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A cura della Redazione Virtuale

* «Dùciu a san che, fuor di un incendi, di na pesta, e da l'invasion dai Turcs, i sincsènt àins da la nustra parrocchia (1444-1944), a no recuàrdin nuja. La so storia a è duta lì, lavorà, preà, patì, murì» (Pier Paolo Pasolini, su «Stroligut di ca da l'aga», agosto 1944).

«Amica gente, io son dei vostri». (1941)

«Io non saprei proprio dire il motivo, il perché lui amasse tanto i contadini».
(Dino Peresson1948)

«Non ho campanile, né culto dialettale». (1958)

«Quando il mondo classico sarà esaurito, quando saranno morti tutti i contadini e tutti gli artigiani, quando l’industria avrà reso inarrestabile il ciclo della produzione, allora la nostra storia sarà finita». (1962)

«L’Africa è un’immensa riserva di sottoproletari». (1963).

«Finisco così biblicamente maledicendo la fiorentinità». (1968)

«Oggi il dialetto è un mezzo per opporsi all’acculturazione. Sarà, come sempre, una battaglia perduta». (1973)

«Quest’uomo non ha più radici, è una creatura mostruosa del sistema; lo ritengo capace di tutto». (1974)

a posizione di Pier Paolo Pasolini nei confronti del dialetto ha una duplice motivazione: una affettivo-romantica, legata al carattere bucolico dell’entourage familiare contadino della madre; l’altra politica, di opposizione al paradigma che recita: dialetto=autonomia regionale=frammentazione nazionale.

Con il friulano non aveva un rapporto distaccato. Lo coltivava con affetto, come successivamente farà con altri dialetti: il romanesco (Ragazzi di vita, Una vita violenta, Accattone), il napoletano (Decameròn), il lucano, il calabrese, l’abbruzzese (Vangelo secondo Matteo) e le lingue e i dialetti africani e orientali. Ne paventava la fine, anzi la preannunziava. E così gli pareva imminente la fine di ogni civiltà contadina e artigiana in ogni parte del mondo. Nei suoi viaggi in Africa e in Oriente lamentava come ogni cultura e, in particolare, ogni lingua venisse sopraffatta dal modello occidentale.

Si accostava a qualsiasi dialetto come ci si accosta una lingua straniera; non come a un espediente letterario o formale, da sfruttare per aggiungere «colore», ma con il rispetto che si riserva a una cultura da difendere e salvare dall’aggressione di una barbarie massificata.

Durante la guerra aprì una scuola (1943), fatta subito chiudere dal Provveditorato di Udine. Perciò le lezioni continuarono in privato. Gli alunni apprendevano a scrivere versi in italiano e in friulano. All’interno di un sistema scolastico «purista», come quello italiano, Pasolini sfidava i luoghi comuni, secondo cui il dialetto possono usarlo solo i filologi. Fondò una specie di laboratorio linguistico, l’«Academiuta di Lenga Furlana» e mentre continuava a registrare gli idiomi locali durante lunghe uscite in bicicletta, curioso di approfondire le sue conoscenze, sempre di più si avvicinava alle posizioni dell’autonomia friulana. Autonomia che era approvata dal partito della Democrazia Cristiana, che vedeva bene la regione a far da ideale cuscinetto contro l’Est, ma avversata dal Partito Comunista, che, dopo il referendum, sognava di ricevere il mandato parlamentare per governare l’Italia unificata e non vedeva di buon occhio un Friuli forte (B. D. Schwartz, Pasolini Requiem, Marsilio 1992). Tuttavia Pasolini voleva che fosse il PCI ad abbracciare la causa autonomista «...per far sì che il nuovo Ente Regione non diventi il covo di interessi locali, di campanilismi» (Ibidem).

Nonostante la morte del fratello, giustiziato da una brigata partigiana filo-titoista, nel 1946 Pasolini prese la tessera del PCI, che considerava l’unico partito in grado di assicurare un futuro civile alla nazione. Ne verrà presto espulso, in seguito all’«incidente» giudiziario di Ramuscello, relativo al comportamento assunto con alcuni ragazzi conosciuti alla sagra di Santa Sabina (1949).

In seguito i critici lo attaccheranno per quell’attingere per i contenuti delle poesie, dei romanzi e dei film negli ambienti del sottoproletariato, ma soprattutto «impresentabili» di fronte al consesso internazionale di paesi civili di cui l’Italia aspirava a far parte: il Nord Europa, gli Stati Uniti. Lo facevano anche i neorealisti, ma nessuno «scandalosamente» come lui. In questo, alcuni scorsero delle affinità con l’opera di Caravaggio, il pittore lombardo che visse a Roma nel '500. Lo stesso Contini, lo stesso Calvino, lo stesso Moravia. non potevano fare a meno di apprezzarlo per la straordinaria versatilità, e per la puntigliosità con cui si sottoponeva al lavoro artistico, ma un abisso li separava.

A Roma (1950) apprese subito il romanesco della periferia, quello degli emigrati meridionali e dei ragazzi di strada. Non quello dei cultori e dei poeti dialettali locali.

Quando si accorgerà che anche nelle periferie romane non si parla più il romanesco genuino dei Ragazzi di vita e di Una vita violenta, abbandonerà il progetto dei romanzi ‘di borgata’ a cui aveva continuato a lavorare fino ai primi anni ’60, perfezionando le espressioni gergali, con la «consulenza» dei ragazzi che frequentava. Dei personaggi di Petrolio nessuno parlerà il dialetto perché, con la televisione, ovunque si era imposto l’italiano degli –ismi, degli –isti e delle –enze. Accattone sarà l’ultima opera contaminata col dialetto. Nel Decameròn farà parlare napoletano ai suoi personaggi, ma, eccezione, è solo un espediente stilistico. A Gennariello, lettore ideale di alcuni articoli del ’75 (Lettere Luterane), tenta di restituire la memoria delle cultura a cui apparteneva. Ma ormai il dialetto è un ricordo.


Cronologia dell'opera dialettale di Pier Paolo Pasolini (1922-75)

1941 Scartafaccio, poesie in italiano e in friulano.

1942 Poesie a Casarsa, in friulano.

1943 Seconda edizione delle Poesie a Casarsa

1944 Durante le incursioni aeree dramma in friulano I Turcs tal Friul
Con Pina Kalc organizza una scuola popolare con spettacoli, musiche e versi in friulano.
«Stroligùt de ca da l'aga», quadernetti sulla cultura e sul dialetto friulano dell’Academiuta, piccola associazione fondata da Pasolini con altri studenti universitari.

1946 Apprezzzamenti e critiche allo «Stroligùt» negli ambienti letterari di udine. L’Academiuta ha una sede fissa a Casarsa, al pianoterra della sua casa.

1947 Premiata la poesia Vea (Veglia) a un concorso di poesia dialettale triveneta.
Terzo numero dello «Stroligùt» con un’antologia di poeti catalani.
Incarico in una scuola media statale. Viene esonerato.

1948 Continua a mandare versi friulani a Contini.
Pubblica il saggio Sulla poesia dialettale.
Canzoniere friulano.

1949 Dov’è la mia patria, versi secondo diverse parlate friulane.

1950 Con le poesie El testament Coran vince un premio letterario a Roma.
Apprende il dialetto delle borgate romane. Sergio Citti (Er pittoretto, Er mozzone della maranella) lo addestra nei gerghi particolari.
Proposta di pubblicare le poesie friulane da parte di Carlo Muscetta presso Einaudi.

1951 Un medico friulano offre a proprie spese la pubblicazione di Tal còur di un frut (Nel cuore di un fanciullo).

1952 Rifiutate da Guanda editrice le poesie friulane col titolo di Romancero, in seguito La meglio gioventù.
Poesia dialettale del Novecento, antologia, elogio di Montale.

1953 Pubblicazione a cura del medico friulano Luigi Ciceri del volumetto Tal còur di un frut.
Ricerca di poesie popolari peregrinando tra diverse biblioteche d’Italia.
Gli vengono rifiutati dei versi per un concorso di poesia friulana.

1954 Scrive Ragazzi di vita. I fratelli Citti lo aiutano nella ricerca del romanesco più genuino.
Pubblica le poesie friulane col titolo La meglio gioventù.
Progetta Una vita violenta.

1955 Quarto posto di Ragazzi di vita al premio Strega.

1956 Inizia a intervenire sulla questione della lingua.
Fellini legge Ragazzi di vita e lo invita a contribuire a Le Notti di Cabiria.
Processo contro Ragazzi di vita per oscenità.

1957 muore il padre.

1958 In Belgio cerca elementi linguistici tra i minatori italiani.

1959 Pubblica Una vita violenta. Terzo posto al premio Strega.
Progetta Il Rio della Grana in cui tenderà di descrivere le parlate contaminate di calabresi e abruzzesi emigrati a Roma.

1960 Conferenze, con Moravia, su Romanzo, lingua e dialetto.
L’Azione.
Denunziato per favoreggiamento, avendo ospitato nella sua auto due ragazzi di Trastevere, sarà assolto due anni dopo per insufficienza di prove e con formula piena tre anni dopo.
Scrive Accattone. Fellini ne rifiuta la produzione. L’accetta Alfredo Bini. Abiura dell’italiano. I progetti di nuovi romanzi che proseguono sulla linea di Ragazzi di vita e di Una vita violenta (Il Rio della grana, La Mortaccia, Storia burina) vengono abbandonati: anche il gergo dialettale sta scomparendo, si sta invece imponendo velocemente e inesorabilmente l’italiano comune dei media.

1961 Accattone viene distribuito col divieto ai minori di diciotto anni.

1964 Nuove questioni linguistiche.
Continua a visitare l’Africa e l’Oriente rilevando la scomparsa di lingue e dialetti.

1970 Il Decaremòn in dialetto e in musiche napoletane.
Si fanno sempre più violente le sue accuse contro la massiccia acculturazione da parte del sistema borghese.

1972 Nuova edizione dell’antologia della Poesia dialettale del Novecento.
Gli scrive Giacomo Devoto sulle sue posizioni linguistiche.

1973 Nuova edizione de La Meglio Gioventù.
Progetti per ritirarsi in solitudine.
Dopo anni scrive in friulano la poesia Agli studenti greci, In un fiato e altre in italo-friulano apparse poi in La nuova gioventù.

1975 La nuova gioventù, raccolta delle vecchie poesie friulane (La meglio gioventù) e delle più recenti di Tetro entusiasmo.
Volgar’eloquio, intervento su ‘dialetto e scuola’ in un liceo di Lecce.

Milano, 18 Gennaio 2001
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I commenti dei lettori


Massimo Sannelli Genova, 20 aprile 2001

Chi confronta le prime poesie friulane e la riscrittura del 1974 scopre la devastazione della forma degli originali, ma non la loro degradazione stilistica. Le poesie di Tetro entusiasmo - invece - nascono contaminate dall'italiano, e quindi (programmaticamente?) deboli: «brutti versi» (definizione d'autore) come Il PCI ai giovani.

Forse bisogna ripensare il senso dell'italiano puro, dell'italiano contaminato e del dialetto isolato, e quindi delle prove di maggiore o minore purezza che implicano: la presenza ossessiva di «San Pauli» nel 1974 non è un caso.



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