CON OBOE SOMMERSO SALVATORE QUASIMODO ENTRA IN PIENO CLIMA ERMETICO, IN UN AMBIENTE NATURALE FATTO DI PALUDI, STAGNI E UCCELLI PALUSTRI

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Oboe sommerso (1932)



Salvatore Quasimodo, Oboe sommerso
in Tutte le poesie,
Mondadori, Oscar Grandi Classici, 1994
Euro 12,40

uasimodo pubblicò la sua seconda opera poetica Oboe sommerso nel 1932 presso le edizioni Circoli di Genova. La rivista era diretta dal poeta Adriano Grande. L’edizione del 1932 comprendeva 37 poesie che diventano 38 nell’edizione definitiva del 1942. La disposizione delle poesie nella prima edizione è diversa da quella definitiva, dopo cioè la ripulitura che Salvatore Quasimodo portò a cominciare dal 1938.

«Per Oboe sommerso le correzioni, apportate sempre in nome dell’essenzialità, consisteranno principalmente in eliminazione di versi e strofe, nella riunificazione di versi in origine scissi, nello sdoppiamento di alcune poesie.» (Gilberto Finzi, Invito alla lettura di Quasimodo pagina 72.)

Le poesie dispiegano l’io lirico del poeta – ne prolungano la liricità e il primo piano – che si sente arido e desolato; si muove in un ambiente naturale fatto di paludi e stagni e pieno di uccelli palustri, ma è un ambiente indeterminato e in un tempo indefinito. Egli sente la sua vita come avara pena e la implora di ritardare il dono che si concretizza nella pena di vivere, per assaporare ancora ore di sospiranti abbandoni. L’io del poeta ricorda con rimpianto la fanciullezza e la sua terra. La fanciullezza è passata triste e piena di dolore, a causa della morte di una giovinetta amata nell'infanzia.

Come scrive Gilberto Finzi: «In questo universo formale il poeta versa il succo della sua esistenza razionale e irrazionale, esalta la sofferenza come vita, isola i sentimenti. Tende alla profondità dell’assoluto, cerca la felicità e Dio, ma le situazioni poetiche appartengono alla sostanza unica e irripetibile degli eventi individuali, degli accadimenti psichici intimi senza concretezza. Di rado si afferra un riferimento concreto, un’esperienza reale, un fatto che non si svolga nell’interiore dell’uomo o che non divenga immediatamente un’immagine costruita sul linguaggio [...] Il finale è dunque assoluto come l’inizio, in una poesia sottratta a un reale che non sia solitario, psichico, privato: ed è la morte come invocazione metafisica e come concezione razionale della vita». (Invito alla lettura di Quasimodo pagine 70 – 71 - 72).

La raccolta si inserisce perfettamente nel clima ermetico di quegli anni. «Quasimodo si inserisce autorevolmente in un clima in qualche modo preesistente, lo intende con intelligenza acuta da giovane ambizioso, ne prende gli spunti più audaci e li porta alle estreme conseguenze in modo autonomo: per questo finisce per diventare l’alfiere per antonomasia di una categoria estetico- letteraria in fondo ancor oggi non ben definita. Con Oboe sommerso dunque entriamo in pieno clima ermetico. Se Acque e terre recava ancora tracce vistose della natura, se la sua ambiziosa costruzione di miti era contenuta entro una certa fisicità, Oboe sommerso si impone per l’assolutezza degli schemi poetici: metafore, immagini, analogie sono costruite mediante la semplificazione delle strutture lessicali e sintattiche, cioè con l’eliminazione di articoli e isolando la parola nel periodo; eliminando le proposizioni subordinate, scalzando verbi e legamenti sintattici e favorendo quindi forme ambigue di rapporto fra soggetto e oggetto, i quali talvolta si potrebbero capovolgere senza riguardi: frenando spesso il verso sul piano fonetico più che quello grammaticale e manovrandolo a proprio modo. La poesia si modula come suono e come parola e sintassi: non ne possiamo prescindere, se è vero che una sola parola spostata, una virgola da niente al limite basterebbero a cambiare tono, anzi a far scomparire del tutto la poesia stessa [...] Il poeta persegue un’essenzialità che è basata sul taglio dei nessi logici, sull’isolamento della parola e sulla sua assolutizzazione». (Gilberto Finzi, Da Invito alla lettura di Quasimodo pagine 69 - 70)

A cura della Redazione Virtuale

Milano, 21 aprile 2006
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