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L'isola dell'angelo caduto |
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Ne consegue un insieme ben conosciuto, forse perché il lettore, pur non rendendosene conto, è in qualche modo conscio di vivere dentro quest'insieme. Lisola dellangelo caduto è il mondo. Non, però, il mondo "ufficiale": quello descritto dal romanzo, infatti, è il mondo ufficioso in cui pochi in particolare solo coloro che hanno un contatto crudo con la realtà sanno di vivere. In origine denominata "Capo dell'Angelo Caduto" (in base a una leggenda che voleva che uno degli angeli ribelli fosse precipitato proprio lì cadendo dal cielo), l'isola è anche sede d'una colonia penale. È un inferno in cui la società, quella bella e giusta (e non a caso Lucarelli sceglie proprio il periodo fascista per ambientare la sua storia) ha relegato i diversi. E per diverso sintende chi della vita e della società ha una visione tutta sua, giusta o sbagliata che sia, ma comunque diversa. È con queste latenti premesse che il commissario, il protagonista della storia, sbarca sullisola con la moglie Hana, in una notte di fitta tenebra che presagisce già tutto. «Da allora, anche anni e anni dopo che gli eventi si furono conclusi, conclusi e mai dimenticati, ogni volta che guardava il mare, e vedeva la schiuma di unonda spaccarsi su uno scoglio, e sentiva le gocce che si schiacciavano sul vetro della finestra a cui appoggiava la fronte, ogni volta, ovunque si trovasse, gli tornava in mente la notte che arrivò sullisola. Era così buio quella notte che il cielo e il mare erano la stessa cosa, talmente neri e stretti e lucidi che sembrava di stare sospesi nel vuoto. E se serrava le palpebre, e le copriva con la mano, e premeva, forte, lo spazio che vedeva dietro agli occhi, cieco come quello in cui si formano i pensieri, era nero come quel mare e quel cielo, infinito e nero. E anche il sale che gli toccava le labbra, e quel sapore sottile di petrolio e motore e il sospiro appena soffiato del legno che sfiorava il mare sembravano venire dal niente e svanire subito nel silenzio opaco e nellodore immobile di quella notte». Il commissario è un uomo malinconico, a tratti orgoglioso, di un orgoglio negativo, molto più spesso debole, forse di uninsicurezza caratterizzata da quel mondo che lo circonda e che gli impone regole e convenienze che lui non vuole rispettare. Il commissario pare sentirsi stretto in questo mondo, ma non trova occasione per uscirne o, forse, non vuole uscirne: quando gli si presenta loccasione di svolta, per lo meno una svolta nella vita lugubre dellisola, ossia la serie di omicidi che accadono, il commissario muove piccoli e lenti passi, pensa con la sua testa, ma non appare mai sicuro di sé, forse perché non vuole uscire dalla sua situazione, o perché teme un mondo peggiore. Chi è decisa a fuggire, ma lo fa rifugiandosi in se stessa, è Hana, la moglie del commissario, che è inorridita dallisola ed è anche lunica che capisce veramente il luogo in cui è capitata: un mondo popolato da pazzi, mentecatti, emarginati, perversi e, per esteso, da mostri e diavoli. Hana si chiude così nella sua mente, sviluppando una follia strana, quasi a scudo protettivo, la cui bandiera è la canzone che ascolta di continuo «Ludovico sei dolce come un fico». Questa litania, che si spande nel vento fuligginoso dellisola, contribuisce a far ricordare, soprattutto al commissario, la follia e lassurdità dellisola stessa. «Dentro quella luce vedo i granelli di polvere diluirsi o ammassarsi a seconda dei risucchi dellaria e ascolto le loro collisioni. Carissimo mio, lo so che pare così strano a dirsi in questo modo, però tutto fa rumore, anche i granelli di polvere che si scontrano nellaria e io non riesco a dormire. È per questo che ascolto quella musica, sempre la stessa, perché già ne conosco ogni pausa, ogni accelerazione, ogni movimento e così non può farmi paura. Il sole di questisola è diverso da tutti gli altri soli che ho mai visto [ ] Lo sapete, signorina Hana, mi dicesti quando tornasti in licenza la seconda volta, che quando sorridete il sole vi fa brillare gli occhi? Ma questo sole, carissimo mio, questo sole è diverso, È una sfera luminosa che non scalda ma brucia soltanto, che arde nel cielo, bianco e duro come un sasso.» I tre omicidi che si avvicendano servono semplicemente a fornire un quadro più completo del mondo da noi abitato; fra laltro avvengono per mani di diverse persone, quindi si vogliono mostrare differenti tipi di follia, che in ogni caso contribuisce solo allincomunicabilità e a peggiorare le condizioni del mondo: da una parte cè la follia di Hana che non fa male a nessuno, ma solo a se stessa e a suo marito che, continuamente, con la canzone di Ludovico è condotto dalla realtà quotidiana che in qualche modo lo distrae, alla percezione di ciò che la realtà nasconde; dall'altra cè la follia degli assassini, la perversione della moglie del federale, lesaltazione maniacale del fascismo di Mazzarino. Questultima è una follia scatenata dalla ribellione verso il mondo e un tipo di società che non piace e che si sfoga nellomicidio e nel sangue. È comunque la pazzia di Mazzarino, il vero demone della situazione, ciò che riassume un potutto: Mazzarino fa intuire come un particolare periodo (il fascismo) e come la storia, con la sua potenza e il suo spietato meccanismo per dirla come Foscolo possa annullare luomo e inglobare il singolo individuo, coinvolgendolo in maniera esagerata fino a indurlo a compiere delle azioni estreme. Mazzarino realizza alla lettera ciò che Mussolini dettava: creare sullisola una dittatura, tagliando ogni contatto con il mondo, divenendo lui e lui solo il capo, il dio degli uomini. Tutto ciò sta a dire che, quando gli uomini vogliono somigliare a Dio e governare come Lui, il mondo diventa crudele, a tinte fosche. Ma gli uomini fanno questo solo perché sono deboli. Così, dentro il grande calderone, mentre nel resto del mondo la nefandezza del quotidiano si cela dietro i diversi aspetti della vita, nell'isola dellangelo caduto tutto avviene senza maschere, poiché è un luogo in cui la realtà si fa reale. E del mondo reale solo pochi uomini si accorgono e questi sono destinati allabbrutimento ferino e allinferno sulla terra. Forse si tratta di un mondo un po platonico e così è perché noi uomini non vogliamo accorgerci di quanto capita. Lisola dellangelo caduto è così piccola, come il mondo del resto, che tutti possono conoscere quello che in essa accade; ma le dimensioni non bastano a spiegare nulla. Ci vuole anche un personaggio, come quello del commissario, che porti una ventata nuova, un'ulteriore alternativa di vita, triste e malinconica magari, ma comunque volta a scoprire l'"inquietante" nascosto. Non cè bisogno di andare troppo oltre con lo sguardo per rendersi conto che nel mondo la turpitudine è allordine del giorno, poiché esso è piccolo ed estremamente facile da comprendere pur nella sua folle illogicità. Un mondo che da un maestro del narrare come Lucarelli è descritto come se il lettore avesse davanti a sé un quadro, grande quanto basta per raffigurare tutta unisola, tuttun mondo, un quadro a tinte fosche, abbastanza cupo e boscoso da ricordare la selva oscura di Dante. Lo stile è semplice: Lucarelli ha compreso la superfluità degli artifici. Il linguaggio usato, tuttavia, si mostra estremamente poetico, di quella dolce e disincantata poesia di cui sono dotati tutti gli uomini, anche se raramente ad essa attingono. E se il libro, per il suo stile e la sua storia narrata, passa come il tempo, rimane costantemente, nei cuori dei lettori, la figura del commissario, di un uomo che brancola nel buio, camminando su un pavimento di nebbia, il quale non vuole cambiare la propria situazione, per orgoglio o per paura; la figura di un antieroe che risolve un enigma senza chiarire il proprio. È il prototipo dellumanità. «Ogni tanto, riusciva a non tornare indietro, riusciva a entrare e a dettare al nuovo ufficiale postale unaltra formale domanda di trasferimento, unaltra confidenziale richiesta di raccomandazione,unaltra supplica, inutile, come tutte le altre. Quando usciva e si trovava solo nella nebbia, sospeso in quel vuoto candido, circondato dal vento che fischiava Ludovico, la rabbia era così forte e disperata che faceva a pezzi la ricevuta del telegramma e la gettava nel nulla. E poi doveva respirare a fondo e stringere i denti e premersi forte le mani sugli occhi per non scoppiare a piangere. A volte ci riusciva, a volte no». Questo libro probabilmente è solo un giallo, un giallo pieno di «strane licenze», come dice lo stesso Lucarelli. È comunque, e pur sempre, il giallo della condizione umana. A cura della Redazione Virtuale de «La Libreria di Dora» Milano, 12 novembre 2001 © Copyright 2001-2002 italialibri.net, Milano - Vietata la riproduzione, anche parziale, senza consenso di italialibri.net |
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