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Saggio inedito di Roberto Saviano
l mio unico lettore, rivolgo queste righe finalizzate ad una breve analisi della scrittura del Tommaso Landolfi e di Giorgio Manganelli. La loro scelta stilistica ed il loro misantropico vivere, mi impediscono di aderire ad un linguaggio accademico nel rapportarmi alle loro opere.

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Il rigore della critica nel nostro tempo, spesso ha prodotto la morte della creazione letteraria e della pulsione dello scritto, preferisco pertanto che siano le profondità delle riflessioni e la rigorosa indisciplinatezza delle emozioni confuse, a decidere il percorso finalizzato alla conoscenza di un autore.Ma questi sono annosi problemi filologici da lasciare ai filologi. Io che non son uno di loro mi avventuro in questa comparazione di due particolarissimi autori del Novecento, vicini in così assai modo da non essersi mai riconosciuti l’uno nella letteratura dell’altro. Persino le loro vite per quanto con caratteristiche diverse…..l’uno aristocratico decaduto dall’ombrosa vita di giocatore d’azzardo, l’altro professore di Letteratura Inglese e misero (nel senso economico….inversamente proporzionale invece alla qualità dei suoi lavori) traduttore, possono notarsi affini. Gli scritti a cui farò riferimento sono tutti quelli che gli autori hanno editato in Italia . Strutturerò la saggio indi in tre parti.

La bugia di Tommaso
Le inezie amorose di Manganelli
Confraternita dei bugiardi

Suddivisioni abbastanza chiare già nei titoli da non chiedere altra spiegazione, infatti l’estetica del mio microlavoro si è imposta già con la scelta degli autori e del titolo. Gli autori sono entrambi cesellatori di scrittura onirica spesso barocca ed antiromanzesca volta alla fumosità consistente dell’argomentazione cerebrale, del frammento di materia, della creazione di lazzi sintattici, della finzione perenne di se stessi. Elicitare, descrivere e dimostrare tali questioni sarà il compito della saggio.

Il titolo è una vibrante frase di Seneca che tradotta nella lingua nova recita più o meno così (nella traduzione di Canali): Che questa follia, dei, sì, proprio questa, non mi abbandoni mai. Ho scelto tale frase per meglio far capire subito con chi si avrà a che fare nella lettura, ovvero con le più complesse e intricate intelligenze del secolo ventesimo, sottili e persistenti come ogni cieca e saggia mania.

Il perchè abbia deciso di fare tale lavoro andrebbe inserito nelle plurime domande ridicolmente esistenziali che ci si pone o ci si dovrebbe porre in qualche pomeriggio giovanile, ma personalmente non rispondo così come nessun uomo risponde ad un colpo mortale infertogli.

Che il lettore possa perdonare questa limitata opera chè come tutti gli scritti limitati, è anche limitante.

Milano, 09 aprile 2001
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I commenti dei lettori


Terry Nesti (terryn@tin.it) Pistoia 22.06.2001

Prima di tutto complimenti Roberto, la signora o signorina Katia Giaccardi ha pienamente ragione, farai molta strada nell'ambito delle belle lettere. L'affermazione che "La letteratura diviene questo, forse, ambito in cui l’egoismo si dipana nella sua cavità nulle per affermarsi e tutelarsi nell’arbitrio della proposizione. Aspetto possibile della libertà che non raggiunge neanche la potenzialità. La letteratura landolfiana così, si costruisce come una cattedrale gotica di sintassi dagli interni barocchi di descrizioni e dalle navate romaniche di assurdi personaggi. Una struttura salda e notturna poggiata sul nulla, sospesa in un assenza ineffabile." riassume in poche frasi tutti gli intenti letterari di Landodolfi (al termine intenti letterari si sarà rigirato nella tomba, ma era l'unico termine che mi sovveniva alla mente. La scrittura (che qualche divinità mi protegga da quel che sto per dire) è l'unica possibiltà che l'uomo possiede di scimmiottare Dio. Landolfi lo sa, ma la sua divinità è il Nulla (di plotiniana memoria). La parola, il senso della frase tutto torna ai Mani: la realtà non esiste tutto è Nulla suprema Menzogna, ma se la mensogna fosse la realtà? (pensiamo al Tradimento dove la morte si trasforma in vita perpetua)Ecco la chiave, e tu Roberto lo hai capito, le bugie, le verità in Landolfi sono sempre al quadrato perché l'impossibile non è altro che una possibilità moltiplicata per se stessa. La vita è matematica, magari non la matematica elementare a cui noi siamo legati, ma uan matematica che lavora con numeri infiniti e improbabili. Ecco perché Signor Racca (mi scusi la prolissità, ma è un difetto che non credo riuscirò a correggere) quegli scrittori menzogneri che secondo lei scrivono sul nulla e per il nulla, in realtà (perlomeno a me) parlano della vita, di un esistenza menzognera, ma anche l'unica che per adesso ci è concesso vivere. Sull'oziosita dei Nostri non intervengo neanche ricordandole cos'è l'otium latino; mi dia retta provi a lasciare per un pò da parte (non per sempre si impara qualcosa dappertutto) i suoi maestri ed entrare un poco in quella che un tempo era considerata, con un termine calcistico letteratura di serie B (la science fiction per esempio) e vedrà che a volte hanno anticipato realtà inimmaginabili. La letteratura non ha bisogno di distinzioni ci sono solo demiurghi a noi più consoni ed altri meno. Ancora tanti auguri a Roberto per i suoi scritti futuri.


Katia Giaccardi, 09.06.2001

Caro signor Racca non mi ero sbagliata ad intuire di cosa è fatta la sua interiorità. Non aggiungo nulla,perchè la mia risposta al suo commento è là,chiara e tranquilla. Il suo secondo intervento, caro signore, si "commenta da sè" e non vale la pena che io aggiunga altro. Tutti leggeranno ciò che ha scritto. Rinnovo i miei più fervidi auguri a Roberto Saviano, di strada ne farà e tanta!


Davide Racca (eduracca@tin.it) 06.06.2001

Gentile signora K., la ringrazio per aver rispettato tanto cortesemente la mia opinione. Sono le persone come Lei che mi incoraggiano a scrivere (da ignorante, cioè da non conoscitore!) certe cose su certi temi quando si presenta la giusta occasione. Forse le posso dare ragione quando dice che infondo “l’arte è arte”! Sarebbe qualcosa di diverso se non lo fosse, no? Ma che bisogna rispettare tutti… questa poi! soprattutto se artisti come il giovane signor S.! La bellezza dell’invenzione, la libertà dello scrivere, la menzogna, l’immoralità, il cinismo… per culminare questa sublime silloge di appannaggi letterari con l’amore e l’odio… ah, gustosa questa sorsata d’acqua fresca alla sorgente del… nulla! Sì certo, non si scandalizzi signora mia, del… nulla!!! ha capito bene: perché di… nulla tratta la Sua letteratura e quella del giovane signor S., non di qualcosa! Sarò pure limitato, ottuso, come Lei tiene a sottolineare, signora mia cara, ma è certo che dal… nulla nessuno vi smuove… forse neanche il mio buon Dio a pregarlo! (non certo il vostro di dio… no!,voi accoliti della società letteraria vi contentate di facili muse d’accatto, delle prime che vi capitano sottomano e che senza troppe pretese soddisfano le vostre misere vogliuzze notturne! –quanto a libro?- dite loro incontrandole sul marciapiede della Parola, e quelle a subire le angherie da sforzati della pagina quali siete… siate maledetti! voi che fate solo quello che volete fare… con la faciloneria da dilettanti della libertà del tutto e subito… voi e i vostri libercoli del… nulla!!!). Il nulla! signora mia bella, il nulla!!! come si fa a scrivere il… nulla! bisogna avere una fede cieca in quello che non si pensa e non si dice… per poter sostenere, come il nostro giovane signor S., che si sta facendo letteratura del… nulla!!! o della menzogna, peggio ancora! Ma basta , basta così, si sta degenerando… voi state degenerando! Ma sa cosa c’è di nuovo, cara signora K.? A voi ciò che vi meritate: il… nulla! Per quanto mi riguarda torno ai miei rassicuranti libri: i miei cari… Baricco… Brizzi… Brizzi… Baricco…bah! Forse sarebbe meglio… come avete detto che si chiamano i vostri? Cordiali saluti


Livio Macchi, 04.06.2001

Ho letto con grande interesse il saggio di Saviano, e man mano che procedevo nella lettura aumentava in me l'entusiasmo e la considerazione per il suo lavoro. È un saggio molto acuto, profondo, portato avanti con la giusta dose di citazioni e di modelli matematico-linguistici, e soprattutto sostenuto da una lingua ricca e capace di fulminanti metafore e similitudini. Fra tutte, la "proposizione (manganelliana) scritta quando lascia illibate tutte le sue possibili varianti", o "la parola manganelliana subisce un gargarismo nel cavo orale del significato".
Ma come queste, molte altre, che tradiscono e insieme magnificano la sua frequentazione della letteratura, cui deve qui tanto quanto alla filosofia, ma che contrariamente alla prima a volte rischia di appensantire il ragionamento, o di parere pavonismo intellettuale. Delle due parti, quella su Manganelli mi è sembrata la più coerente e compatta, anche se ricordo però che la sua passione più fervida si appuntasse sull'aristocratico di Pico.
Sfido chiunque ad indovinare la giovanissima età di Saviano dopo aver letto questo saggio; nessuno gli darebbe 21 anni. Questo bisogna capire bene se sia un complimento o una critica (allo stile in generale, non ai contenuti), ma rimane il fatto che ciò che ha scritto dimostra delle capacità critiche, di analisi e di resa concettuale davvero interessanti.
E ci sono anche delle riflessioni sulla letteratura molto efficaci:
- "Realtà e scrittura avranno sempre nel loro antagonismo puro, un legame cromosomico che per quanto lo si vorrà annichilire e mascherare, persisterà indelebile";
- "La letteratura non è vita. Né rifugio"
- "La vita la si vorrebbe scrivere perché la si vorrebbe vivere".
Ma qui - essendo scrittore - vorrei dire la mia, chiosando la frase di Saviano "La vita la si vorrebbe scrivere perché la si vorrebbe vivere" in questo modo: "La vita la si scrive perché la si vorrebbe vivere".
Ovvero, della irrisolvibile crasi fra la vita pensata, desiderata, anelata, e quella reale. Spesso si fugge dentro le proprie pagine perché lì tutto ti obbedisce, ogni personaggio fa solo e solamente quello che decidi tu scrittore, e così ti senti Dio. Come dice Eco nel suo saggio "Sei passeggiate nei boschi narrativi": "Leggendo romanzi sfuggiamo all'angoscia che ci coglie quando cerchiamo di dire qualcosa di vero sul mondo reale. Questa è la funzione terapeutica della narrativa e la ragione per cui gli uomini, dagli inizi dell'umanità, raccontano storie. Che è poi la funzione dei miti: dar forma al disordine dell'esperienza. (...) Al di là di altre, importantissime, ragioni estetiche, penso che noi leggiamo romanzi perchè essi ci danno la sensazione confortevole di vivere in un mondo dove la nozione della verità non può essere messa in discussione, mentre il mondo reale sembra essere un luogo ben più insidioso." Se lo è per il lettore, immaginarsi per lo scrittore! Che in più vi associa una funzione catartica; perdonatemi la nuova citazione, ma è esattamente quello che intendo, detto da Gogol': "Del piacere che consiste nella punizione di se stessi, dei propri difetti, nei propri personaggi immaginari." Nella mia visione della letteratura, non potrei essere più lontano da una letteratura vista come "ambito in cui l'egoismo si dipana nelle sue cavità nulle", e se anche i risultati sono alti come nei casi di Landolfi e Manganelli, più spesso ci vediamo circondati da libri che sono solo cavità nulle, perché per essere Manganelli non basta scrivere astruso o barocco. Ancora complimenti all'acuminato giovane Saviano e alla redazione che ne ha decisa la pubblicazione.


Katia Giaccardi, 4 giugno 2001

Commento al saggio magnifico e profondo di Roberto Saviano.
Mi rivolgo a lei caro signor Rocca.Vede..., rispetto le sue idee, ma desidero fare una precisazione. Per poter parlare di Letteratura, bisogna conoscerla.Non si può reggere un commento basandolo sull'ignoranza (intesa come non conoscenza). Caro signore, scrivere è: menzogna, invenzione, immoralità, cinismo, amore, odio e quanto ancora si voglia. E vorrei ben dire!!!Lasciateci orsù, la bellezza dell'invenzione, la libertà dello scrivere. Lei, signor Racca è di quelli che metterebbe di certo mano al rogo, bruciando quello che non comprende e che reputa contrario ai suoi principi. Per fortuna non siamo più nel medio Evo. C'è ben altro nell'immenso mondo interiore di un qualsiasi scrittore, quindi non necessariamente acque santine e sgranocchiare di rosari. Rispettiamo tutti , suvvia!!! L'arte è arte. Nessuno le dà quindi il diritto di affossare il saggio di Roberto Saviano con la sua veduta limitata. Nè di confondere i lettori e sviarli dal vero significato della parola Letteratura. Ed è lei Racca, che infetta con la sua mente ottusa. Per grande fortuna di tutti noi, nelle Case Editrici, ci sono menti ben superiori alla sua. Della bravura di Saviano, se ne sono accorti in molti!!! Colgo l’occasione per ringraziare La Libreria di Dora, per averci permesso la visione del saggio. All’autore, che con efficacia e stupendo modo espressivo, ha saputo rivelarci il mondo interiore di Tommaso Landolfi e Giorgio Manganelli, vada tutta la mia ammirazione.
PS:Vi chiedo cortesemente, di non pubblicare il mio indirizzo di posta


Davide Racca (eduracca@tin.it) 01.giugno.2001

Intervengo sul lavoro Hic furor, hic, superi, sit mihi perpetuus del giovane signor S.. Premetto di non avere dimestichezza con affari letterari di un certo tipo (sono un uomo pratico io!), né tanto meno con i due bugiardi da lui analizzati: tali Giorgio Landolfi e Tommaso Manganelli, se non erro! Intervengo dunque per denunciare il mio profondo imbarazzo nei confronti di una letteratura che spudoratamente dichiara di non servire a… nulla. Ma come a… nulla? Bhe, mi sento offeso dalla sfacciata prosopopea e leggerezza di certi individui che si assurgono a scrittori oziosi vantandosi di incarnare il… nulla!; e ancor più mi risultano indigesti coloro che, come il giovane signore S., legittimano tali atteggiamenti encomiandone la dissoluta sagacia e il bello stile; sono una persona di solidi principi morali io, altroché!…Non riesco ad accettare tutto questo… nulla! E poi a me hanno sempre insegnato che bisogna economizzare ogni sforzo per ottenere qualcosa, giammai spendere risorse per… nulla! E dire sempre la verità in ogni circostanza… perché si sa che, poi, al cospetto di Dio…! (mi domando se queste persone siano mai andate in chiesa e abbaino mai intinto il loro pennino nel calamaio del timore e dell’acqua santa!)…

Ecco allora che il mio intervento acquista un preciso intento censorio, non bacchettone, no! assolutamente, perché ci sia un contenimento delle afasie cerebrali (di cui certi individui dimostrano essere portatori sani) che rischiano di infettare altri innocenti come ad esempio il giovane signore S. ché già ha sparso la voce di essere anche lui un esperto del… nulla e addirittura di amare chi disdegna se stesso! Il giovane signore S. dimostra con tali affermazioni di essere incapace di accettarsi e soprattutto è la prova lapalissiana che certi libri debbano essere messi all’indice (ah, i bei tempi di una volta!) almeno per tre ordini di motivi:

1) creano afasia tra parola e vita determinando dolori forti allo stomaco;
2) usano la parola contro se stessa ingenerando un subdolo gioco masochistico;
3) prendono in giro il lettore non valorizzandone lo specifico ruolo di consumatore.

Infine vorrei aggiungere, e concludo, che a questi libri citati dal giovane signore S. le case editrici dovrebbero preferire (anche «La libreria di Dora» naturalmente qualora volesse accogliere il mio onesto e sincero invito) libri più rassicuranti come quelli del bravo Baricco e dell’ottimo Brizzi (questi sì, caro giovane signore S, che vanno dal… nulla verso il… nulla… passando ovviamente per il… nulla!).

Tanti auguri per i suoi scritti futuri!



http://www.italialibri.net - email: info@italialibri.net - Ultima revisione Gio, 6 nov 2003


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