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Candido (1977)
Un sogno fatto in Sicilia



Leonardo Sciascia, Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia
Adelphi, Milano 1990
134 pp., £ 25.000

el giugno del 1975 Sciascia viene eletto come indipendente nelle liste del partito comunista alle elezioni comunali di Palermo. Ma, deluso per l’inefficacia della sua presenza nel consiglio comunale e contrario alla politica del compromesso storico, già all’inizio 1977 si dimette da consigliere. Ha inizio così un accesa polemica con la classe dirigente italiana e con il partito comunista, che si farà incandescente negli anni dell’emergenza antiterroristica. «Greve…assai greve», è dunque il tempo in cui Leonardo Sciascia dà alle stampe il Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia (1977).

Unendo la «velocità» e la «leggerezza» propria del conte philosophique alla sua personale sorniona ironia, Sciascia ripercorre nel Candido le cocenti amare delusioni del suo rapporto di intellettuale «disorganico» con il mondo politico, sempre più ambiguamente compromesso con la menzogna e l’inganno dei poteri costituiti.

Secondo Montesquieu, «un’opera originale ne fa nascere quasi sempre cinque o seicento altre, queste servendosi della prima all’incirca come i geometri si servono delle loro formule» . E così come suggerisce il titolo stesso, la formula di cui Sciascia si serve per il Candido è, per l’appunto, il Candide di Voltaire (1759).

Il capolavoro volterriano, tuttavia, rimane solamente il punto di partenza. Sciascia è pienamente consapevole che questo suo libro non possa non assomigliare alle altre sue opere. Non una satira sull’ottimismo, non una favola filosofica, ma un apologo politico è il suo Candido: un Candido moderno che ha come bersaglio la mafia, il clientelismo, i compromessi ideologici, ossia l’attualità storico-politica, le sue ambiguità, contraddizioni e mistificazioni.

La storia di Candido Munafò, nato in una grotta, proprio la notte dello sbarco anglo-americano in Sicilia, la notte che fece da spartiacque tra il fascismo e il post-fascismo, è la storia di un eretico, un essere refrattario a qualsiasi compromesso, a qualsiasi tipo d’ipocrisia, capace di mettere in crisi e di far esplodere gli equilibri familiari e sociali. Un «mostro»: così Candido è sentito da tutti.

Accanto a lui sta il suo precettore, il tormentato e problematico personaggio di don Antonio Lepanto, prete spretato, che rispetto a Candido incarna un diverso modo di rapportarsi alla degradata e contraddittoria realtà sociopolitica. Don Antonio, una volta uscito dalla Chiesa, passa ad un’altra chiesa, entra nel Partito Comunista e, pur avvertendone tutte le contraddizioni, vi rimane: per lui fuori del partito non c’è salvezza.

Per Candido invece essere comunista è «un fatto quasi di natura», non d’ideologia. Quindi, diversamente dal suo precettore, non accetta il doloroso e difficile confronto con la storia. Il suo lucido spirito critico illuministico lo porta prima a smascherare le incongruenze e le assurdità del Partito, la sua struttura gerarchica e colludente con il mondo della reazione, poi a scegliere di esserne fuori. E alla fine, comunista per istinto, Candido Munafò sceglierà la strada del ritorno alla natura, la strada dell’utopia, del sogno verso l’anarchia: la strada che lo porterà a Parigi, patria della ragione e della speranza.

«Qui si sente che qualcosa sta per finire e qualcosa sta per cominciare: mi piace vedere quel che deve finire» - risponde Candido alla madre che vorrebbe portarlo via da Parigi e condurlo con sé in America.

«Hai ragione, è vero: qui si sente che qualcosa sta per finire, ed è bello …Da noi [in Sicilia] non finisce niente, non finisce mai niente….» - conferma, camminando per le vie di Parigi, Don Antonio.

Il sottotitolo del romanzo Un sogno fatto in Sicilia, sottotitolo che potrebbe essere applicato all’intera produzione narrativa di Sciascia, viene così ad esprimere questo confronto, senza sintesi, tra «sogno», la ragione e «Sicilia», la storia.

04 Dicembre 2000
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Leggendo Candido ho capito che in fondo ciò che conta è sentirsi felici..sempre e comunque.Pur nell'impossibilità di ricevere risposte definitive sulla totalità dell'essere e del reale..Un capolavoro di fine penetrazione psicologica che per giorni mi ha regalato la possibilità di riflettere su quello che dovrebbe essere il personale modello etico-morale e lo scopo esistenziale di ognuno.Ora ho sviluppato una concezione progressista dell'esistenza e sono convinta che bisogna credere nelle idee altrimenti "non finirà mai niente".


Jussara Massetani (gattapanciotta@hotmail.com), Firenze, 18/05/03

Essendo un accanita lettrice, ho letto questo libro in poche ore mi è piaciuto molto per la sua sensibilità e leggerezza per lo stile. Ho trovato la psiche del protagonista,Candido Munafò molto interessante ma non solo la sua anche dei familiari e dei personaggi che lo circondano,trovo impressionante ciò che prova la gente standogli a contatto: un igiustificato risentimento che pare quasi odio, ma con questo Sciscia dimostra esprime con semplicità la vera natura umana cioè la preferenza quando siamo posti davanti ad una decisione o impotenti davanti a brutte situazioni di dare la colpa dei proprio problemi alle persone sole che paiono indifese o non curanti o che non fanno parte del proprio mondo egoistico e bello .


Fu Marfu (oannaaa@jumpy.it), Cartabellotta (Pa), 05/08/02

Bel testo interessante dal linguaggio molto raffinato,la storia è travolgente ed appassionante un 10 a questo magnifico libro .LEGGETELO!


carla patanè (www.giupatane@tiscalinet.it) Riposto, Catania, 15.06.2001

Particolarmente incisivo il messaggio che Sciascia mette sulla bocca dei suoi personaggi,e soprattutto del suo protagonista: Candido. La storia si ritrova come sfondo, una situazione molto particolare, a cavallo tra: la fine dell'Italia fascista e la nascita di un'Italia comunista che ha la voglia di risollevarsi dalla situazione di degrado psicologico in cui si ritrovava. Candido, riassume, la coesistenza contraddittoria di questi 2 periodi cosi' cronologicamente vicini, ma cosi' ideologicamente lontani. Considerato dai piu' un mostro, proprio, a mio parere per la sua caratteristica principale, il cinismo. Appare come un uomo senz'anima in piu' di un occasione, tranne alla fine, in cui riesce a trovare una propria stabilita' psicologica ed economica insieme alla sua amata, probabilmente stimolato dalla sua nuova residenza: Parigi.Effetto positivo avra' anche nel tormentato personaggio di "Don Antonio" la capitale francese che sembra sappia trarre il meglio da ogni personaggio.





http://www.italialibri.net - email: - Ultima revisione Lun, 10 lug 2006

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