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I FIUMI È UNA CELEBRE POESIA IN CUI GIUSEPPE UNGARETTI RIEVOCA, CON I PROPRI RICORDI, I FIUMI CHE LI HANNO ATTRAVERSATI |
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I fiumi (1916) |
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I FIUMI Mi tengo a questalbero mutilato Stamani mi sono disteso LIsonzo scorrendo Mi sono accoccolato Questo è lIsonzo Il mio supplizio Ma quelle occulte Ho ripassato Questi sono Questo è il Serchio Questo è il Nilo Questa è la Senna Questi sono i miei fiumi Questa è la mia nostalgia
Nella prima parte della poesia il poeta descrive sè stesso immerso nella sua condizione esterna, ambientale, presso una dolina, [una formazione tipica del paesaggio carsico, una cavità di forma approssimativamente circolare che si è creata ad opera dell'acqua che scorre o precipita sulla roccia calcarea ndr.]. Quindi descrive il suo stato danimo di reduce dalla guerra. Disteso nel letto del fiume Isonzo si sente come una reliquia, un frammento superstite e pertanto maggiormente prezioso di un resto mortale, si sente come uno dei sassi levigati su cui cammina con movenze d'acrobata, sotto il sole, il cui calore benefico riceve con la stessa familiarità di un beduino. Ora affidato alle mani amorevoli dellIsonzo il poeta si riconosce parte delluniverso, cosciente che il suo rammarico è frutto sempre di una disarmonia con il creato. Le acque del fiume lo lavano e lo purificano e gli danno una rara innocente felicità. Ungaretti rammenta i fiumi che hanno accompagnato la sua vita. Il Serchio, fiume della toscana, dove ha attinto lacqua la sua stirpe. Il Nilo, che lo ha visto nascere e crescere adolescente. La Senna, il fiume di Parigi, dove il poeta ha conosciuto se stesso. Il ricordo di questi fiumi affolla la memoria nostalgica dell'uomo, ora che la sua vita è oscura e che sembra una collana di tenebre, perché «le tenebre della notte evocano limmagine di una vita piena di incognite, racchiusa in un cerchio oscuro di timori e di presagi di morte» (Maurizio Dardano pag. 791) . «Lallegria di Naufragi è la presa di coscienza di sé, è la scoperta che prima adagio avviene, poi culmina dimprovviso in un canto scritto il 16 agosto 1916 in piena guerra, in trincea, e che sintitola I Fiumi. Vi sono enumerate le quattro fonti che in me mescolavano le loro acque, i quattro fiumi il cui moto dettò i canti che scrissi allora. Ecco il bel commento di Francesco Puccio: «Limmersione nelle acque, secondo il simbolismo che è ad esse proprio, comporta una morte iniziatica, cui segue una rinascita, una riconquista dellidentità perduta ed unespansione dellIo a tutte le modalità dellesistenza: Ungaretti perde la specificità di essere umano per trasformarsi in una docile fibra / delluniverso, per sentirsi, al di là di ogni contrasto, sé nel tutto e il tutto in sé e raggiungere in quei sacri momenti una difficile e sofferta armonia con se stesso e con il cosmo, soffusa di un rara felicità » (da Testi e interstesi del Novecento pagina 441). A cura della Redazione Virtuale Milano, 6 maggio 2006 |
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I commenti dei lettori
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