Corrado Alvaro, Il carnefice disattento
Settantacinque racconti, Bompiani, 1955
Euro 7,23
arratore di un mondo colpito dal fascismo, Alvaro immagina i propri personaggi come eroi che si sforzano di rimanere innocenti nonostante il male che li circonda. Essi tentano di recuperare una vita vissuta nella sofferenza, dove la salvezza dellanima rappresenta lunico modo per poter dimenticare.
Esemplificativa in questo senso è la novella Il carnefice disattento, la storia di una donna che, rinchiusa nel forno di un lager nazista, riesce a scappare grazie alla disattenzione del carnefice nel chiudere adeguatamente la porta del forno crudele ironia della sorte. La donna fugge così di notte, attraverso un campo, e si rifugia nella casa dove da poco un'altra donna è morta. Gli abitanti del posto, gente con anima, le prestano i vestiti e i documenti della defunta, ma ormai, durante questa interminabile notte, lei ha visto in faccia l'orrore dell'ingiustizia.
Sopravvissuta a tutto questo, lei sceglie di vivere attraverso la danza. Soltanto la danza, infatti, può accarezzarle l'anima che serba il ricordo di quella notte terrificante, di quella fuga verso nessun posto. Lei balla per poter vivere, per ricomporre la propria anima eseguendo i passi che la obbligano a mostrare il cuore ferito. Una fuga eterna. Una finzione di vita.
Ma purtroppo questa non è che unaltra fuga, quell'antico rito del "salto" che l'uomo preistorico utilizzava per sfuggire ai veri persecutori: le belve selvatiche.
Nell'opera di Alvaro non si trova il tema dell'assurdo rintracciabile nelle opere di Ionesco e Beckett, i maestri del genere, quellassurdo derivato dal mimetismo, dalla ripetibilità. Qui è la sorte ad essere paradossale.
La sfumatura dassurdo che attraversa questa novella è ciò che rimane dopo il crollo della fede. Il personaggio principale non è la ballerina, ma il carnefice Dio nella sua disattenzione, nellindifferenza o nellassenza in cui fa vivere luomo. Il titolo ne è significativo. E, malgrado la ballerina sia salvata dalla disattenzione di un uomo, il vero fondamento dell'opera è una requisitoria indirizzata proprio a questo Dio disattento. Luomo non desidera essere ucciso oppure salvato per sbaglio. Egli desidera che Dio gli presti attenzione: che lo punisca o che lo ricompensi, ma in modo giusto. E che cosa sono i campi di concentramento se non il risultato di una terribile disattenzione?
Si può paragonare l'opera di Alvaro a quella di Beckett per l'idea dell'attesa interminabile che qualcuno, o qualcosa, possa salvare lanima. Anche la nostra ballerina sta aspettando... Godot.
Ballando, la donna cade sul palcoscenico e lautore fa leggere tra le righe, quasi come fosse un intermezzo, la spiegazione di questo tragico crollo, dicendo che lei non saprà mai fino a che punto avrà paura dalla gente. La conclusione dellautore è che c'è troppo odio nel mondo, odio gratuito, che ci farà sempre soffrire.
Affascinante l'intreccio tra la danza e la sorte tragica di una donna che rappresenta il genere umano, affannato alla ricerca perpetua dellinnocenza e della salvezza.
A cura della Redazione Virtuale
Milano, 21 luglio 2003
© Copyright 2003 italialibri.net, Milano - Vietata la riproduzione, anche parziale, senza consenso di italialibri.net |