LETTERA ALLA MADRE ESPRIME LA GRAITUDINE VERSO LA MADRE DI SALVATORE QUASIMODO PER IL DONO DELL'IRONIA, NEL CONFRONTO TRA SICILIA E SETTENTRIONE

ITALIALIBRI - RIVISTA MENSILE ONLINE DI LIBRI ITALIANI, BIOGRAFIE DI AUTORI E RECENSIONI DI OPERE LETTERARIE


Lettera alla madre (1948)



Salvatore Quasimodo, Lettera alla madre
in La vita non è sogno,
Tutte le poesie,
Mondadori, Oscar Grandi Classici, 1994
Euro 12,40

a nona poesia della raccolta La vita non è sogno esprime il valore poetico della gratitudine verso la madre che vive sola e lontana, che il poeta ringrazia per il dono insostituibile dell'ironia che lo «ha salvato da pianti e da dolori».

    LETTERA ALLA MADRE

    «Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
    il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
    gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;
    non sono triste nel Nord: non sono
    in pace con me, ma non aspetto
    perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
    da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
    come tutte le madri dei poeti, povera
    e giusta nella misura d'amore
    per i figli lontani. Oggi sono io
    che ti scrivo.» - Finalmente, dirai, due parole
    di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
    e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
    lo uccideranno un giorno in qualche luogo. -
    «Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
    di treni lenti che portavano mandorle e arance,
    alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,
    di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
    questo voglio, dell'ironia che hai messo
    sul mio labbro, mite come la tua.
    Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.
    E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
    per tutti quelli che come te aspettano,
    e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
    non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro
    tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
    del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
    non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
    Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
    morte di pudore. Addio, cara, addio, mia
    dolcissima mater.»

Il poeta inizia parlando di sé, dei luoghi dove ora vive. Abita in Lombardia, dove si trova bene, ma non è felice e quindi scrive alla madre. La madre si meraviglierà della lettera ricevuta e ripenserà a «quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto / e alcuni versi in tasca». E il poeta ricorda il momento del distacco dalla madre e dalla terra nativa: «Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo / di treni lenti che portavano mandorle e arance / alla foce dell’Imera, il fiume pieno di gazze, / di sale, d’eucalyptus. Ma ora ti ringrazio, / questo voglio, dell’ironia che hai messo / sul mio labbro, mite come la tua. / Quel sorriso mi ha salvato da pianti e da dolori». E il poeta conclude rivolgendosi alla morte di non toccare «l’orologio in cucina che batte sopra il muro, / tutta la mia infanzia è passata sullo smalto / del suo quadrante, su quei fiori dipinti: / non toccare la mani , il cuore dei vecchi. / Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà, / morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater». Il poeta prega la morte di essere una morte piena di pietà e di pudore e di essere gentile con i vecchi che ormai non sanno che cosa aspettano. Aspettano proprio la morte, perché sanno che sono vicino al tempo della morte.

    « Il poeta invia alla madre sola, lontana, ammalata, questa lettera per consolarla della sua solitudine e per aprire il suo animo a colei che sola ha il privilegio di capirlo. Così, la confessione del poeta porta al confronto di due mondi e di due età diverse della sua storia personale: la Sicilia assoluta e mitica, dove crebbe fanciullo e da dove fuggì di notte con un mantello corto / e alcuni versi in tasca, e il grigio settentrione dove vive; l’infanzia fatta favola irrecuperabile ma consolante, e la maturità segnata di pene e di tormenti». (Alberto Frattini)

Ecco come il critico commenta i versi finali della poesia:

    «Nessuno risponde. La morte non parla, né intende il nostro linguaggio. E il poeta, che l’ha chiamata gentile, ora la invoca, nella sua pietà e discrezione. Il filo misterioso si riallaccia così, dalla morte all’amore, nella figura-emblema, che ha il profumo di una familiare ed universale religio: dolcissima mater». (Alberto Frattini, Poeti Italiani del XX secolo pagine 676, 678).

Torna a
La vita non è sogno | Salvatore Quasimodo

A cura della Redazione Virtuale

Milano, 27 aprile 2006
© Copyright 2006 italialibri.net, Milano - Vietata la riproduzione, anche parziale, senza consenso di italialibri.net





Novità in libreria...


AUTORI A-Z
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
W
X
Y
Z

OPERE A-Z
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
W
X
Y
Z



Per consultare i più recenti commenti inviati dai lettori
o inviarne di nuovi sulla figura e sull'opera di
Slvatore Quasimodo

|
|
|
|
|
|
|
I quesiti
dei lettori




I commenti dei lettori


I nuovi commenti dei lettori vengono ora visualizzati in una nuova pagina!!



http://www.italialibri.net - email: - Ultima revisione Ven, 4 ago 2006

Autori | Opere | Narrativa | Poesia | Saggi | Arte | Interviste | Rivista | Dossier | Contributi | Pubblicità | Legale-©-Privacy