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UNO DEI DRAMMI PIU' VIOLENTI NELLA VITA DI PIER PAOLO PASOLINI ATTRAVERSO I FILM PIU SIGNIFICATIVI
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l'idea d'uomo che compare nei grandi mattini» [Pier Paolo Pasolini, Nuova poesia in forma di rosa] «Morte o Vita: una parola!»
Pasolini era un profondo conoscitore del mito nei suoi aspetti antropologici e linguistici (ricordiamo le sue traduzioni da Saffo e delle tragedie greche), e sono dellavviso che sia la produzione letteraria che va da Poesie a Casarsa a La Divina Mimesis quanto quella cinematografica da Accattone a Salò o Le centoventi giornate di Sodoma è irrimediabilmente proiettata in una dimensione mitica che sboccia nella morte, come nel solido impianto di una tragedia classica. Penso che sia utile riprendere il dibattito attorno ad un autore del livello di Pasolini rilevando quanto il cambiamento culturale e ideologico di una società durante quarantanni ha potuto apportare alla visione della sua opera, e ciò che vi è rimasto di autenticamente produttivo per limmaginario e per la critica contemporanea. Vorrei rilevare il valore del Mito, termine che qui considero non nella sua definizione ortodossa; a mio avviso una delle chiavi più importanti attorno alle quali rileggere lopera di Pasolini, dalla prima raccolta di poesie sino allultimo film postumo. Il significato profondo va ricercato entro gli opposti coincidenti del mito e della morte, ovvero della vita stessa e del mito successivo. Non si dimentichi che il mondo giudeo-cristiano dal quale proviene Pasolini è un universo ancestrale circondato dal peccato e dalla morte, e che nellidea di realtà (sacra) perseguita dallautore vi è sempre qualcosa di sconosciuto dietro la soglia: le grida, gli spasimi, lorrore, le tenebre. Il mondo medioevale di Dante non è discosto da certo pensiero pasoliniano tale lo si può rintracciare in alcune sue opere. Linferno nel quale sono immersi i protagonisti di Salò/Sade ormai ridotti a bestie- è un identico inferno a quello conosciuto dai personaggi danteschi. Per Pasolini la "stagione infernale" non è mai terminata, è anche un percorso cinematografico anomalo espressamente scelto come mezzo di espressione intimo e personale a causa delle sue profonde radici letterarie e filosofiche. Un ardore orientato verso un cinema essenzialmente filosofico in una dimensione chiamata dallautore «cinema di poesia», dove il grafismo coincide sovente con unaltissima capacità evocativa e linguistica. Un universo senza alcun dubbio mitico e unico, sospeso entro il sogno e la realtà (ma dovè la frontiera per luomo Pasolini?) e nel quale la felicità diventa anchessa sogno, attuazione utopica di unumanità degradata e ridotta a marionetta di se stessa, condannata dalla sua propria vocazione più animale alla caduta definitiva nel fango di una palude infernale. Sono più le storie che terminano nel sangue, più gli abbracci disperati e feroci che quelli gioiosi e fertili. La tensione tutta mortale dei personaggi de Il Vangelo secondo Matteo o di Una vita violenta nasconde uno dei drammi più violenti delluomo Pasolini: quello dellanima e della carne. La pesante plasticità dei corpi è comparata alla loro vocazione spirituale, una vocazione materializzata (il viso dellangelo annunciante nel Vangelo ne è un meraviglioso esempio, mistura di androginia e sensualità adolescente) in un tempo indefinito, che è per lappunto il tempo, indefinibile, del mito. Del mito della nascita, e della inevitabile, successiva degenerazione e caduta.
Pasolini, Decameron Il mito, lamore viscerale per il popolo, la ricerca costante di una dimensione sacra in contrasto ad una terra desolata, Pasolini lo ritrova nei corpi dei ragazzetti e delle ragazzette del desolato agro romano protagonisti dei suoi primi romanzi, o nella scoperta sensualità dei corpi del Decameròn. Un corpo rappresentato per la sua orgiastica fecondità, il sesso. Allorché lultima bellezza sopravvissuta- quella della nudità della carne- sarà distrutta, annientata da un percorso di spersonalizzazione di massa, la città mitica di Sahnna si trasformerà in Salò-Sodoma; alcova di angeli crudeli e caduti, i corpi saranno carne sanguinante sul tavolo anatomico, il piacere ridotto a meccanica, i gesti divenuti una banalità: la sacralità della vita per una morte donata gratuitamente. Il rapporto con il mito deve essere fecondo, e per ciascuna fecondazione è necessario un sacrificio. Il tema del sacrificio come atto indispensabile alla santificazione e alla sottintesa rinascita è esemplarmente analizzato nei due film dedicati espressamente al mito greco, Edipo re e Medea. Ma il sacrificio, dalle sue prime opere poetiche, è legato alla sua cultura cristiana nella figura del sacrificio salvatore di Cristo. Col passare del tempo sempre più Pasolini identificherà se stesso con la figura del Cristo tormentato, il Cristo patients della tradizione latina. Il tema dominante del sacrificio diventa un dialogo che rivela lapertura ad un passato -quello delluniverso ancestrale, del Mito e delloscurità- nel quale la morte diventa compimento supremo della vita, «salario pagato al peccato» (4). La morte che compie «un montaggio definitivo della nostra vita», concludendo il racconto della nostra esistenza e suggellandola per sempre. Si potrebbe forse apportare una revisione alla terminologia mitica -questi brevi note non bastano a spiegarla, ma ne posso proporre una chiave di lettura- sul concetto di morte, rinascita, come luogo della reinvenzione tale lo si può trovare in The Waste Lande di T.S.Eliot o nel cinema di Bergman: il valore del mito allinterno di strutture letterarie e dunque cinematografiche diviene una visione quasi antropologica, scientista. Per una antropologia mitica pasoliniana dovremmo ritrovare i suoi punti cardine con la pittura della prima Rinascenza italiana, Masaccio e Masolino, LOrcagna del Trionfo della Morte, La Terra, Il Sesso e ancora la Morte; le radici della poesia dantesca in volgare, la civiltà contadina, lineluttabilità quasi fatale degli avvenimenti, il profondo pessimismo dellautore privato della speranza. Il mito dellUomo è sbriciolato nello scontro con un presente in rapido progresso industriale e meccanico, controparte blasfema e atea della sacralità pastorale vagheggiata da Pasolini ragazzo nella campagna del Friuli. Il rapporto uomo-natura è completamente infranto a favore di un progresso mostruoso; la natura vergine e profondamente pagana del suo primo romanzo, Il sogno di una cosa, è mutata sino al titolo chimico della sua ultima opera, Petrolio.
Caravaggio, I musici Pasolini come profondo conoscitore del mito ne ricercava laura nel mondo contemporaneo: ecco dunque i fiumi romani, il Tevere e lAniene trasformati nella metafora nei fiumi infernali, mentre Roma caput mundi diviene il regno delloltretomba, la città di Dite, con Paradiso e Inferno fianco a fianco. Le acque del Tevere diventano le acque dello Stige, i giovani malfattori quasi caravaggeschi di una Roma «coperta di sporcizia e di sudore, tutta croste e vizio», diventano peccatori in cerca di una impossibile rigenerazione (Squarci di notti romane, Mignatta, Una vita violenta, Alì dagli occhi Azzurri). Passare un periodo in prigione nella "lingua" pasoliniana si tramuta in un passaggio allinferno, attraversare una dimensione ctonia; e in un crescendo di metamorfosi (ché la sua realtà altro non era che una irrealtà metastorica) Dante nientemeno appare in carne e ossa alla sommità di una collinetta della periferia romana alla giovane prostituta di uno dei primi racconti romani. Testimonianza dellirriducibile volontà di dialogo tra la realtà e una idea mitica della realtà stessa.
Pasolini, Salò Il «cinema di poesia» teorizzato da Pasolini ritrova una dimensione ancestrale e mitica, anche perché la sua opinione personale sulla poesia nel dramma della realtà non ha nulla di sentimentale. Pasolini ci propone di vedere con differenti occhi quel che ci circonda («il principio di realtà» chiamato da lui stesso, sullonda dentusiasmo semiologico, significante): «non naturalizza i codici della natura letteratura cinema linguistica, ma al contrario rende colta la natura, facendo del vivere un parlare» (6). Ancora una volta possiamo proporre unidea sacra della realtà che circonda i suoi film e i suoi romanzi, una specie di "lingua della realtà". Ma è attraverso questa lingua, questa trasfigurazione, riproposizione, che il tempo viene proposto come un sistema sregolato. Avremo dunque il tempo del mito Edipico, con i suoi legami con gli anni Venti del Novecento e linfanzia del poeta e un passato arcaico e mitico al di fuori della Storia. La nozione del tempo in Edipo Re, Medea Il fiore delle mille e una notte così come in Il sogno di una cosa è la presa di coscienza di un tempo favoloso nel quale vivono e si muovono i personaggi della tragedia. Alla luce di un tempo storico indefinito e sfumato che non è ma continua ad essere il significato finale della vita proiettata in una tensione verso la Morte come naturale epifania ritrova la sua dimensione sacra e il suo spessore mitico.
Il Vangelo secondo Matteo Parigi, 2001 - Milano, 4 febbraio 2002
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