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Agostino (1944) |
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Agostino è un bambino come tanti, colto nel momento del suo transitare lento, ma inesorabile, dalla fanciullezza alletà adulta; qui, tra le pagine di questo romanzo, egli ha ancora i contorni delladolescente incompleto. Il suo mondo si risolve interamente nella figura della madre che egli contempla, affascinato e sazio, come non volendo più altro dalla vita, se non laffetto e le attenzioni di lei. Nella pudica visione che Agostino ha dellesistenza campeggia, solitario, un solo anelito: «(il) desiderio di seguirla ovunque, anche in fondo al mare». Nel rapporto madre-figlio tutto procede senza intoppi, né rivalità, nellesclusivo senso di possessione e si direbbe, azzardando, quasi ossessione da parte del figlio, fin quando un giorno, durante una vacanza al mare, Agostino non si vede scalzato da un bagnino, «un giovane bruno e adusto che tendeva la mano alla madre». I suoi sentimenti, da quel momento, cambiano direzione, diventano ciò che non erano mai stati: lacredine e la gelosia, infatti, nel cuore di Agostino prendono il posto della tranquillità e della pace. Sembra di vederlo, nella stessa percezione che il ragazzo ha di se stesso, mentre ruzzola velocemente: «giù da unillusione come da una montagna, restando tutto ammaccato e dolente». Quella stessa madre, perfetta e castamente rappresentata dai suoi occhi di bambino, è ora il punto di partenza per losservazione della donna, di un universo che il giovane protagonista non ha mai esplorato: «Il primo impulso di Agostino, a tale vista, fu di ritrarsi in fretta; ma subito questo nuovo pensiero, È una donna, lo fermò, le dita aggrappate alla maniglia, gli occhi spalancati. Egli sentiva tutto il suo antico animo filiale ribellarsi in quella immobilità e tirarlo indietro; ma quello nuovo, ancora timido, eppure già forte, lo costringeva a fissare spietatamente gli occhi riluttanti là dove il giorno prima non avrebbe osato levarli». Il nuovo sentimento di Agostino, dunque, tutto giocato tra la ripugnanza e lattrazione, tra il volersi discostare e il sentirsi morbosamente attirato dalla madre, trova un nuovo sbocco, una strada aperta su cui correre verso la totale libertà. Ciò che il ragazzo vive nel profondo gli è insopportabile: non può non sentirsi trascinare dal cordone ombelicale che sempre lha legato alla figura materna, ma, nello stesso tempo, atterrito, sente che gli innocenti presupposti dellantico vincolo sono stati sostituiti da nuovi e più audaci impulsi. Tuttavia, dopo uno schiaffo, la lacerazione è definitivamente compiuta: Agostino scopre un iperuranio diverso e sconosciuto, che non ha nulla a che fare con la condizione di ricco borghese, calato nelle gioie dellinfanzia. Il giovane protagonista entra a contatto con una banda di ragazzi del popolo. Questi vivono alla giornata, ai confini della legalità, in una conoscenza tutta naturale e degradante del sesso, della donna e della vita in genere. Non hanno limiti nellespressione di se stessi, né moralità. In mezzo a loro il giovane protagonista comprende oscuramente «di pagare la sua diversità e la sua superiorità». Agostino è costretto a distaccarsi, oltre che dalla madre, dal suo modo primitivo di giostrarsi, per entrare a occhi chiusi in unetà di «difficoltà e miserie», in un tempo «oscuro e pieno di tormenti». I gesti della madre, i vezzeggiamenti e le carezze fino a quel momento tanto graditi, diventano per Agostino «un fastidio», «un malessere», azioni che in lui destano sentimenti controversi, dalla curiosità alla repulsione. Per Agostino il cambiamento è destabilizzante, è un turbamento profondo che lo porta a perdere lequilibrio: «Copriti, lasciami, non farti più vedere avrebbe voluto gridarle non sono più quello di un tempo». Sente di attraversare un corridoio, non sa quando arriverà alla fine, si chiede come abbiano fatto i ragazzi più grandi di lui «ad amare la propria madre e al tempo stesso a sapere quello che egli stesso sapeva; e concludeva che questa consapevolezza doveva in loro uccidere a tempo laffetto filiale, mentre in lui luna non riusciva a scacciare laltro e, coesistendo, torbidamente si mescolavano». E lepilogo non tarda ad arrivare: un po scontato, a dire il vero, ma realistico. Il Tortima, uno dei ragazzi della banda, convince Agostino ad andare a bussare alla porta di una prostituta. La scena è bellissima, la si può vedere mentre si legge, così come se si fosse seduti al cinema: «La donna li scrutò un momento senza benevolenza, quindi, in silenzio, accennò al Tortima come per invitarlo a passare. Il Tortima sorrise rinfrancato e si slanciò verso la porta a vetri. Agostino fece per seguirlo. "Tu no", disse la donna fermandolo per la spalla. ( ) "Sei troppo piccolo, Pisa", disse il Tortima beffardo». Chissà se poi, davvero, Agostino avrebbe avuto il coraggio di entrare. Moravia non ce lo dice, si limita a chiudere questo romanzo con una dolcezza insolita: «Come un uomo, non poté fare a meno di pensare prima di addormentarsi. Ma non era un uomo; e molto tempo infelice sarebbe passato prima che lo fosse». Cosera dunque Agostino? Il Pandini parla di «distacco insanabile tra quello che si è chiamati ad essere per gli altri e quello che si sente di essere per sé». In effetti, molti dei personaggi Moraviani subiscono, prima o poi, questo distacco che assume, nelle loro vite, la forma della violenza. Più o meno traumatico, labbandono della vecchia vita per la nuova, sia per il Dino de La Noia, che per la Rosetta de La ciociara, piuttosto che per la Carla de Gli indifferenti, è qualcosa di fronte a cui si accetta di piegarsi nella rassegnata coscienza di una sorta di inevitabile evolvere della vita. A cura della Redazione Virtuale Milano, 25 marzo 2002 |
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