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PER CURIOSITA', IL DESIDERIO DI SCOPRIRE E CONFRONTARSI NEL LIBRO CHE LO STESSO CESARE SEGRE DEFINISCE "UNA SPECIE DI BIOGRAFIA" |
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Per curiosità (1999) |
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Consta di trenta capitoli il libro, il cui titolo, Per curiosità, è immediatamente indicativo di quale sia stata la molla dellesistenza di Cesare Segre: la voglia di scoprire e confrontarsi, crescere e conoscere, propria soltanto dei grandi intelletti, abili anche a maneggiare gli strumenti dellironia e del sarcasmo, filtri necessari quando ad andare in scena è la realtà tragica, dolorosa ma anche di profondo rinnovamento del XX secolo: la terribile epoca che ha segnato mutamenti mai innanzi sperimentati. Un concetto, questultimo, che lautore ribadisce anche nella prefazione del libro e considerato, non senza motivo, soltanto una giustificazione per laver scritto (lui, non partecipe di eventi memorabili, curiosi o divertenti, degni di essere condivisi) unautobiografia. Ma ecco, più avanti, la rivelazione dellintenzione scrittoria: i tempi apocalittici in cui Segre è vissuto, la loro prospettiva e il loro significato sono senza ombra di dubbio meritevoli di essere conosciuti dai più giovani, vittime di una sottrazione crudele e ingiustificata, quella della memoria, senza la quale guardare oltre è arduo. Un'ulteriore legittimazione deriva dallattività di critico e teorico dellautore, protagonista di eventi culturali decisivi, insieme con gli studiosi che hanno contribuito a determinarli. Questo, dunque, il vero motivo della volontà di narrare, dove inevitabilmente si intrecciano i ricordi e i pensieri messi, però, in secondo piano dallimportanza dei fatti e minacciati da una memoria fievole dal punto di vista cronotopografico, anche se straordinariamente viva dal lato del bagaglio didattico che avvenimenti e reazioni portano con sé. La struttura si basa, così, sugli episodi della vita, i flash dei momenti rilevanti da fissare e da integrare in una serie di capitoli tra loro indipendenti. Presenti, sebbene in misura più modesta, gli interventi autobiografici sfociati nella forma paradossale dellautointervista, capace spiega lo stesso Segre «di evitare lipertrofia dellio, e di facilitare transizioni e mises en relief», con il fittizio intervistatore a ricoprire il ruolo funzionale di spalla. Interessante anche lartificio del dialogo tra due persone che parlano dellautore, oppure lalternanza della voce di Segre in prima persona, insieme con quella di un narratore esterno che lo individua per nome utilizzando la terza persona. Molti, comunque, restano i capitoli scritti in prima persona, nei quali, lasciati da parte gli artifici stilistici, prevale il semplice racconto del ricordo e degli affetti. Difficile scegliere su quali momenti della narrazione e della vita di Cesare Segre porre lattenzione, ma, a mio avviso (spinto a questa decisione anche da un forte trasporto emozionale scaturito dalla lettura) sono in particolar modo quattro i picchi più alti di questa «specie di autobiografia»: i capitoli XII, XVIII, XXIX e XXX. Santità, questo il titolo del dodicesimo capitolo, una vera e propria lettera aperta firmata da Cesare Segre, ebreo laico e liberale, e indirizzata al Sommo Pontefice, Giovanni Paolo II, uomo del dialogo e della tolleranza. Lo spunto è la visita del Papa alla sinagoga di Roma il 13 aprile del 1986, il suo abbraccio con il rabbino capo Toaff, capace di cancellare, almeno per un attimo, millenni di sofferenze di un popolo, ingiustamente accusato di deicidio da una distorta e strumentale interpretazione biblica tradizionale. Lautore si interroga sui Vangeli, sottolinea lappartenenza di Gesù Cristo alla razza ebraica «Ebrei sono Gesù e la sua famiglia, ebrei gli amici: Marta, Maria, Lazzaro, Maddalena; ebrei sono i seguaci di Gesù, in particolare tutti gli apostoli. Le folle che applaudono Gesù e ascoltano la sua parola sono composte esclusivamente di ebrei» , provando a comprendere quale sia il motivo misterioso per il quale i figli debbano pagare le colpe dei padri che sbagliarono nel decretare la morte di Cristo. La vittoria del Cristianesimo sullEbraismo è stata indubitabile e priva di contrapposizioni, ma questo non è servito ad appianare lo scontro, anzi, ha dato inizio alla persecuzione razziale protrattasi nei secoli e presente ancora oggi. Segre analizza la condizione del suo popolo, costretto dalla diaspora a vivere come minoranza tra una moltitudine che, in ogni istante e in poco tempo, poteva annientarla. Peggio ancora la condizione di capro espiatorio imposta agli ebrei dalla storia, frutto di becere convenienze da dare in pasto alle masse ignoranti. Il futuro sarà, comunque, di cambiamento, come si evince dalla chiusa del capitolo, dove, ripartendo dallo spunto iniziale, Segre auspica che quellabbraccio epocale possa rappresentare il presupposto di un mondo nel quale i contrasti religiosi siano completamente assenti, cancellati anche da quel gesto profetico di concordia tra le due autorità religiose, per il quale l'anziano studioso sente in animo di ringraziare Sua Santità. Nel capitolo XVIII Papà Segre ricorda la figura paterna, la sua scomparsa precoce e il dolore, ancora oggi vivo, per quella perdita. Lalternanza fra il racconto e la rievocazione di immagini ad esso legate è straordinariamente efficace sia per la nitidezza quasi cinematografica con la quale riemerge quel genitore tanto amato sia per la purezza emozionale dei sentimenti filiali, immutati nonostante il susseguirsi degli anni. Cesare è di nuovo quel bambino che si gira a guardare il padre mentre sono in bicicletta, o ad una festa, dove entra in scena lesclusiva comunanza tra genitore e figlio. Poi il dolore per una cattiva notizia e la mente che corre alla napoletana che sorride sul fuoco e al sorriso paterno alludire quel rumore fatidico. La preghiera, la veglia in ospedale e ancora unimmagine: il broncio di Cesare perché proprio quel giorno papà si era dimenticato di portare il giornale, e la paura che lui sia andato verso la morte con lamarezza nel cuore, originata da quel litigio. Il tutto intriso dei ricordi della Seconda guerra mondiale, la sofferenza dovuta al solo fatto di essere ebreo, la perdita del lavoro, e di nuovo immagini paterne, come quando egli raccontava limpressione suscitatagli dallaver visto il tempio bombardato o la paura di quella volta, quando lufficiale nazista non si accorse del suo cognome, lasciandolo passare. E arriva la morte e con essa la disperazione di non avere come vivere, perché papà, nonostante i pochi mezzi di sostentamento, aveva voluto che Cesare, invece di insegnare in una scuola secondaria, si preparasse agli esami per la libera docenza. Passa un ricordo: il giorno della laurea, la tristezza soffocante di pensare a un futuro di grigio insegnante in un ginnasio a al liceo. Langoscia di dover abbandonare la filologia. La morte paterna diventa un tradimento, Cesare rimane solo a combattere con le dure prove del quotidiano: diventare il perno della famiglia, riuscire soltanto oggi a pensare, senza piangere, a quel padre perduto, cui Segre, ritrovata la forza di parlargli, riconosce il merito di averlo reso il ragazzo di ieri e luomo di oggi «se cè qualcosa di buono in me, il merito è tuo». Nel penultimo episodio del libro Senilità , lautore esamina la condizione della vecchiaia, relazionandola al mondo e al progresso dei nostri tempi. Straordinaria, a dir poco, la percezione delletà ormai avanzata, le difficoltà della memoria e del fisico e il vivere una situazione difficile se rapportata agli anni precedenti, quando tutto era diverso. Durante il periodo senile, inevitabilmente, si avverte lavvicinarsi della morte, quella conclusione del tutto, così simile alla paura della malattia e della perdita dellautosufficienza. Il sapere, gli anni passati a studiare, esaminare, confrontare, sviluppare temi, un esercizio che, nel momento in cui si avvicina il crepuscolo della vita, diventa sempre più incompiuto e statico, fermandosi agli stadi quasi iniziali. Portare con sé le tante conoscenze acquisite e i tanti anni di studio, destinati anchessi a scomparire con la morte «Che spreco!» e poi sarà qualcun altro a riavviare la catena. Sapere, preventivamente, di non essere destinati alla fama, perché saranno gli studiosi che verranno in seguito a prevalere con nuove teorie che offuscheranno gli studi precedenti, perché la materia filologica di per se stessa sembra destinata, nel tempo, a scomparire. Infine, lanalisi di un mondo dal quale ci si dovrà staccare: bello, emozionante soltanto quando è mancato lintervento delluomo a distruggere e alterare, quella stessa razza umana che ha inventato i miti delletà delloro e dellera messianica pur di non accettare la parabola della conclusione della specie. La giustizia dovrebbe portare tranquillità, serenità e armonia, ma essa «non è ancora alla nostra portata e chissà se potrà esserlo». Profetico e analiticamente lucido lultimo capitolo del libro, Dialogo di Tristano ed un amico, nel quale Segre, riadattando un diaologo partorito dallintelletto di Giacomo Leopardi, osserva con malcelato distacco le vicende contemporanee, giungendo, con un anticipo di diversi anni, ad individuare i problemi del nostro tempo: dalla questione politica alle guerre fino allambiente, inquadrati in una logica paradossale, ma, purtroppo, nellattualità, reale. Non mancano i riferimenti al ruolo ricoperto dalla televisione « tutti gli uomini sono paghi di consumare molto tempo, anche molte ore al giorno, davanti a quei cubi che dicono televisori» al triste declino della politica «I favori cadranno sul candidato (o la candidata) più presente sugli schermi, che avrà sorriso meglio, che avrà accarezzato le aspirazioni più basse degli elettori, che avrà saputo raggirarli più trivialmente, magari raccontando barzellette; si può esser certi che quello avrà maggiori probabilità di successo» alle recenti riforme dellattuale esecutivo «Uno era il federalismo, dato che da anni un movimento federalista, poi diventato secessionista, poi di nuovo federalista, pretende la separazione delle regioni del settentrione dal resto dellItalia» ai volti più o meno nuovi di Palazzo Chigi «E siamo proprio in tempi in cui tutti si dicono liberali. Ma cè un ma. Luomo ricchissimo e potente che governa oltre a tre emittenti televisive, ad alcuni giornali e a tante altre imprese, anche lopposizione parlamentare, è incappato in vari incidenti giudiziari». Inoltre, i conflitti mondiali, in preoccupante ascesa rispetto allinizio e alla metà del Novecento «Mi spiace, ma devo deludervi. Il numero di guerre scoppiate nel secolo scorso è altissimo: un elenco aggiornato non esiste nemmeno; nessun continente ne è scampato. Anche a limitarsi al grezzo calcolo delle vittime, si raggiungono e superano le centinaia di milioni. Sono variamente motivate: religiose, razziali, tribali, commerciali, nazionalistiche, espansionistiche. Ciò che le caratterizza è il continuo perfezionamento delle armi, ogni volta più distruttive» e lambiente, violentato e corrotto dal genere umano «Eppure non vi ho detto ancora il peggio. Gli uomini hanno considerato il pianeta in cui vivono come cosa loro, e ne hanno fatto un uso dissennato». «Ma cè un aspetto che supera tutti gli altri. È il problema della spazzatura noi viviamo tra la spazzatura, in attesa di essere divorati dalla stessa spazzatura.» Regna, nonostante tutto, nelle ultime righe del libro, la speranza: «Preferisco prendere i vostri discorsi come un grande sistematico esercizio scherzoso di spaurimento, e restare convinto che il mondo, a partire dal 2000 ormai imminente, saprà raggiungere presto una condizione di pace perfetta E non ditemi che ora le parole mie rischiano dessere imputate di sarcasmo.» A cura della Redazione Virtuale Milano, 6 ottobre 2004 |
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I commenti dei lettori
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