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n arcobaleno fissato alla sabbia. Le poesie di Filippo Ravizza sono sospese tra cielo e terra, tra due orizzonti opposti, tra vocazione aerea e natura terragna. Un arcobaleno fissato alla sabbia. Le poesie di Filippo Ravizza sono sospese tra cielo e terra, tra due orizzonti opposti, tra vocazione aerea e natura terragna.
Prigionieri del tempo, l'ultima raccolta di Ravizza, pubblicata dall'editore Michelangelo Camilliti per LietoColle, libricini da collezione, è opera completa ed organica. E il Tempo, che scandisce il ritmo di quasi tutta la raccolta, profila la nostra finitezza, a condannare all'oblio le nostre piccole esistenze, salvo trovare nella poesia, «sola parola che esce dal rumore» una riserva ultima e inattesa. Siamo messi di fronte così ai temi della nostra tradizione poetica che Ravizza non riscopre ma fa rivivere. La Natura ed il destino umano; l'oblio e il viaggio: grazie a Ravizza, Leopardi e Foscolo riemergono dalla fissità accademica per scovare domande che abbiano ancora oggi un senso umanamente intimo. «Nel poeta milanese » leggiamo dalla prefazione di Gabriela Fantato «si coglie come la nostra tradizione poetica sia ancora presente in senso vivo e proficuo, in quanto egli attua una sorta di dialogo con questi autori e li rende presenti (...).»
La raccolta è divisa in tre sezioni. La prima è aperta dalla poesia Mare. Quindi, la seconda, che porta il titolo: Verso la Francia. Infine, la terza, dal titolo: Favole (tempo). Nella prima sezione si percepisce con evidenza la scansione musicale del verso grazie ad un uso sapiente di allitterazioni ed anafore. E prevalgono due tempi su tutti: l'imperativo e il futuro. Il risultato è che la poesia assume il tono ora di un testo musicale ora di una preghiera. E si percepisce lo stare a terra, la tensione al cielo, lo scatto verso l'alto, ad unire quei due orizzonti opposti ed allo stesso tempo vitali.
La poesia Mare che apre la silloge è il pezzo di bravura di tutta la raccolta. «Ecco cresce accanto / accanto alle corsie / mentre corrono lungo / le rive alati i campi / le straordinarie attese / mentre oggi alzano / gli aquiloni sopra le spume (...)». Sospensioni, esclamativi, riprese e riattacchi: si squaderna davanti a noi un vero e proprio spartito musicale a cantare la «pazzia santa dei bambini!» Quella follia, «solida come cosa reale», che permette lo stupore che si chiede ancora «(...) come mai potessero librarsi / restare in aria come / sogni e non cadere / precipitare a terra / (...) precipitare a terra / come poveri uomini (...)». Come mai, dunque, gli aquiloni possono restare in cielo e non restare fissi alla rena.
Se il tempo è una delle presenze principali della raccolta, con le altre due sezioni ad esso si affiancano i Luoghi. Tempo e Luoghi quali categorie dell'anima, assi delle nostre esistenze. I luoghi: le pietre ed il mare della Sardegna o il verde di Borgogna; il cielo di Milano o le Termòpili... Luoghi da abitare, come può essere abitata la poesia, quale «casa dell'essere» - come ci ricorda ancora Gabriela Fantato. In questa «casa» attendiamo ancora «l'altro», quel «tu che non ci guardi / e sei nei nostri cari occhi tu / enigma puro suono di nome.» Nella nostra solitudine, a quel suono di nome, trasaliremo. E usciremo di casa insieme.
Come nella sua vocazione editoriale il libro è bello, con dipinti di Ottavio Rossani.
A cura della Redazione Virtuale
17 maggio 2006
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