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LUISA ADORNO LE LAMPADINE DI MILA
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Da mio padre, invece del Gatto con gli stivali che riesce a risolvere tutto con la furbizia, penso di avere ereditato lincapacità di fare a gomitate, la giovane spensieratezza che, se non gli impediva la fermezza nei principi, si risolveva talvolta in generosità con le tasche semivuote. Anche lincoscienza davanti al pericolo, messa a prova nei lunghi anni di partecipazione alle due guerre mondiali, e la passione per la politica, vissuta senza paura sotto il fascismo, senza mire personali dopo, mi hanno lasciato qualcosa. Da mia madre so di avere ereditato lironia e lauto-ironia, unite in lei a grande mitezza, e da tutti e due il senso della misura nei desideri e lassenza totale dinvidia per le fortune degli altri. D) Lei ha dichiarato di scrivere soltanto la vita. Da dove nasce la volontà di raccontarsi a se stessi e agli altri? Non ha mai pensato di attingere dalla fantasia piuttosto che dalla realtà? Fin dalladolescenza ho sfogato il bisogno di raccontarmi e di raccontare in un numero infinito di lettere (da lì la mia passione per quelle degli scrittori e il rimpianto, oggi, che luso vada sparendo). Permettetemi di fare mie, ancora una volta, le parole di Marina Cvetaeva «Io sono per la vita, per ciò che è stato. Ciò che è stato è la vita, come stato è lautore» e «In me la duttile memoria sidentifica con la fantasia». D) Lultima provincia, Le dorate stanze, Arco di luminara, La libertà ha un cappello a cilindro, Come a un ballo in maschera e Sebben che siamo donne: a quale di questi suoi libri è più legata e perché? Lultima provincia e Arco di luminara sono i libri degli anni felici, coi figli bambini, i figli ragazzi, i suoceri (trentanni ho vissuto con loro), le antiche, familiari domestiche. Sono i libri in cui scopro la Sicilia e la sicilianità di cui comincio col ridere e finisco con lamare, riamata. Daltronde se Le dorate stanze, Come a un ballo in maschera e Sebben che siamo donne mi ridanno linfanzia, la giovinezza, gli innamoramenti, i viaggi e, soprattutto lamicizia, La libertà ha un cappello a cilindro, coi continui ritorni nei paesi dellEst a tastare il polso al socialismo, mi riporta alla passione politica, al gusto del rischio, dellavventura, della lotta. D) La Sicilia è stata terreno di grande ispirazione, Musa di innumerevoli, geniali e illustri autori: Elsa Morante, ad esempio, concepì Menzogna e sortilegio dopo solo tre giorni trascorsi in quella splendida regione, dove in parte si svolge il romanzo. Dipinga una piccola tela della sua Sicilia usando le parole. Qui posso citare me stessa a piccoli squarci. Primo arrivo in Sicilia in un ottobre di guerra: «...quei giorni sono un ricordo di colori: dal grande tavolo coi trionfi di frutta e piramidi di pasta reale minuziosamente lavorata e dipinta, nel collegio aperto su un giardino in cui ci ospitavano, al mare turchino della baia di Ognina, alle piccole barche a strisce colorate, con gli occhi e la prora aguzza da pesce spada...». Dalla casa sullEtna, destate, attraverso gli anni: «La notte della rotonda della cisterna, in punta di piedi, il collo teso fra le foglie del gelso, si può seguire il respiro di fuoco del vulcano mentre a valle, dove gli agrumeti degradano neri verso il mare solcati da serpi di luci dei paesi a catena, frequenti zampillano da polle rumorose e improvvise i fuochi dartificio». D) In Foglia dacero riscopre la figura di Daniele Pecorini Manzoni, uno zio vissuto in un tempo lontano. Cè qualcuno di cui avrebbe voluto scrivere e non ha scritto? Un libro che le è rimasto dentro e che non ha trovato sfogo sulla carta? Foglia dacero, su cui ho voluto mettere anche il nome dellautore del diario ritrovato, è stata una vera scoperta, che mi ha dato la sensazione di avere riportato alla vita Daniele e la piccola giapponese, non qualcosa che avevo dentro. Dentro invece ho ancora tante storie di persone, di affetti, di lampadine insomma, da aggiungere al mio arco di luminara e spero di avere il tempo di raccontarle.
Il gelsomino non è ancora la madeleine perché la Sicilia è presente. Lo diventa in Sebben che siamo donne, quando mi chino ad odorare il primo, perfetto, intatto, fiorito sul balcone della casa di Roma, sicura di respirare i giorni, passati e prossimi, in Sicilia , sulla terrazza a livello dellagrumeto «da dove annose piante salgono a nevicare fiori sul vecchio cotto». Invece «E Viareggio!» mi dico stupita e dun tratto «Su unaltra terrazza sale da un piccolo giardino una spalliera di gelsomini, e arriva a traboccare dalla balaustra. Ha fiori corposi, intatti come se non avessero la capacità di estenuarsi e cadere...». Tanti, tanti anni fa: ed ecco la madeleine. D) Se dovesse definire una sensibilità femminile come la dipingerebbe? Mi riferirei alla definizione dellarte data da Croce: «Arte è intuizione». Folgorante, semplice in apparenza, difficile a spiegarsi. Così per me la sensibilità femminile. D) La storia è una storia generazionale o quasi. Lei descrive con molta finezza lessenza maschile.Vorrei che la descrivesse dimpulso, di nuovo, in modo intuitivo. Luomo soggetto maschile nella sua realtà chi è? Luomo colto, di una cultura che mi mette soggezione, (ricchezza, successo, potere mai mi hanno messo soggezione). Solo che adesso mi trovo spesso a pensare come deve essere bello avere accanto un uomo che sappia almeno togliere linvolucro delle fette biscottate o i tappi con la sicurezza dalle boccette delle medicine. D) Il ricordo di Talamone rammenta la sicurezza per cui secondo Freud si baratta la libertà o rappresenta il senso di avventura contenuto anche nei piccoli luoghi dei romanzi? Lavventura ci può essere anche a Busto Arsizio se uno ci crede. Insomma, Talamone è un buen ritiro o un rifugio di pirati? Mi lusinga lattenzione con cui sono stata letta: ho parlato così poco di quellestate, lontanissima e diversa, a Talamone! Dovevo avere sei anni, quindi né ritiro né rifugio di pirati, ma un ricordo, nitido a sprazzi, che qualcosa mi ha lasciato, se è vero che «noi siamo quello che i luoghi, le persone, gli avvenimenti, gli oggetti hanno fissato dentro di noi nei primi dieci anni di vita» come sosteneva Sciascia. D) Ironia tagliente e brillante vitalità sono caratteristiche indiscusse di molte sue pagine, alcune delle quali riportano alla memoria lopera di Brancati, da Il bellAntonio a Don Giovanni in Sicilia. Quale autore/autrice lha stimolata maggiormente, lha più aiutata ad esprimersi? Più che essere stimolata ho ammirato, con reverenza, da lontano, la prosa scarna, scolpita di Flaubert, quella fresca, apparentemente spontanea, poetica della Mansfield. E i racconti di Checov, di Zoscenko, di Rilke. E le lettere di tutti quelli che amo, in particolare della Cvetaeva, di Kafka, della Woolf. Certo è Brancati che mi ha insegnato a ridere anche del mondo che si ama. D) Dai suoi libri si evince un interesse particolare per la storia dItalia, per la politica, nonché linclinazione ad occuparsi di una precisa classe sociale: la borghesia del dopoguerra con le sue radici campagnole. Ne Lultima provincia scrive: «(...) ero addirittura cattolica ( ) avevo operato una fusione tra il cristianesimo delle origini e le mie aspirazioni sociali». Quali sono i valori attuali di Luisa Adorno? Può spiegare ai giovani della new economy che cosa ha significato, cosa vuol dire perseguire con convinzione degli ideali? Mi sono occupata di una media borghesia, colta e senza radici campagnole. La passione di mio suocero per quel pezzetto di terra, comprato durante la guerra, è la passione per la proprietà, che nelluomo del sud sidentificava col possesso della terra. Del resto mi sono occupata anche, e con lo stesso interesse, di contadini, di domestiche, di alunni e di gente straniera. Ne Lultima provincia dicevo: «...nella fusione che avevo operato tra il cristianesimo delle origini e le mie aspirazioni sociali Marx sarebbe stato veramente un di più». E tale è rimasto. Cattolica lo sono ancora, le mie aspirazioni le stesse: ho pochissimi bisogni e nessun desiderio di possedere. Primo valore, sempre, la libertà. Ai giovani della new economy, ovvero i miei nipoti, nati nella libertà, nel benessere (uno da ottobre a Manhattan a fare pratica di avvocato, laltra a seguire uno stage di sei mesi in Australia) cosa posso mai dire, mi chiedo, impotente come Natalia Ginzburg davanti al nipotino che in America aveva visto gli orsi. Forse soltanto di tendere le braccia alla verità dovunque la trovino, di farla propria, di sostenerla, secondo linsegnamento di Montaigne, come ha fatto Leonardo Sciascia anche a danno della propria immagine, come fa oggi Adriano Sofri rifiutando di chiedere la grazia. A cura della Redazione Virtuale de La Libreria di Dora Milano, 23 luglio 2002 ![]()
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