Le interviste di
ITALIALIBRI
VINCENZO CONSOLO
L'avventura della scrittura Poetica di Vincenzo Consolo Dalla parola al silenzio La questione linguistica Letteratura e arte figurativa Conclusione
«Devo dire che sono nato in una famiglia piccolo borghese...»

(Vincenzo Consolo)

Gli anni della formazione
Lei è nato in Sicilia nel 1933 sotto il regime fascista e a sette anni dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Che tipo d’infanzia ha vissuto?

Ha frequentato la facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica. Qual è il tema della sua tesi di laurea?

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D. La prima domanda è questa: Lei è nato in Sicilia nel 1933 sotto il regime fascista e a sette anni dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Che tipo d’infanzia ha vissuto?

1933. Benito Mussolini tra la folla

evo dire che sono nato in una famiglia piccolo-borghese. Mio padre era un commerciante, lavorava insieme ai fratelli ed era stato l’unico trasgressore di quelle che erano le regole di comportamento della piccola borghesia di allora, in un paese siciliano. Si era innamorato di una ragazza che era di condizioni economiche un po’ inferiori alle sue. Era senza dote e suo padre voleva che sposasse un’altra ragazza. Mio padre ha insistito, ha voluto quella ragazza di cui si era innamorato e hanno fatto la famosa fuitina, sono scappati e poi hanno regolarizzato il matrimonio successivamente. Mi ricordava mia madre che si erano sposati in sagrestia perché quelli che facevano questo atto trasgressivo non potevano fare il matrimonio in chiesa. Hanno fatto poi otto figli, e questo è un segno del loro amore. Noi eravamo gli unici figli di questa autorità che era rappresentata dagli zii e dal nonno. Eravamo sovrastati da questa plurima autorità. Io ero il sesto di otto figli.

Mio padre non era un intellettuale, era un uomo di poca cultura, pratico, però aveva visto che i fascisti erano le persone meno rispettabili del paese, che sotto il regime avevano trovato la collocazione più giusta e l’alibi per i loro fallimenti personali. I ricordi più vividi sono del periodo della guerra quando, al momento dello sbarco degli americani in Sicilia, comincia il periodo dei mitragliamenti, dei bombardamenti e quindi la paura per queste forme che io bambino non riuscivo a capire. Sentivamo i mitragliamenti di notte, le incursioni e anche i bombardamenti dal mare. Le corazzate americane si piazzavano e bombardavano il paese e tutta la costa. C’era il terrore da parte mia. Per un bambino di quell’età – nel ‘42/’43 avevo 10/11 anni – era una violenza inaudita. Finalmente mio padre si convinse e ci trasferimmo in campagna. Lì mi sentii più rassicurato. Ci furono però dei morti anche in campagna perché le bombe venivano sganciate alla cieca. Mi ricordo la notte terribile, prima che arrivassero gli americani, di questi incessanti cannoneggiamenti, mitragliamenti, bombardamenti. Un mio zio mi fece vedere attraverso un cannocchiale i militari americani che scendevano dalla montagna di San Fratello e quindi ebbi la visione di questi liberatori. Andai con mio padre – ero un ragazzino curioso e petulante – in paese per vedere i danni subiti dalle nostre case. La strada del paese dove si affacciava la nostra casa era ingombra di macerie, fili della luce. Non c’erano state però ruberie. Mio padre, quando finimmo l’ispezione a casa nostra dove era crollato un pezzo di casa, mi disse: tu aspettami qui e non prendere niente in mano. Io ero lì immobile. Passò una colonna di americani. Vidi per la prima volta in vita mia un negro e rimasi sbalordito. Questo nero, vedendo lo stupore del bambino da solo sul marciapiede, mi tirò un tubetto di caramelle. Mi colpì sulla pancia, mi fece male, ma io incuriosito dapprima toccai il tubetto con il piede e poi lo presi in mano. Lo scartocciai e vidi che erano le caramelle con il buco. Quando venne mio padre non gli dissi di aver trasgredito il suo ordine di non toccare niente. Tornammo poi in campagna. Questi ricordi della guerra li ho trasferiti nell’ultimo mio libro, Lo spasimo di Palermo, una sorta di flashback.

Mi ricordo del secondo dopoguerra di noi ragazzini, come eravamo esposti a infiniti pericoli, a causa delle bombe sparse di qua e di là e la nostra occupazione preferita era quella di giocare con queste armi, con le micce che incendiavamo, le bombe a mano che buttavamo. Molti miei compagni sono rimasti segnati per la vita da questi giochi proibiti. Mi ricordo un compagno a cui era saltata una mano, un altro che era diventato cieco. Mi ricordo un ragazzino completamente bruciato perché aveva preso fuoco con le micce. Ho un ricordo terribile di queste ulteriori vittime, che erano i bambini, un po’ come in tutte le guerre. Frequentai la scuola media in un istituto religioso di salesiani dove c’era anche l’oratorio. Questa educazione cattolica forzata, i reduci che tornavano, queste sono le mie memorie che ho raccontato nel mio primo libro in cui mi sono liberato di questa memoria dell’infanzia, e che si chiama La ferita dell’aprile.

Finiti gli studi della scuola media la mia scoperta del mondo fu andando a studiare a 80 km dal mio paese dove frequentai il ginnasio e il liceo. Fu la rivelazione di un mondo nuovo e diverso. Barcellona era spagnola, catalana, sia di nome che di fatto, gli abitanti erano diversi da quelli del mio paese. Avevano un senso più libertario, erano delle persone più intraprendenti, meno ancorate a una geometria di accortezza, parca, che era il mondo del mio paese.

C’era un nucleo di anarchici e c’era un anarchico che era un professore di veterinaria dell’Università di Messina, un poeta, che era andato in carcere durante il periodo del fascismo e che poi aveva capeggiato, nel secondo dopoguerra, una rivolta di braccianti, aveva ingaggiato una battaglia con i carabinieri, i carabinieri sparando e lui colpendoli con le tegole del tetto di casa sua. E poi fu imprigionato e liberato dalla prigione da Togliatti che lo fece mettere in lista per le elezioni di ’48. Diventò poi deputato. Questo personaggio mi aveva molto affascinato ed è stato molto importante nella mia vita. Con il suo libertarismo mi aveva fatto conoscere un altro modo per leggere il mondo, un modo più libero, più libertario, soprattutto di opposizione a quelli che sono i periodi di dittatura, di oppressione e di repressione.

D. Ha frequentato la facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica. Qual è il tema della sua tesi di laurea?

Gennaio, febbraio, marzo 2001
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Intervista con Vincenzo Consolo, gennaio, febbraio, marzo 2001

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http://www.italialibri.net - email: info@italialibri.net - Ultima revisione Mer, 5 giu 2002


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