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Le città invisibili

(ROMAN)


Italo Calvino, Le città invisibili
Oscar Mondadori, Milano, 1996,
Lire 14.000 (Euro 7,23)

          «Questo libro nasce un pezzetto per volta, a intervalli anche lunghi, come poesie che mettevo sulla carta, seguendo le più varie ispirazioni».

lo stesso Calvino, ad una conferenza tenuta alla «Columbia University di New York», nel marzo del 1983, a fornirci la genesi de Le città invisibili, romanzo che oscilla fra il racconto filosofico e quello fantastico-allegorico. In origine erano ricordi di viaggi, in gran parte memorie di città visitate, annotazioni spesso poetiche di impressioni ricevute in un dato momento e in un certo luogo, a seconda degli stati d’animo dello scrittore. Ecco, dunque, materializzarsi su carta evocazioni di città tristi e di città contente, città dal cielo stellato e città piene di spazzatura, insomma spazi, sensazioni, genti diverse e loro passioni, fissate solo su cartelle, come un diario a fogli liberi.

«Ma tutte queste pagine insieme non facevano ancora un libro», confessa infatti l’autore nella stessa conferenza. Immagina allora che un grande viaggiatore, il più grande della letteratura, Marco Polo, presenti a Kublai Kan, imperatore dei Tartari, una serie di relazioni sui suoi viaggi in Estremo Oriente, ognuna delle quali introdotta da un dialogo in corsivo fra i due. Prende così corpo l’intera struttura dell’opera che, infine, comprende cinquantacinque descrizioni di città, tutte con nome di donna. Queste sono suddivise in undici percorsi tematici, ognuno dei quali contiene cinque descrizioni di città.

Per comprendere la complessa natura di quest’opera occorre ricordare che essa è stata scritta da Calvino durante la prima parte (1964 - 1970) del suo lungo periodo parigino, e pubblicata nel 1972. In quegli anni egli risentì delle turbolenze del clima culturale francese, in particolare di quegli scrittori sperimentali che diedero poi vita allo “strutturalismo”, corrente letteraria che tendeva a ridurre la complessità del mondo e dei suoi eventi fisici in figure ed emblemi, con la conseguenza che la scrittura si sganciava da ogni rapporto con la realtà. Ne Le città invisibili non c’è infatti traccia di realtà, tutto è mentale, perfino lo spazio ed il tempo sono rarefatti, astratti.

Ma il lettore non viene mai abbandonato: i titoli dei percorsi tematici del libro (Le città e la memoria, Le città e il desiderio, Le città e i segni, ecc.) e le singole, brevi narrazioni lo guidano nel suo cammino di lettura come un faro nella notte e lo portano per mano verso riflessioni ed interrogativi sulla valenza simbolica di ogni singolo scritto che certo non è prerogativa comune alla narrativa tradizionale. Come non sono comuni quest’opera ed il suo autore, eccezionale romanzo atipico d’un genio letterario contemporaneo.

A cura della Redazione Virtuale

Milano, 11 novembre 2001

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Gabriele Martorana, Gallarate (Va), 21/06/'04

Un testo con storie semplici,brevi,astratte,dove il lettore può far viaggiare la sua fantasia.Come seduti su un tappeto volante,si fa il viaggio del mondo mentale di Marco Polo e delle sue città invisibili.Belli i nomi di donna assegnati ad ogni città,bello poter immaginare,scomporre,unire,assemblare le varie parti della città,le sue strutture,le sue vie in forma originali,come venute fuori da un puzzle di ricordi e desideri. Un libro che ci porta a livelli di "alta fantasia"da cui si guarda con gli occhi in giù,per sorvolare le città invisibili ma che rimangono impresse nella nostra immaginazione,ognuna con il suo particolare souvenir da portar via.


Giuseppe Risso (dixris@tin.it), Santa Margherita Ligure (Ge), 9/06/'04

Questo libro mi ha cambiato la vita. L'ho letto e riletto in diverse condizioni fisiche e psicologiche ed ogni volta emergono nuove sfaccettature. Leggerlo sancisce l'inizio di un cammino che sai già dove ti porta, ma percorrendolo in ogni momento se ne modifica il paesaggio. Ebbene in ogni cambiamento, si riscopre una verità in più nel testo. Rimane insoluto soltanto un dubbio: "E' possibile che questo libro confermi i corsi e ricorsi della vita, oppure Calvino aveva semplicemente previsto tutto?".


Anna (annaritapincione@yahoo.it), Roma, 22/11/2003

Le città sono invisibili perché noi, forse, siamo ciechi o vogliamo vedere solo quello che ci interessa, o solo quello che riconosciamo. E così Calvino ci guida per mano e ci regala tante immagini forti, nitide e fantastiche per mostrarci che sempre la realtà é più ricca, fantasiosa e imprevedibile della più fervida e geniale immaginazione!


Giandomenico Serrelli (giandomenico.85@tiscali.it), Montecorvino Rovella, Salerno, 2.2.2002

Italo Calvino sosteneva che di un autore contino soprattutto le opere e in quanto ad esse egli di certo non sfigura. Sebbene «Le città invisibili» non sia la più famosa delle sue, già da questa se ne può riconoscere il genio. Il romanzo è un'antologia di descrizioni di città non riconoscibili nel mondo reale, attraverso le quali lo scrittore ci offre uno spunto di riflessione che vale per ogni città, e si presenta a noi lettori come una serie di relazioni di viaggio che Marco Polo deve riferire all'imperatore dei Tartari Kublai Kan. Personalmente, nel mosaico dei vari emblemi di città atemporali non v'è stata alcuna che mi abbia colpito in modo particolare, ma in ognuna ho ritrovato una parte di me, un'emozione , uno stato d'animo, una peculiarità della mia città e di quelle che fino ad oggi ho visitato. Alla fine ho tentato d'unirle per crearmi l'immagine d'una mia città ideale, riconoscendo in questa il poco che è mio e scoprendo il molto che non ho avuto e che forse non avrò...





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