ITALIALIBRI - RIVISTA MENSILE ONLINE DI LIBRI ITALIANI, BIOGRAFIE DI AUTORI E RECENSIONI DI OPERE LETTERARIE
ITALIALIBRI - RIVISTA MENSILE ONLINE DI LIBRI ITALIANI, BIOGRAFIE DI AUTORI E RECENSIONI DI OPERE LETTERARIE
AUTORI - OPERE - INTERVISTE - DOSSIER - RIVISTA - POSTA - UFFICIO STAMPA

VITALIANO TREVISAN, AUTORE DE I QUINDICIMILA PASSI, RACCONTA IL SUO AMORE-ODIO PER LA PROVINCIA, LA SUA VISIONE DELL'UOMO E DELLA NATURA E IL RAPPORTO CON LA SCRITTURA

Intenational
Opere A-ZAutori A-ZArchivio
IntervisteMappe letterarieDossierContributiIle de France
Il lato oscuroScriversi addosso
RegistratiNotizie ItaliaLibri
Notizie ItaliaLibri

Ricevi gratis i notiziari periodici con le novità librarie e le notizie di italialibri.net.
Gratis!

Nuove acquisizioniNovità in libreriaLa mia libreriaCalendario
Chi siamoRedazione Virtuale
Ufficio stampaLa posta di Dora
Progetto UGOLink






Google
Web
www.italialibri.net
www.italialibri.org

Interviste
Intervista con Vitaliano Trevisan
Lo scrittore, produttore di organismi da macello
(a cura di Vanessa Sorrentino)


V.Trevisan
Vitaliano Trevisan
italiano Trevisan, ex lattoniere, ex portiere di notte, sincero ed estremo, sfuggente e diretto, ha pubblicato
Standards vol. 1 (Sironi, 2002), I quindicimila passi (Einaudi, 2002), molto apprezzato dalla critica e premiato dalla rivista «Lo straniero», Un mondo meraviglioso (Einaudi, 2003) e la recentissima raccolta di racconti Shorts (Einaudi, 2004). Ha partecipato inoltre all’ultimo film di Matteo Garrone, Primo amore, interpretando il ruolo da protagonista e collaborando alla sceneggiatura. Ciò che più colpisce dei romanzi di Trevisan è la sobrietà e, allo stesso tempo, la crudezza con cui racconta il malessere. È stato detto di lui che ha scritto le cose più lucide e feroci su Vicenza e sul Nord-Est, sul paesaggio violato, sullo sviluppo cieco, sulle ossessioni compulsive di chi vive in provincia. Con Shorts Trevisan ci dà il referto di un decadimento e, insieme, forse, la visione di una possibile fuga. In questo libro, composto da brevissimi racconti, scrive dei temi a lui cari — lo sradicamento, l'orrore-amore per la provincia, il lavoro — narrandoci, attraverso un forte senso della musicalità, di un mondo corrotto, deformato dal progresso, abitato da creature sbandate e da uomini alla deriva.

D. A proposito del tuo amore-odio per la provincia e per il mitico Nord-Est: qual è il rapporto tra Trevisan e l’iperproduttiva Vicenza? Come l’hai vista cambiare? C’è una Vicenza che resiste?

Il mio rapporto è stato quello di un lavoratore dipendente che ha cambiato, in 25 anni, almeno una quarantina di padroni diversi, più o meno grandi. Ho resistito.

D. Nei racconti di Shorts mi ha colpito il ricorrere anche di un altro tema, quello della violenza dell’uomo sul mondo animale e vegetale, una violenza gratuita come nei racconti Piccioni, Una famiglia di ghiri, Magnolie… Che cosa significa? Questa violenza è necessaria?

Non credo che si tratti di violenza gratuita. Il padre di Tojo ragiona e si comporta da contadino (mi ricorda il mio); Kim vorrebbe finire i ghiri per pietà, ma è maldestro; il tipo taglia la magnolia perché è diventata ingombrante. Ovvero l'uomo occupa uno spazio, lo tiene più o meno in ordine e questo ha una ricaduta "esterna"; che uno se ne accorga o meno.

D. Al contrario di quanto avviene in Shorts, dove dopo la disperazione qualche personaggio vede un’alba, nei Quindicimila passi, il tuo libro precedente, faccio fatica a vedere uno scampo, una qualsiasi illusione umanistica.

Invece mi sembra ci sia una grande apertura: se l'essere umano si estinguesse, la natura si riapproprierebbe senza problemi dello spazio lasciato libero. Questo pensiero è per me di assoluta consolazione.

D. Il protagonista ha la mania di contare i passi che compie per andare da un luogo all’altro della città, sembra quasi che non possa riappropriarsi, se non in modo matematico, di luoghi in cui non si riconosce, perché spersonalizzati e de-storicizzati dallo sviluppo. In questa trovata sento l’eco del non luogo teorizzato da Marc Augé (1), può essere?

Rovescerei la questione: quanto c'è in questi luoghi che, in quanto scrittore, indago, nell'idea di Augé, e altri come lui. Non-luogo per me non significa niente, anzi: significa teorizzare qualcosa che, evidentemente, non si conosce a fondo. Questi luoghi esistono e sono tutt'altro che vuoti, tutt'altro che senza carattere, tutt'altro che “non”. Ecco: Augé è profondamente "occidentale", il suo è un pensiero antropocentrico.

D. Com’è nata l’idea di concludere il libro con una bibliografia? Sembra che in fin dei conti la letteratura sia per te un universo chiuso, che non rimanda ad altri che a se stessa, è così?

Al contrario: la letteratura o è aperta o non è. Nel caso dei Quindicimila passi la bibliografia è parte del testo, nel senso che entra nella storia sotto forma di libri che si spostano fisicamente, ovvero libri intesi come oggetto; ovviamente, i libri citati entrano anche intellettualmente, ma entrano in me come autore e in Thomas come personaggio; in definitiva quello che tu hai chiamato bibliografia non è affatto una bibliografia, come la prefazione non è una prefazione; entrambe sono narrazione.

D. La tua scrittura segue un ritmo ossessivo fatto di frasi che ritornano su se stesse, forse una specie di coazione a ripetere che si manifesta a livello espressivo. La mia impressione è che questo ritmo voglia parodiare le magnifiche sorti progressive, rappresentando un mondo immobile senza novità, che ripete funerariamente se stesso... Può essere?

Non è certo attraverso il ritmo che voglio parodiare qualcosa. Se un testo non "scorre" non mi interessa. La cosa, peraltro, è cosciente solo a posteriori. Il senso del ritmo è un dono che si può affinare, ma non imparare. Aggiungo che ho sempre odiato la scrittura fatta di pensierini; per i pensierini c'è la televisione.

D. E andando oltre i "pensierini" e rappresentando i mali della società contemporanea attraverso la scrittura, è possibile secondo te provocare una qualche forma di cambiamento o perlomeno di liberazione?

Da "orientale", penso che no, la natura dell'uomo non è cambiata e non cambierà certo grazie alla letteratura, indipendentemente dalla qualità della letteratura. Essa però, intendo la letteratura, può essere un grande conforto.

D. A proposito di produzione letteraria: qual è la tua collocazione all'interno della cosiddetta industria culturale? E come funziona il meccanismo di questa industria? C'è spazio per l'artigianato nel mondo dell'editoria?

L'industria culturale è un'industria di trasformazione, che possiamo benissimo paragonare all'industria alimentare: essa si comporta allo stesso modo. Gli scrittori sono i produttori di materia prima; dunque non parlerei di artigianato ma di agricoltura (per inciso: i libri per me non sono mai macchine, o meccanismi, ma organismi, ovvero io, in quanto scrittore, sono un contadino, o un allevatore, mai un artigiano). Il prodotto finito, ovvero il libro, è il risultato finale di un processo di raffinazione o macellazione (editing), e distribuzione (immagine, confezione eccetera).

D. Nel panorama letterario italiano ci sono gruppi o movimenti che ti sembrano interessanti?

Parliamo dunque dei produttori di materia prima. No, non vedo né gruppi né movimenti interessanti. Vedo che, più o meno spontaneamente, e con carattere provinciale o regionale, si formano dei consorzi che, esattamente come i consorzi agrari, sfruttano la forza dell'unione per ottenere dei vantaggi in rapporto all'industria (case editrici e distribuzione). Non bisogna poi dimenticare che gli scrittori, esattamente come gli agricoltori, usano additivi di vario genere (steroidi e pesticidi letterari), in modo da offrire alle case editrici un prodotto appetibile. Dunque ribadisco: no, non ci sono né movimenti né gruppi; solo qualche coltivatore solitario (io mi considero uno di questi).

D. E tra i "coltivatori" contemporanei, quali solo quelli letti da Vitaliano Trevisan?

Pochi; in questo momento, per esempio, Tagliapietra, Augé, Norèn.

D. Come funziona il tuo rapporto con lo scrivere? Sei metodico, discontinuo, scrivi di notte, di mattina…

Scrivo sempre; nella testa. Non è una metafora: i miei pensieri sono per la maggior parte scritti, nel senso che vedo parole che scorrono, o sento voci che parlano; ogni tanto ho delle visioni d'insieme. Per quanto riguarda la scrittura intesa come atto di scrivere, ebbene è un'attività che non mi piace, e che svolgo in modo frammentato e discontinuo. In definitiva faccio come ho sempre fatto: scrivo quando non mi è possibile farne a meno.

A cura della Redazione Virtuale


NOTE
1 Marc Augé. Directeur d'Etudes presso l'Ecole des Hautes Etudes di Parigi. Antropologo e africanista, ha pubblicato vari studi di carattere sociologico, tra cui Nonluoghi (Elèuthera 1994), La guerra dei sogni (ibid. 1998). La sua ultima opera è Les Formes de l'Oubli (Payot 1998)

Milano, 17 settembre 2004
© Copyright 2004 italialibri.net, Milano - Vietata la riproduzione, anche parziale, senza consenso di italialibri.net


Rivista
Dossier
Contributi
Interviste




| (AUTOBIOG)RAFIE | ARTE | CONVENZIONI | EPICA | FANTASCIENZA | FILOSOFIA | FOTOGRAFIA | GIALLI & NOIR | MANUALI | METALETTERATURA | NARRATIVA | POESIA | RAGAZZI | REPORTAGE | ROSA | SAGGISTICA | STORIA | TEATRO | VIAGGI |





Novità in libreria...


IN ALTO
AUTORI - OPERE - INTERVISTE - DOSSIER - RIVISTA - POSTA - UFFICIO STAMPA


http://www.italialibri.net - email: - Ultima revisione Sab, 20 mag 2006

Autori | Opere | Interviste | Rivista | Dossier | Contributi | Pubblicità | Legale-©-Privacy