ( H. Stuart Hughes, Coscienza e Società).

Georg Lukacs precisa in quale modo Mann sia da considerare educatore. Il suo intento è soprattutto quello di precisare l’atteggiamento di Mann verso la borghesia che, a suo avviso, costituisce la base di tutta la sua attività. Per Lukacs Mann è un realista genuino, capace di offrire con la lealtà la sua Germania borghese, nel momento del suo crollo e con la speranza della sua rinascita.

«Il maturo scrittore Thomas Mann è un educatore sui generis (…). Egli non è un educatore che voglia inculcare ai suoi alunni dal di fuori una dottrina, per quanto profonda e laboriosamente e giustamente acquisita: egli è un educatore nel senso della anamnesi platonica. L’alunno stesso deve scoprire il nuovo nella propria anima e far sì che essi diventi esperienza. Thomas Mann, divenuto educatore del proprio popolo, cerca ormai il borghese in maniera più approfondita. La sua ricerca ha ora un contenuto concreto: cerca lo spirito della democrazia nell’anima del borghese tedesco, ma ricerca le tracce e gli indizi per destarli e levarli ad esempio nella sua creazione artistica, non vorrebbe avvicinargli questo spirito della democrazia come un contenuto estraneo, ma far sì che lo scoprisse da solo come proprio contenuto vitale ritrovato» (Georg Lukacs, Thomas Mann e la tragedia dell’arte moderna)

Secondo Lukacs, infatti, Mann è uno scrittore rappresentativo del suo popolo in una maniera particolare: egli cioè coglie precisamente lo spirito della borghesia tedesca alla quale appartiene saldamente e alla quale tuttavia si oppone, combattendone i germi negativi e ricercando quanto in essa può trasformarsi in senso positivamente socialista.

La storia di cui si parla ne La montagna incantata è molto più vecchia dei suoi anni è una età che «non si può misurare in giorni né in lune, in una parola essa non deve veramente la sua maggiore o minore antichità al tempo (…) e la sua estrema antichità è data dal fatto che essa avviene prima del limitare di un certo abisso che ha interrotto la vita e la coscienza dell’umanità…» ( Thomas Mann, La montagna incantata)

Così si legge nell’introduzione: sono passati pochi anni da quando è avvenuta la Grande Guerra, ma troppe cose sono cambiate nella Germania sconfitta e soprattutto in coloro che attribuiscono una parte di colpa di tale amara sconfitta all’atteggiamento profondamente apolitico dei tedeschi, che può renderli storicamente vittime e carnefici in eguale misura.
E solo attraverso il grande affresco del romanzo pedagogico, è possibile gettare sull’universo rappresentato uno sguardo totale.

(3/4 continua––» 4/4)

Questo saggio si compone, oltre al presente, di altri tre articoli: L'ambiguità di Thomas Mann; Dai Buddenbrook a La morte a Venezia; Il romanzo pedagogico.

Milano, 29 giugno 2002
© Copyright 2000-2001-2002 italialibri.net, Milano - Vietata la riproduzione, anche parziale, senza consenso di italialibri.net


Per consultare i più recenti commenti inviati dai lettori
o inviarne di nuovi sulla figura e sull'opera di
Thomas Mann

|
|
|
|
|
|
|
I quesiti
dei lettori



I nuovi commenti dei lettori vengono ora visualizzati in una nuova pagina!!




AUTORI A-Z
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
W
X
Y
Z

OPERE A-Z
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
W
X
Y
Z

Novità in libreria...








AUTORI A-Z
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
W
X
Y
Z
OPERE A-Z
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
W
X
Y
Z
PAROLE NUOVE




ALTROVE








http://www.italialibri.net - email: - Ultima revisione Gio, 14 dic 2006

Autori | Opere | Narrativa | Poesia | Saggi | Arte | Interviste | Rivista | Dossier | Contributi | Pubblicità | Legale-©-Privacy