NARRATIVA | POESIA | SAGGISTICA | DOSSIER | INTERVISTE |
DAPPRIMA, DICE GIUSEPPE PONTIGGIA, LA LORO NASCITA NATURALE. POI, COSTRETTI A TROVARE UNO SPAZIO FRA I NORMALI. NATI DUE VOLTE, APPUNTO. |
|
|
|||
FORUM | CONTRIBUTI | RIVISTA |
Nati due volte (2000) |
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
![]() |
Il rapporto del padre con il figlio disabile è tutto avvolto da qualche silenziosa richiesta, anche minima, di attenzione. Il libro è come un quadro che ritrae lamore del padre per il figlio svantaggiato, di cui cerca di ricuperare tutte le potenzialità. E di fronte a ostacoli insormontabili per Paolo, non vuole arrendersi. Come spesso capita scatta la speranza di trovare negli altri un sostegno morale per chi, assistendo un familiare in difficoltà, ne rimane coinvolto emotivamente. Ma la disattenzione che, spesso, si manifesta nei confronti di chi è diversamente abile non fa che acuire nei familiari la consapevolezza di una sempre maggiore distanza che divide i disabili dai normodotati (p.70). Riferendosi al collega prof. Cornali, l'autore afferma che «non ha disturbi particolari», ma solo disturbi nei rapporti con gli altri (con la studentessa che ha reali problemi di udito, p.e.). Tuttavia Pontiggia ci fa capire che questo atteggiamento si manifesta anche in chi, come i familiari, è (in)direttamente colpito dall'handicap, che spera di intravedere in altri disabili una minorazione più grave, quasi a cercare, anche se labile, un conforto al proprio dramma. È il caso del direttore della scuola elementare di Paolo, che, essendo claudicante, quando cammina compie una minuscola genuflessione. Menomazione, dice Pontiggia, di cui non aveva neppure pensato di conoscere la causa. È questa distanza che lo scrittore mette in evidenza nel corso della narrazione (p. 70). Sono queste le «reazioni che i disabili suscitano in una specie ignorata di disabili, quelli normali». (p. 46). Una forma di distanza si manifesta anche nei familiari; quando, cercando riprendere il figlio con la macchina fotografica, la moglie Franca obietta al professore che non può ritrarlo in quella posizione e aggiunge «sarebbe difficile anche per noi» (p. 62). Ecco come ricorra spesso anche in chi assiste i disabili questa forma particolare di distanza. «Noi» come «perenne termine di confronto, simbolo di una normalità suprema.» (p. 62). Eppure la situazione di handicap presente in un individuo dovrebbe farci comprendere, dice Pontiggia, che lesperienza non ci aiuta soltanto a capire lhandicap, ma è lo stesso handicap che ci aiuta a capire noi stessi. E questa conoscenza di noi stessi potremmo associare anche alla questione linguistica, alla terminologia utilizzata in maniera diversa da chi è affetto direttamente da un handicap rispetto a chi non lo è. «Le disgrazie, fra i tanti effetti, ne hanno alcuni linguistici immediati, ci rendono sensibili al lessico interessato dal problema» (p. 96). Chi usa il termine spastico, ad esempio, è perché «nessuno della sua famiglia lo è» (p. 96). Ma cè anche un senso di colpa quando diciamo non vedente invece di cieco; «forse perché, dice Pontiggia, cieco definisce irreparabilmente una persona, mentre non vedente circoscrive lassenza di una funzione» (p. 96). Ma non dobbiamo dimenticare un altro tipo di atteggiamento che spesso ferisce irreparabilmente non solo chi sopporta fisicamente il peso dellhandicap ma anche i suoi familiari, vale a dire linsofferenza, un«offesa ben più grave di uno schiaffo» (p. 128). E proprio in questa situazione che i disabili devono vivere, o meglio convivere, dato che se non sono sorretti da chi sta loro attorno, difficilmente potranno sopportare la difficoltà di (ri)vivere, di (ri)nascere alla vita. In sostanza essere un po come nuovamente nati, nati due volte dunque: dapprima cè la loro nascita naturale, certo impreparati come tutti, ma poi costretti a trovare un proprio spazio, una nuova vita fra tutti coloro che li attorniano, apparentemente normali, e con i quali devono pur sempre rapportarsi: nati due volte. A questo libro si è ispirato il regista Gianni Amelio per il film Le chiavi di casa, candidato al premio Oscar 2004/2005. Come ha riferito in unintervista rilasciata ad Arianna Finos (www.kataweb.it/cinema), Amelio era rimasto colpito da una storia così vera e soprattutto così personale che, sentendosi un intruso, aveva deciso sì di accettare di trarre un film dal libro, ma ispirandosi semplicemente al tema che aveva spinto Pontiggia a scriverlo: lamore per il figlio disabile, la testardaggine a lottare fino in fondo per superare le evidenti e insormontabili difficoltà che giorno dopo giorno fanno sentire il loro peso. (Su Nati due volte verte l'intervista raccolta da ItaliaLibri nel dicembre del 2000 nell'appartamento milanese dello scrittore). A cura della Redazione Virtuale Milano,23 marzo 2005 |
![]() |
|
![]() |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
I commenti dei lettori
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
![]() |