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NEL ROMANZO I DUE OROLOGI, CIRO VITIELLO SI INTERROGA SULLA PAROLA, E SU UN NUOVO CONCETTO DI SCRITTURA |
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I due orologi (2003) |
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Nel primo capitolo abbiamo lopportunità di conoscere quasi tutti i personaggi del romanzo, intenti in una discussione apparentemente banale, tra nuvole di fumo e indecisioni sul da farsi. Una lunga discussione attraverso la quale possiamo scorgere i guizzi delle diverse esistenze, che a mano a mano si proporranno ben più precise e travagliate da esperienze e imprevisti. Dal celebre professore Aldo Collis, abilissimo chirurgo, impegnato al massimo nella sua professione e continuamente tormentato dagli interrogativi filosofici che ci impone lignoto fine dellesistenza, ad Elia Vita, inchiodato in un letto di ospedale e perseguitato da allucinazioni che lo costringono a rivivere, tra ricordi e sofferenze, i giorni della sua deportazione in Germania. Dalla semplicità genuina del povero Gionata, ingiustamente incolpato della morte di una ragazzina, ad Alessandro Dola, invaghito di una giovane studentessa, la quale, per necessità economiche e storture della vita quotidiana, si improvvisa pur non volendo e pur non accentando prostituta da passeggio. La tenerezza delluna si avvinghia alla cortese presenza delluomo, in un crescendo quasi lirico. Esperienza più unica che rara quella di Federico Moreno, il quale incontra dopo anni una sua antica fiamma amorosa, "Gabriella", gemella di "Bruna": due gocce dacqua, per le quali è stato sempre impossibile distinguere con certezza luna dallaltra. Nellintricato gioco delle parti la giovane si concede al vecchio amico, lasciandolo però nel dubbio più assoluto sulla propria identità. Fra le pagine aleggia la figura di un magnate: il ricco e facoltoso Luc Keil, che non compare se non alla fine del romanzo, con una quasi inverosimile richiesta: completare la sua già ricca collezione di opere darte con una statua dal suo profilo scolpita da Picasso. Emozione ed incredulità sorprendono Giacomo Ceruti per la sua omonimia con un grande pittore del passato di cui egli nulla conosce, ma del quale conserva le capacità pittoriche. Le figure emergono dalla lettura con grande dovizia di particolari e si alternano di capitolo in capitolo con le urgenze di interrogativi filosofici di notevole intensità e di indiscusso interesse, costruendo ciascuna una piccola tela che potrà essere ricucita, come i tasselli di un unico mosaico, alle altre esperienze di vita, o disporsi a piacimento in una più complessa strutturazione della narrazione. Ciro Vitiello di capitolo in capitolo riesce a far rimbalzare le occorrenze esistenziali, riesce a decifrare le ossessive indecisioni del subconscio, intersecando la realtà quotidiana con le immaginazioni della creatività. Se vi sono momenti di suspense questi vengono risolti con deliziosa bravura nel racconto, tra i rapidi effetti del dettato e la lievità di un gioco a carte scoperte. Il perfetto senso del ritmo, della misura, della parola, si riconoscono nella maneggevolezza della scrittura e nell'eleganza dei passaggi, anche quando lautore attraverso alcuni sobri colloqui propone lenigma diffuso in tutto luniverso, che non ha sostanza né forma. Lenigma che ci fa pronunciare tante volte (anche nel silenzio della nostra solitudine) ma Dio esiste? e se esiste Qual è il sito dellanima?. Così lopera si chiude come sera aperta, nella immaginaria forma di un cerchio, in quella che si potrebbe configurare quale erranza senza progetti, verso un'ipotetica realtà, mentre lautore si interroga sulla parola parlata e sulla parola scritta, indugiando sulle fantasie che le parole esprimono, a mano a mano che vengono ri-composte sulla pagina bianca. A cura della Redazione Virtuale Milano, 17 settembre 2004 |
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I commenti dei lettori
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