CON CONTRO-PASSATO PROSSIMO GUIDO MORSELLI DESCRIVE UN'UTOPIA STORICA BASATA SU UN DIVERSO APPROCCIO DEL SINGOLO NEI CONFRONTI DELLA SOCIETA'

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Contro-passato prossimo (1975)


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Guido Morselli, Contro-passato prossimo
Adelphi, 1987
Fabula, pp. 261
Euro 14,46

l progetto di una galleria ferroviaria che nel 1876-78 avrebbe dovuto congiungere il Tirolo Occidentale alla Valtellina si arresta per un cambio di programma improvviso: si presenta l’opportunità di sfruttare il giacimento di quarzo aurifero occasionalmente scoperto durante gli scavi. L’andamento altalenante della borsa dei metalli farà sì che di lì a poco anche questa impresa venga abbandonata. Ma qualcosa resta: le rovine di una vecchia miniera abbandonata attirano l’attenzione di un giovane ufficiale di Stato Maggiore con il gusto per la pittura...

Così inizia Contro-passato prossimo, di Guido Morselli, lo scrittore italiano più sottovalutato del Novecento.

Più tardi, altrove, in un ufficio governativo una busta ancora sigillata viene erroneamente inserita nella cesta della posta evasa. Ma non basta: ancora per errore, verrà inoltrata, insieme a tutto il mucchio in cui si trova, all’Arciduca ereditario come posta in arrivo. Il quale, un po’ sconcertato si infilerà quell’unica busta nella tasca di un’uniforme che non indosserà più per qualche settimana, finché...

Malgrado l’intervento del caso, l’azione che, nella fervida immaginazione di Guido Morselli, avrebbe potuto porre una diga sul fiume della Storia, strappandolo al suo corso ineluttabile, è accuratamente pianificata fin dal 1910. In quegli anni, Ulrich, uomo senza qualità, asseriva che «Soltanto l’ostilità d’ogni uomo contro le aspirazioni d’ogni altro uomo, che oggi ci trova tutti unanimi, nello stato di Cacania aveva precorso i tempi e s’era perfezionato in un raffinatissimo cerimoniale, che avrebbe potuto ancora avere grandi conseguenze se il suo sviluppo non fosse stato troncato anzitempo da una catastrofe» (Robert Musil, L’uomo senza qualità). Dietro alla prosa elegante e ironica di Musil, indoviniamo la condanna di una società sclerotizzata nelle proprie idiosincrasie. L’ispirata premeditazione che dà l’avvio a Contro-passato prossimo esige perciò inanzitutto una mentalità al di fuori dell’ordinario, un’inversione dell’investimento emotivo del singolo nei confronti della società, quale si può riscontrare nel personaggio chiave del romanzo: «Non è vero che l’attaccamento alla Patria sia sempre filiale; quello di von Allmen era critico e paterno». Su questa inversione Morselli costruisce la sua utopia; un’utopia forte, in grado di assegnare all’umanità, nelle intenzioni dell'autore, un destino differente.

Dietro all’operazione, discutibile finché si vuole, che Morselli porta a termine “riscrivendo la Storia”, un’attività unanimemente disapprovata in situazioni normali, si nasconde una critica della Storia che è anche una fortissima critica della realtà. Scrive Asor Rosa: «... nei passaggi storici decisivi colpisce sempre che l'idea del grande stratega non sia altro che la scoperta d'un piccolo, geniale espediente, che però tutti gli altri curiosamente non riuscivano a vedere.» (La guerra. Sulle forme attuali della convivenza umana). Nel mondo ideale di Guido Morselli, sopra il magma melassoso e incollaticcio della burocrazia (ministeriale, militare e intellettuale) si libra l’estro risolutivo di pochi individui determinati, in rotta di collisione con imprevedibili occorrenze del tutto casuali. «Fatalità a parte, il nostro mondo non è fatto com’è o come domani sarà da questa o quella Astrazione, è fatto da ciò che avviene in noi uomini, o in qualcuno di noi». L’errore, il “disguido” burocratico, figlio di procedure ripetute all’infinito, d’automatismi imperfetti che obnubilano l’azione del pensiero, in presenza di un “fine” superiore e di una mente dotata di fantasia, intelligenza e buona volontà si trasforma in un’irripetibile opportunità. «Determinismo e Caso formano un’erma bifronte, sono i due profili non scindibili dei fenomeni».

Dalla genialità dell’ispirazione di von Allmen (nomen est omen! Morselli sembra suggerire una potenzialità presente in “tutti gli uomini” – all men in inglese) nasce l'Edelweiss Expedition, che permette di trasformare la guerra di logoramento in una guerra di movimento. Un commando di poche brigate della fanteria di montagna austiaca (il corrispondente del nostro Corpo degli Alpini) filtra all’interno delle linee di difesa italiane in Valtellina. Da lì, scorazzando in lungo e in largo nelle retrovie dell’Esercito Italiano, assaltando di sorpresa a una a una le sedi dei comandi militari, riesce a rendere inoffensiva in poche ore la macchina da guerra italiana.

Nell’impeto dell’assalto, un drappello staccatosi dal grosso della truppa, proseguendo verso Ovest fino alla Val di Susa, si impossessa della galleria del Frejus prima che i francesi possano farla saltare e, conseguentemente, della stazione ferroviaria di Modane, mettendo le basi per un’invasione della Francia.

Nel romanzo, che si legge a perdifiato ma che è costruito su un intreccio raffinato e concettualmente bizzarro, la classe di politici, militari e burocrati, artefice della vittoria, finirà, dopo alterne vicende e anche dopo un colpo di coda da parte della reazione, a prendere il posto della vecchia aristocrazia alla guida del paese: il posto dell’Imperatore e del Kaiser. Si opererà così quella modernizzazione inevitabile al prosieguo della Storia.

I vincitori della I Guerra Mondiale metteranno in atto un pangermanesimo democratico che allaccerà immediate relazioni diplomatiche con la classe dirigente al vertice della novella Unione Sovietica e stipulerà accordi di cooperazione che ne attenueranno le incontinenze umanitarie.

La pax germanica, europeista e pacifista, imbriglierà sul nascere i fermenti nazionalsocialisti, assicurando al mondo un lungo secolo di pace. Se, al posto dell'Intesa, sembra suggerire Morselli, l’Austria e la Germania avessero vinto la guerra, il mondo avrebbe forse potuto risparmiarsi una seconda guerra sanguinosa e anche un giovane diplomato dell’Accademia di Belle Arti, di nome Adolfo, avrebbe limitato i suoi sproloqui alla sfera della pittura, dove avrebbe raccolto risultati più modesti e di gran lunga meno dannosi.

In reltà il libro dello scrittore di Varese invita tutti ad assumere un atteggiamento proattivo nei confronti della società, ad agire sull’onda un ottimismo utopico che è la migliore assicurazione contro le abberrazioni che non hanno ancora finito di affliggere il mondo occidentale.

Milano, 10 febbraio 2003
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