Eugenio Montale, Le occasioni (1939)
Einaudi, Nuova raccolta di classici italiani annotati, 1996
pp. XVII-248, Euro 28,41
a seconda raccolta montaliana, edita da Einaudi nel 1939, comprende poesie scritte tra il 1928 e il 1939, perlopiù già precedentemente apparse in rivista o in giornale; cinque liriche erano già state anticipate nel libricino La casa dei doganieri e altri versi (Vallecchi, Firenze 1932).
Libro compatto e armoniosamente ricco, dal titolo quanto mai emblematico, Le occasioni è costituito da quattro sezioni di grandezza disuguale precedute da un curioso testo proemiale, Il balcone, per un totale di cinquantasette testi. Un filo conduttore lega questo secondo canzoniere alle liriche aggiunte nella seconda edizione degli Ossi di seppia (1928). Principale interlocutore non è più il Mediterraneo, che scompare come soggetto lirico. La vita non è più colta e auscultata nei suoi aspetti naturali; certo descrittivismo degli Ossi pare assorbito ed eliminato in favore di qualcosa di meno inerte, di un'inquietudine che a volte raggiunge livelli di vero e proprio pathos.
Permane il motivo fondamentale della disarmonia e del dolore esistenziale, ma cambiano alcuni elementi. Il paesaggio, come si è detto, è posto in secondo piano in favore della dimensione temporale e memoriale, di una poesia fondata sul motivo dell'assenza e della privazione della donna amata, interlocutrice prediletta chiamata col nome di Clizia. La situazione storica si è fatta più buia, il regime dittatoriale si è inasprito e all'orizzonte si addensano minacciose nuvole di guerra. Gli unici segnali di salvezza possibile, seppur vaghi e incertissimi, sono affidati a Clizia, che viene presentata con moduli quasi stilnovistici. Proprio tali segnali sarebbero "le occasioni" del titolo, eccezioni alla negatività cui nella precedente raccolta si faceva riferimento in maniera molto vaga. Se gli Ossi esprimono la consapevolezza del "male di vivere", ne Le Occasioni sono rappresentati quegli istanti fatali dell'esistenza durante i quali è possibile intravedere una realtà diversa, istanti solenni, espressi in testi nei quali il valore simbolico degli oggetti si accentua e si assolutizza: negli Ossi alla rappresentazione dell'oggetto seguiva quasi sempre la "spiegazione"di esso; qui Montale ricerca qualcosa di nuovo, esprimendo l'oggetto ma tacendo l'occasione-spinta. Il risultato è una poesia che può apparire oscura al lettore, in quanto rappresentazione pura e semplice di oggetti poetici che racchiudono in sé valori simbolici non esplicitati. Questo è il motivo dell'uscita di scena del paesaggio, l'attenzione passa dal "fuori" al "dentro", le occasioni-spinta sono evocazioni che non hanno comunque sostanza concreta, in quanto è possibile parlarne solo in funzione della loro assenza. La figura femminile,che in questa raccolta fa il suo fondamentale ingresso nella poetica montaliana, è anch'essa assente, il poeta la rivede solo in apparizioni che riescono a illuminare per un attimo l'oscurità esistenziale, e potrà vivere solo nel ricordo di quelle apparizioni. Di qui la fondamentale importanza in questa raccolta della dimensione memoriale, espressa appieno in poesie come La casa dei doganieri.
Nucleo della raccolta è sicuramente la seconda sezione, intitolata Mottetti, ventuno brevi componimenti nei quali la poesia si fa quasi incantatoria e l'esito formale coincide al massimo grado con l'evocazioni di istanti solenni e insieme di situazioni oggettive, enigmatiche nella loro quotidianità proprio per la volontà dell'autore di non esplicitare l'occasione-spinta, nominando soltanto l'oggetto che ne è la rappresentazione simbolica. In questa sezione in particolare le soluzioni strofiche, metriche e ritmiche raggiungono esiti tra i più sicuri di Montale. Le sedici liriche che precedono i Mottetti riflettono situazioni cronologicamente antecedenti nelle quali domina ancora una volta il motivo dell'assenza della donna amata. Il gruppo dei Mottetti è seguito dalle tre liriche di Tempi di bellosguardo. Il movimento dell'opera è nell'insieme ascensionale: nell'ultima parte la poesia ricerca forme nuove, duttili e malleabili, trovandole in versi lunghi e lunghissimi.
La raccolta si presenta in definitiva come il prodotto di un'introspezione che non teme di affrontare il rischio dell'oscurità, in cui la vita sembra specchiarsi senza lasciare altra immagine, se non quella della non-appartenenza. Si tratta di una volontà di rispondere al male col silenzio, di affidare a una facoltà asservita, quale quella poetica, la possibilità di cavare un senso dalla realtà e il miracolo di conferire una ragione alla vita.
A cura della Redazione Virtuale
Milano, 11 marzo 2002
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