Goffredo Parise, Lodore del sangue
Rizzoli,
BUR, La Scala, 233 p.
Euro 7,75
odore del sangue fu scritto nellestate del 1979, a poca distanza da un attacco cardiaco che lasciò Parise incredibilmente debilitato e invecchiato. Quando il romanzo fu ultimato, lautore lo sigillò e lo lasciò scomparire in un cassetto. Per anni il romanzo rimase intatto, quasi superato delle successive esperienze di vita, dai viaggi, dai gusti e dagli esotici sapori, da nuovi interessi narrativi e tematici, come se lesorcismo efficacemente esercitato con quella scrittura avesse fugato il pericolo della morte vicina. Finché nel 1986, un rinnovato assalto della malattia circolatoria, risvegliando un fantasma noto e temuto e svelando una improvvisa falla nella provvista di tempo a disposizione, spinse Parise a recuperare Lodore del sangue per verificarne i contenuti. Alcune parti erano da ritoccare o da riscrivere, ma non ebbe più tempo di rivedere nulla. Dopo pochi giorni fu ricoverato in ospedale e qualche mese più tardi morì.
LOdore del sangue risente di questa sua particolare vicenda di nascita: scritto di getto, sa dellirruenza del bozzetto primitivo. Uno scritto a tinte forti, come un emorragia di sangue, non è mitigato dalle successive rivisitazioni che concedono aria e pause narrative. E serrato, dal ritmo incalzante, arriva al culmine con la concitazione di un attacco di panico. Presagi, paura, passioni e violenza.
Lodore del sangue è «il romanzo di unossessione» dice Cesare Garboli nella bella prefazione di Rizzoli, lossessione del sangue che dilaga purpureo da una ferita di guerra, che sale alla testa pulsante ed esacerbato in un accesso morboso di gelosia coniugale, il sangue testosteronico degli anni giovanili, della passione, lamore fisico, il desiderio carnale; il sangue con il suo odore infinitamente dolce e lievemente nauseante, a tratti esilarante come una boccata di ossigeno puro, odore al tempo stesso delle origini della vita, della condizione prenatale, dellinviluppo dei corpi amanti, ma anche livido e tumefatto, intaccato dalla putrefazione della vita che langue, presagio di malattia e cancrena, viziato dal vizio più assurdo: la morte.
Lodore del sangue racconta di un amore, anzi di più amori, diversamente percepiti, interpretati e vissuti dai personaggi: vicende sentimentali che si intrecciano, si determinano, luna favorisce il nascere dellaltra o la cessazione di una precedente relazione: lamore coniugale, epurato dalla fisicità, di Silvia per suo marito, lamore ingenuo della ragazza per il protagonista, linfatuazione ossessivamente ricambiata di un giovane di destra, prepotente e disarticolato, per una donna adulta, ed il sentimento involuto , antinomico e bicipite del protagonista per due donne. Da un lato la moglie cinquantenne fascinosa e borghese, con la quale condivide un rapporto complice e datato, ma ormai subito soltanto nella sua valenza platonica, che si sostanzia e si risolve nelle lunghe telefonate da una continua assenza, e dallaltro la ragazza, ventenne esuberante di giovinezza, parsimoniosa nelle parole, senza tanti contenuti e fruita con voluttà soltanto per il valore aggiunto di una condizione di stato involontaria, connaturata alla sua giovane età. Ed è proprio il protagonista, narratore che accende la fiaccola dellazione, ed una sorta di determinismo visionario e colpevole, proprio perché fondamentalmente consapevole, compie due destini, quello della ragazza e quello tragico di Silvia.
Le continue assenze del consorte spingono Silvia a cercare conforto in nuove leggere relazioni. Ma più che godere del nuovo sentimento, la donna, incapace di una propria autonomia sentimentale e soggiogata dallamore succube per suo marito, conduce un gioco stuzzicante provocando nelluomo, lontano e curioso, la gelosia ed il ritorno nella loro casa romana. Una rinnovata carica erotica e vitale ri-anima il rapporto per qualche tempo, lasciando intravedere una comunione ancora efficace. Eppure solo poche settimane bastano a far scivolare Silvia nella sua sfera emozionale consentita e nuovamente si torna alla consueta dimensione, che non è quella dellintimità sessuale più consona al bisogno di riscatto delluomo dallincipiente senilità, bensì quella dellaffetto quasi fraterno. La situazione nuovamente compromessa ed il torpore della moglie spingono il protagonista ad un nuovo allontanamento consumato tra le braccia dellamante pulsante . La relazione rimane schiava del mezzo telefonico.
Ma è proprio il dialogo telefonico confortante, complice e consuetudinario, che feconda la vita di lontananza e permette al narratore di poter godere della sua fuga. La relazione telefonica diventa, quindi, il luogo di maggiore conoscenza tra i coniugi, la dimensione in cui il protagonista ha una visione completa ed assoluta di sua moglie, quella in cui è in grado di capire anche la minima sfumatura comportamentale che sottende ad un mutamento più radicale. Egli sa, dalle pause, dalle reticenze, dalle omissioni , dai toni, dai respiri, dai silenzi , capire cosa succede allaltra. Ed un giorno, allimprovviso, come un senso sopito da tempo e tornato efficace, egli comincia a sentire il sangue , con il suo odore nauseabondo ed invitante, ed un presentimento di sciagura si abbatte su di lui. Da questo momento in poi lodore sarà sempre più bruciante e la sua concentrazione aumenterà allinverosimile ogni volta che la realtà dei fatti suffragherà i tristi presentimenti. Una veggenza colpevole, perché il protagonista è oscuramente consapevole che la sua capacità di poter presagire gli eventi è strettamente connessa alla sua possibilità di determinarli con i suoi comportamenti. Al riparo dal complesso di colpa non ci sarebbe stato nemmeno il romanzo.
Silvia, senza convinzione e per noia, si abbandona ad un altro gioco che lentamente la coinvolge sottraendola al raziocinio ed assoggettandola ad un meccanismo più ampio, un luogo senza vie di fuga, senza uscite di sicurezza, una palude di sabbie che ammicca, accende, accoglie calda e poi soffoca.
Mentre il ricordo delle labbra di Silvia contorte in una smorfia nauseata e violentemente erotica, delle lunghe gambe sode e dei capelli arruffati ed il tormento viscerale delle immagini inseguite nella mente degli amplessi voluttuosi della donna con il suo giovane amante stremano il protagonista, gli aprono gli occhi e lo conducono ad un delirio visionario, proprio quando gli eventi assumono la cadenza dellineluttabilità, il countdown finale è in moto, il tempo scorre veloce ed immutabile, ed inesorabile è lappuntamento col destino. Nessun altro appello, Silvia non chiamerà più.
«Non si seppe chi aveva ucciso Silvia e io sapevo però che il vero mandante ero io stesso».
Il sangue e la violenza dei sentimenti, come dire eros e thanatos, lantinomico connubio ancestrale, topos delle umane tragedie, è il tema di un romanzo moderno, storicamente contestualizzato e credibile, ambientato nella Roma violenta ed incendiata degli scontri politici e della strategia del terrore, che non cede al sentimentalismo né allo spirito giustificatorio borghese, che non cerca consensi bigotti e non teme giudizi moralistici o interpretazioni tra le righe, né presuntuoso psicologismo spicciolo o allusioni private.
Un romanzo così assurdo e assoluto Parise non ha bisogno di affidarlo al tono aulico e allaura sacrale del mito greco o delle tragedie shakespeareane: in uno stile scarno, consueto, quotidiano presenta la passione con tutta la sua tragica drammatica potenza reale e simbolica.
Milano, 25 marzo 2003
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