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POEMI CONVIVIALI CONTIENE 20 COMPONIMENTI DI GIOVANNI PASCOLI TRATTI DA MITI E LEGGENDE DELL'ANTICHITÀ CLASSICA |
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FORUM | CONTRIBUTI | RIVISTA |
Poemi conviviali (1894 - 1904) |
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La raccolta comprende 20 poemetti che si rifanno a temi e personaggi del mondo classico greco e latino. Da Solone a Ulisse; da Psyche a Cristo. Pascoli rivisita questi personaggi con il suo animo incerto, perplesso e decadente e per questo motivo molti di questi personaggi perdono la loro tradizionale forza per assumere un carattere e un comportamento decadente e incerto.
«In questopera si assiste ad una strana contaminazione tra due mondi in netta opposizione: il classico e il decadente. Il primo, espressione della solarità, dellequilibrio, della razionalità; il secondo, regno delle tenebre, dellinquietudine, dellirrazionale. Attraverso unoperazione estetizzante, sia nella rievocazione erudita di miti e di atmosfere, che nel preziosismo decorativo alessandrino - parnassiano, Pascoli spoglia il personaggio classico della sua olimpicità e gli dà unanima decadente, con le sue incertezze, i suoi smarrimenti e langoscia esistenziale». Lesempio più clamoroso è Ulisse che perduta tutta la sua forza tutta la sua dignità, diventa un uomo dubbioso quasi pauroso. Il poema Lultimo viaggio composto da 24 parti, ripercorre lodissea che, nello spirito decadente, termina con i famosi versi: «Non esser mai! Non esser mai! Più nulla, I critici e gli studiosi interpretano questi versi con il significato di non essere è meglio che essere cioè è meglio non nascere che nascere perché la morte è più dolorosa che non nascere. Ecco come spiega F. Puccio: «E meglio non essere mai vissuti (non essere mai) forse ciò rappresenta un totale senso di vuoto (più nulla) ma è meno doloroso (ma meno morte), piuttosto che vivere sapendo di dovere un giorno morire.» Tuttavia non sembra meno plausibile l'interpretazione opposta: Non essere mai, non essere mai, morire, ma la morte è meno dolorosa che non nascere mai, ovvero, è meglio vivere perché la morte è meno dolorosa che non nascere mai! Ed ecco la bella spiegazione di F. Puccio: «LUlisse pascoliano perde la fermezza danimo, la solidità interiore e lintegrità della psiche che gli aveva dato Omero. Diventa lemblema delluomo moderno che si smarrisce nei labirinti interiori, tormentato dalla crisi di identità e dalla caduta delle certezze. Egli, già vecchio, riprende i viaggi in mare di una volta, rivede i luoghi di un tempo e ripercorre le tappe del proprio passato per ritrovare la coscienza smarrita. Nellincontro retrospettivo con le sirene, Ulisse è luomo che ha percorso tutto il mondo conosciuto, che ha esaurito ogni tensione cognitiva verso lesterno e che ora si ripiega allinterno degli oscuri meandri del proprio Io per chiedere ad esse disperatamente che egli sia, chi sia stato, a ciò che ha vissuto. Davanti a Calipso, non è più luomo fiero della propria umanità che rinunziò allimmortalità promessa dalla dea, ma è ridotto ad una larva di ciò che era, con sul volto il pallore e i tremiti della morte: lagonismo, leroismo, l'ulissismo dantesco di chi non ha voluto «negar lesperienza / di retro al sol, del mondo senza gente» crolla impietosamente davanti alla lacerante conclusione pascoliana. Il poeta toglie ogni significato ideale, svuotandola di ogni valore, riducendola al nulla più assoluto: è la negazione più assoluta del vitalismo, è lespressione più disarmante del nichilismo rinunciatario». A cura della Redazione Virtuale Milano, 03 maggio 2006 |
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I commenti dei lettori
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