Guido Ceronetti, La fragilità del pensare. Antologia filosofica personale
(A cura di E. Muratori)
Rizzoli, 2000
Bur La Scala, 344 p.
Euro 8,26
er un modello manzoniano sciaguratamente malinteso dalla nostra scuola, siamo stati educati allequivoco secondo cui, per uno scrivere degno, bisogna ammaestrarsi ad annacquare le brodaglie proposte a tema nel bla-bla di pagine e pagine. Così si sarà forse inaugurata qualche prestigiosa carriera politica, ma al consueto prezzo dello sterminio di bellezza e verità.
Eppure, dal Novellino ai Pensieri di Leopardi, dai frammenti di Leonardo agli insostituibili Ricordi di Guicciardini, è da sempre nella nostra tradizione larte di dire molto con poco, forma tra le supreme di eleganza e moralità.
Ceronetti è, con Alberto Arbasino, forse lunico vero maestro della scrittura breve nella nostra attuale letteratura. Il compito «indicibilmente libero e gioioso» di Emanuela Muratori è stato allora di ritagliare dalla sua opera le tessere per un mosaico di aforismi, paradossi, enigmi e illuminazioni che potessero configurare una sua antologia filosofica.
Più dun migliaio di perle, dallodio alleuro, dai treni ai reni, da Dio al vuoto, sono disposte nellordine semplice del dizionario, lasciando il lettore libero di compulsare, riprendere, saltare: frasi magnetizzanti aprono feritoie sul mondo come su di sé, e nella stessa frammentazione aforistica pare rivelarsi il gioco caleidoscopico delle cose.
Ceronetti conferma una costante della nostra storia: i migliori prosatori italiani sono stati quasi sempre i poeti, e nessuno come loro ha conosciuto lItalia
Come per Foscolo o Leopardi, lItalia è un «grande rottame naufrago» dove ogni denuncia incontra «il mostro dellindifferenza civile, grande come una balena di dieci milioni di tonnellate».
Ma lItalia non è che un sintomo. Lo sfociare della storia nella sciagura dunumanità miseramente tecnicizzata è la rovina essenziale da cui è impossibile distogliere lo sguardo. Ci si apre così al mistero del Male, e su di sé si soffre lo sfregio inferto a tutto quanto di sacro cè sulla Terra.
Stanno insieme nei patemi e nei palpiti di Ceronetti il senso del nulla e delle bellezza, lassenza e la presenza di Dio, lamore per le donne e lodio per la specie: «non ci salviamo dallo spavento, però dalla piattezza, lasciando aperti i dubbi sulla provenienza delle cose che accadono. Quicquid facimus venit ex alto: questo sentimento, sufficiente ad impedire alla vita di ritenersi una idiozia comprensibile, è di uso illimitato e può, come massima, applicarsi rischiosamente a tutto».
Infinitamente più nichilista di Ceronetti è il mondo. E il paradosso è che diciamo nichilista chi il Nulla lo vede, lo soffre e lo denuncia, ma non chi ciecamente ci sguazza.
Milano, 20 marzo 2003
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