CANNE AL VENTO, IL ROMANZO CHE NEL 1926 VALSE A GRAZIA DELEDDA IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA .

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Canne al vento (1913)


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Grazia Deledda, Canne al vento
Mondadori, 1990
226 pp. Euro 6,20

omanzo di una Sardegna arcaica e fantastica, Canne al vento è, allo stesso tempo, storia di un popolo che erra alla ricerca di un raggio di speranza e di un figliol prodigo che ritorna a casa dopo aver perso tutte le speranze.

Dietro la semplicità voluta della trama, si nasconde un mondo denso di simboli e miti. Miti della Bibbia e miti profondamente umani.

L'ideale biblico più significativo è indubbiamente quello del "figliol prodigo", rappresentato dalla figura di Giacinto, nipote dei Pintor e, soprattutto, da quella del protagonista, il garzone Efix, che, ovunque vada, ritorna sempre alla casa cui è legato per l'eternita da un duplice movente: un assassinio — è lui che uccide il suo padrone, Zame — e l'amore che prova per le figlie della vittima.

L'impressione trasmessaci dall'autrice riguardo all'omicidio non è del tutto negativa. Zane è descritto come un uomo crudele e senz'anima. Di più, Efix uccide per amore e per onestà. Il suo non è il gesto di un comune innamorato, ma di un amante della giustizia, della vita. Egli vuole proteggere Lia dal padre e difendere la sua fuga. Le altre sorelle, Ruth, Ester e Noemi, rimarranno per sempre prigioniere dell'ombra del genitore morto. «… un timore di vita, un desiderio di morte, una paura di passioni, uno stato di umilità, tutte le disgrazie, le lagrime, il rancore».

Esotismo, sensualità, psicologia.

meno che i nostri affezionati lettori non siano studenti afflitti da un pensum estivo, o sardi estremamente campanilisti, difficilmente si avventureranno a leggere ancora la Deledda. Sulla mia generazione, poi, ha gravato il superbo silenzio di Contini, dal quale ci siamo sentiti autorizzati a ignorare lungamente la romanziera nuorese, e amen.
Però, visto che ci siamo offerti come cavie per una rilettura di Canne al vento, ci sarà consentito saltare a pie' pari la critica accreditata, pro e contra, e fare di testa nostra, come se il romanzo fosse appena pubblicato. Esotismo, arcaismo, sensualismo e psicologismo, quasi d’obbligo per un’opera ambientata in Sardegna, luogo esotico dello spirito prima e oltre che Macondo o Elvira.
L’esotismo è una stilizzazione, rozza se si vuole, ma che istituisce una distanza e circonfonde d’aura i personaggi principali: le nobildonne Pintor, (le tre vive, e quella fuggita di casa e morta oltremare), il bracciante Efix che occultamente ne regge i destini covando per l’intera vita il segreto d’un delitto. Ed è stilizzazione il fatalismo, la sorte che s’incarna nel nipote delle Pintor, il figlio della morta tornato dal non meno esotico Continente, che compie l’opera di sconvolgimento delle vite familiari intrapresa dalla madre, suscita passioni colpevoli nella fanciulla povera Grixenda e nella zia Noemi, la più giovane e altera, spende come un nababbo quel che non possiede e radicalizza il dissesto economico della famiglia. Il giovane Giacinto è il secondo deus ex machina della vicenda: vero puer divino, non comprende la portata degli amori e dei fallimenti che provoca. Con lui entrano in scena le insegne della modernità: la bicicletta, il lavoro salariato, la cambiale scaduta e l’usciere giudiziario.
Punteggiati dal tema dell’incesto vagheggiato e non consumato insieme con quello della sete di denaro, riuniti in un solo pedale, ci saranno lutti e nozze, si ricomporranno destini, ma resterà un senso d’incompiutezza, d’incontro mancato, di tensione, oltre e contro le intenzioni dell’autrice, che in un simulacro di happy ending raccoglie tutto l’amaro lentamente accumulato nel corso del romanzo.
Canne al vento, vite in balia della sorte, ma, come le canne, anche queste vite squassate sono destinate in fondo a rimanere ostinatamente radicate sul proprio suolo d’origine: potranno spezzarsi, ma non trapiantarsi. Lo stile della Deledda è forse soltanto l’affannosa ricerca di uno stile, il tentativo di omogeneizzare vari imprevisti, non tutti di provenienza nobile, in una scarna, drammatica prospettiva esistenziale e morale. Là, dove non la soccorrono le descrizioni e gli abrupti calchi lessicali dal sardo, lingua di manierismi e invettive, la scrittura poggia sulla forte sghembatura della composizione, nel punto d’osservazione tutto concentrato su Efix, così ribassato che costringe il lettore a guardare idealmente le cose da un livello rasoterra.
Personaggi e vicende eccezionali, disturbanti, ma se ne trovano largamente nella realtà e in altre finzioni romanzesche. Dovunque ci si strugge per alterigia di casta o per delirio d’espiazione: e se un’autodidatta nuorese ne racconta, con una lingua imparaticcia che cerca di liberarsi dai languori del romanzo d’appendice cadendo nelle panie dell’umanitarismo russo, sarà più per colpa dei tempi che sua. Sarà comunque feconda la lezione di quest’incunabolo deleddiano, per la narrativa sarda, e potremo misurarla sugli omaggi segreti che le renderanno, giocando con i temi del tempo e del destino, Salvatore Satta e Sergio Atzeni. (G.A.)
Efix si accorge che non ci sarà mai più nulla da cambiare e decide di protteggerle a rischio di non vivere la propria vita. La sua filosofia è «l'uomo è così fatto: buono e cattivo, poi è sempre infelice, i ricchi pure sono spesso infelici».

Accompagnandolo, anche noi riusciamo a scorgere i suoi sforzi per redimersi dall'assassinio, suo più grande e unico peccato — lavorerà senza paga, seguirà un'esistenza da mendicante con un senso di religioso pentimento, accorderà piena fiducia al nipote Giacinto, accolto come un figlio, ambirà a vedere Noemi sposata. Il tutto culmina nello sforzo sovraumano di non morire prima delle nozze, cossiché la sua morte non possa in alcun modo rappresentare un motivo di fallimento.

Leggendo il romanzo, si scopre un mondo arcaico popolato da folletti e morti che resuscitano la notte. Un mondo primordiale, dove ciascuno conosce bene il proprio luogo. Grazia Deledda immagina la storia come un misto di tradizioni, miti e umanità, tutto riscaldato dal sole ardente dell'isola, dove la gente si lascia portare dal vento: la sorte.

Significativo è il dialogo tra Ester e Efix, due persone che, dopo una vita vissuta nel paese, si sentono come "canne al vento". Ester: «Perché la sorte ci punisce così come punirebbe le canne?» Efix: «Sì, siamo esattamente come le canne al vento. Noi siamo le canne e la sorte il vento». Ester: «Sì, va bene, ma perché questa sorte?» Efix: «È perché il vento? Solo Dio lo sa». Un dialogo drammatico, paragonabile a una pièce teatrale, che riflette la concezione sarda della divinita e del mondo.

Poetica e teatrale è anche l'immagine della giovane Grixenda che piange la propria pena d'amore per Giacinto, facendo piangere anche Efix: «… e il dolore di entrambi era quello di questo popolo, che ricordava al garzone un passato di ombre e lui sognava assieme a questa ragazza ad un futuro luminoso, tormenti di sofferenza, d'amore». Così, Efix dedica la vita alla famiglia rovinata dei Pintor. Il suo sacrificio è tanto bello quanto crudele, egli non ne ricaverà nessuna soddisfazione, al contrario, soltanto sofferenza. Giacinto descrive in modo ottimale il personnaggio di Efix: «… anche i Santi sono stati tormentati eppure non cessano di essere Santi».

Ed ecco il mito "faustiano" di chi trova la propria felicità aiutando gli altri. «Tu dove hai trovato la vera Ascensione?» «Vivendo per gli altri», dice Giacinto a Efix e continua «Così voglio far anch'io, Efix, come te, sei tu quello che mi ha salvato, io voglio essere come te».

Non vorrei privare il lettore di un così grande piacere, scrivendo di più sul romanzo, che è un invito particolare alla scoperta dei valori belli della vita, più o meno nascosti in ciascuno di noi, che sia servo o padrone. (G.I.)

A cura della Redazione Virtuale

Milano, 15 febbraio 2002, 2 luglio 2003
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Benedetta Gadrullo, (bette.gad@tiscali.it), Modena, 09/03/'04

Uno dei libri più intensi che abbia mai letto. Mi hanno colpito molto il tratteggio curatissimo dei personaggi, soprattutto di Noemi ed Efix e le descrizioni del mondo sardo, non solo per quanto riguarda i peaesaggi, ma anche per la sue tradizoni, abitudini e suggestioni.

Elga Gioga, Perugia, 04/03/'04

Questo libro è molto noioso e se di più lo si legge con la propia insegnante è un mortorio. io consiglio vivamente di non tenerlo a portata di lettura.

Daniele Falcinelli, (antiporta@email.it), Celleno, 07/01/2004

Nel romanzo convive il senso della fatalità del destino, il valore della "terra", intesa come fatica ma anche come bellezza; é indimenticabile la figura di Efix, rappresentante fino in fondo del valore della fedeltà alle sue padrone.


Sonietta, 4/11/'03

È un libro interassante e scorrevole in esso sorge la voglia che secondo me è in tutti noi di ricominciare una nuova vita... di cambiare. esso è l'esemplare testimone dell'uomo prigioniero

Roberto Morrison, Verona, 06/05/03

Il libro a mio parere è scritto molto bene, non so può dire lo stesso della storia,direi noiosa e priva di spunti. D' altronde non si può aspettare di più da una scrittrice vissuta in quegli anni.Personalmente non mi è piaciuto molto

Roberto Pompilii (taps@libero.it), 27/11/2002

"Canne al Vento" è un'opera straordinaria, un capolavoro, non per niente è valsa all'autrice un meritatissimo Premio Nobel. Risulta quindi sconcertante leggere in questo vostro sito una recensione di così basso livello. Non conosco gli autori di questo articolo, ma sospetto che non abbiano assolutamente idea del valore di quest'opera della quale, con rozzezza intellettuale, hanno dato una immagine realmente distorta. Come poi si possa poi parlare di Canne al vento senza considerare lo spessore religioso della figura di Efix, mi risulta incomprensibile. Ma forse, mi vien da pensare, i signori Satta e Atzeni non hanno letto Delitto e Castigo, o forse lo considerano un libro assolutamente ordinario.

Angelo Angioi (angioiangelo@yahoo.fr), Parigi (Francia), 13/11/2002

Un libro meraviglioso...mi ricorda la mia infanzia quando la mamma me lo leggeva la sera

Giuliano Santus (intiero@yahoo.com), Monza (Mi) 12/11/2002

Malgrado tutto lessi il libro durante il periodo del liceo, attratto dal titolo. L' ho trovato subito avvincente e affascinante e debbo dire che mi ha lasciato una traccia molto profonda. Mi ha colpito lo stile di vita di queste famiglie rurali sarde dell' epoca; inoltre i modi di dire sono veramnte curiosi e divertenti. Non sono d' accordo con chi lo definisce pesante : e` bello davvero !

Gianluca Corsi (gianlucacorsi@tin.it), Nuoro, 29.7.2002

La critica italiana non è mai stata molto tenera con i romanzi della grande Grazia Deledda, semplicemente perchè si ostina a volerla "catalogare" all'interno della letteratura italiana. Niente di più sbagliato. Grazia Deledda appartiene alla letteratura sarda in lingua italiana, cioè i critici non comprendono che dietro Canne al vento (dietro la Deledda tutta)"si muove" l'universo antropologico sardo. Grazia Deledda non è verista nè decadente e i critici nostrani continuano a volerla misurare con la loro inutile "carta millimetrata" e come sempre rimangono interdetti... Un consiglio spassionato: prima di emettere giudizi affrettati su una scrittrice che, a dispetto di tutto, continua a vendere migliaia di copie e ad essere tradotta in tutto il mondo leggete: "Dal mito dell'isola all'isola del mito: Deledda e dintorni" di Nicola Tanda (Bulzoni editore). Vi è spiegata tutta la genialità di questa grande scrittrice e la straordinaria operazione culturale che compie. Una grandissima scrittrice la cui genialità è stata compresa solo fuori dai "confini nazionali", la cui levatura è paragonabile a quegli scrittori del primo novecento appartenenti a quello che io chiamo "romanzo di crisi" (Svevo Pirandello). Grazie per la pazienza e buon lavoro a tutti.


Nancy Ricchiuti (nancyricchiuti@msn.it), Taranto, 24.03.2002

Anche se sono di un'altra generazione quando ho incominciato a leggere questo libro mi è subito piacuto, anche se è un po' pesante, perché, facendo parte del verismo, racconta la vita comune dei potragonisti con i loro amori, i loro tradimenti. Sì, mi è proprio piaciuto.




http://www.italialibri.net - email: - Ultima revisione Ven, 29 set 2006

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