omanzo di una Sardegna arcaica e fantastica, Canne al vento è, allo stesso tempo, storia di un popolo che erra alla ricerca di un raggio di speranza e di un figliol prodigo che ritorna a casa dopo aver perso tutte le speranze.
Dietro la semplicità voluta della trama, si nasconde un mondo denso di simboli e miti. Miti della Bibbia e miti profondamente umani.
L'ideale biblico più significativo è indubbiamente quello del "figliol prodigo", rappresentato dalla figura di Giacinto, nipote dei Pintor e, soprattutto, da quella del protagonista, il garzone Efix, che, ovunque vada, ritorna sempre alla casa cui è legato per l'eternita da un duplice movente: un assassinio è lui che uccide il suo padrone, Zame e l'amore che prova per le figlie della vittima.
L'impressione trasmessaci dall'autrice riguardo all'omicidio non è del tutto negativa. Zane è descritto come un uomo crudele e senz'anima. Di più, Efix uccide per amore e per onestà. Il suo non è il gesto di un comune innamorato, ma di un amante della giustizia, della vita. Egli vuole proteggere Lia dal padre e difendere la sua fuga. Le altre sorelle, Ruth, Ester e Noemi, rimarranno per sempre prigioniere dell'ombra del genitore morto. «
un timore di vita, un desiderio di morte, una paura di passioni, uno stato di umilità, tutte le disgrazie, le lagrime, il rancore».
Esotismo, sensualità, psicologia.
meno che i nostri affezionati lettori non siano studenti afflitti da un pensum estivo, o sardi estremamente campanilisti, difficilmente si avventureranno a leggere ancora la Deledda. Sulla mia generazione, poi, ha gravato il superbo silenzio di Contini, dal quale ci siamo sentiti autorizzati a ignorare lungamente la romanziera nuorese, e amen .
Però, visto che ci siamo offerti come cavie per una rilettura di Canne al vento, ci sarà consentito saltare a pie' pari la critica accreditata, pro e contra, e fare di testa nostra, come se il romanzo fosse appena pubblicato. Esotismo, arcaismo, sensualismo e psicologismo, quasi dobbligo per unopera ambientata in Sardegna, luogo esotico dello spirito prima e oltre che Macondo o Elvira.
Lesotismo è una stilizzazione, rozza se si vuole, ma che istituisce una distanza e circonfonde daura i personaggi principali: le nobildonne Pintor, (le tre vive, e quella fuggita di casa e morta oltremare), il bracciante Efix che occultamente ne regge i destini covando per lintera vita il segreto dun delitto. Ed è stilizzazione il fatalismo, la sorte che sincarna nel nipote delle Pintor, il figlio della morta tornato dal non meno esotico Continente, che compie lopera di sconvolgimento delle vite familiari intrapresa dalla madre, suscita passioni colpevoli nella fanciulla povera Grixenda e nella zia Noemi, la più giovane e altera, spende come un nababbo quel che non possiede e radicalizza il dissesto economico della famiglia. Il giovane Giacinto è il secondo deus ex machina della vicenda: vero puer divino, non comprende la portata degli amori e dei fallimenti che provoca. Con lui entrano in scena le insegne della modernità: la bicicletta, il lavoro salariato, la cambiale scaduta e lusciere giudiziario.
Punteggiati dal tema dellincesto vagheggiato e non consumato insieme con quello della sete di denaro, riuniti in un solo pedale, ci saranno lutti e nozze, si ricomporranno destini, ma resterà un senso dincompiutezza, dincontro mancato, di tensione, oltre e contro le intenzioni dellautrice, che in un simulacro di happy ending raccoglie tutto lamaro lentamente accumulato nel corso del romanzo.
Canne al vento, vite in balia della sorte, ma, come le canne, anche queste vite squassate sono destinate in fondo a rimanere ostinatamente radicate sul proprio suolo dorigine: potranno spezzarsi, ma non trapiantarsi. Lo stile della Deledda è forse soltanto laffannosa ricerca di uno stile, il tentativo di omogeneizzare vari imprevisti, non tutti di provenienza nobile, in una scarna, drammatica prospettiva esistenziale e morale. Là, dove non la soccorrono le descrizioni e gli abrupti calchi lessicali dal sardo, lingua di manierismi e invettive, la scrittura poggia sulla forte sghembatura della composizione, nel punto dosservazione tutto concentrato su Efix, così ribassato che costringe il lettore a guardare idealmente le cose da un livello rasoterra.
Personaggi e vicende eccezionali, disturbanti, ma se ne trovano largamente nella realtà e in altre finzioni romanzesche. Dovunque ci si strugge per alterigia di casta o per delirio despiazione: e se unautodidatta nuorese ne racconta, con una lingua imparaticcia che cerca di liberarsi dai languori del romanzo dappendice cadendo nelle panie dellumanitarismo russo, sarà più per colpa dei tempi che sua. Sarà comunque feconda la lezione di questincunabolo deleddiano, per la narrativa sarda, e potremo misurarla sugli omaggi segreti che le renderanno, giocando con i temi del tempo e del destino, Salvatore Satta e Sergio Atzeni. (G.A.)
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Efix si accorge che non ci sarà mai più nulla da cambiare e decide di protteggerle a rischio di non vivere la propria vita. La sua filosofia è «l'uomo è così fatto: buono e cattivo, poi è sempre infelice, i ricchi pure sono spesso infelici».
Accompagnandolo, anche noi riusciamo a scorgere i suoi sforzi per redimersi dall'assassinio, suo più grande e unico peccato lavorerà senza paga, seguirà un'esistenza da mendicante con un senso di religioso pentimento, accorderà piena fiducia al nipote Giacinto, accolto come un figlio, ambirà a vedere Noemi sposata. Il tutto culmina nello sforzo sovraumano di non morire prima delle nozze, cossiché la sua morte non possa in alcun modo rappresentare un motivo di fallimento.
Leggendo il romanzo, si scopre un mondo arcaico popolato da folletti e morti che resuscitano la notte. Un mondo primordiale, dove ciascuno conosce bene il proprio luogo. Grazia Deledda immagina la storia come un misto di tradizioni, miti e umanità, tutto riscaldato dal sole ardente dell'isola, dove la gente si lascia portare dal vento: la sorte.
Significativo è il dialogo tra Ester e Efix, due persone che, dopo una vita vissuta nel paese, si sentono come "canne al vento". Ester: «Perché la sorte ci punisce così come punirebbe le canne?» Efix: «Sì, siamo esattamente come le canne al vento. Noi siamo le canne e la sorte il vento». Ester: «Sì, va bene, ma perché questa sorte?» Efix: «È perché il vento? Solo Dio lo sa». Un dialogo drammatico, paragonabile a una pièce teatrale, che riflette la concezione sarda della divinita e del mondo.
Poetica e teatrale è anche l'immagine della giovane Grixenda che piange la propria pena d'amore per Giacinto, facendo piangere anche Efix: «
e il dolore di entrambi era quello di questo popolo, che ricordava al garzone un passato di ombre e lui sognava assieme a questa ragazza ad un futuro luminoso, tormenti di sofferenza, d'amore». Così, Efix dedica la vita alla famiglia rovinata dei Pintor. Il suo sacrificio è tanto bello quanto crudele, egli non ne ricaverà nessuna soddisfazione, al contrario, soltanto sofferenza. Giacinto descrive in modo ottimale il personnaggio di Efix: «
anche i Santi sono stati tormentati eppure non cessano di essere Santi».
Ed ecco il mito "faustiano" di chi trova la propria felicità aiutando gli altri. «Tu dove hai trovato la vera Ascensione?» «Vivendo per gli altri», dice Giacinto a Efix e continua «Così voglio far anch'io, Efix, come te, sei tu quello che mi ha salvato, io voglio essere come te».
Non vorrei privare il lettore di un così grande piacere, scrivendo di più sul romanzo, che è un invito particolare alla scoperta dei valori belli della vita, più o meno nascosti in ciascuno di noi, che sia servo o padrone. (G.I.)
Milano, 15 febbraio 2002, 2 luglio 2003
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