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LA RABBIA E L'ORGOGLIO, DI ORIANA FALLACI, LA FINE DI UN SILENZIO DURATO DIECI ANNI |
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La rabbia e l'orgoglio (2001) |
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«Mi chiedi di parlare, stavolta. Mi chiedi di rompere almeno stavolta il silenzio che ho scelto, che da anni mi impongo per non mischiarmi alle cicale. E lo faccio. Perché ho saputo che anche in Italia alcuni gioiscono come laltra sera alla Tv gioivano i palestinesi di Gaza. "Vittoria! Vittoria!". Uomini, donne , bambini. Ammesso che chi fa una cosa simile possa essere definito uomo, donna, bambino. Ho saputo che alcune cicale di lusso, politici o cosidetti politici, intellettuali o cosidetti intellettuali, nonché altri individui che non meritano la qualifica di cittadini, si comportano sostanzialmente nello stesso modo. Dicono: "Gli sta bene, agli americani gli sta bene". E sono molto, molto arrabbiata. Arrabbiata duna rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza. Che mi ordina di rispondergli e anzitutto di sputargli addosso. Io gli sputo addosso.» Il racconto della Fallaci, insieme alla sua capacità di esplicitarsi ed esplicitare in virtù dun talento che vive di parole semplici, ma significanti, è giunto come uno sparo nel cervello e così tutti hanno potuto intravedere e riconoscere il terrore; assaggiare e percepire il vuoto che solo langoscia e il tormento, quando scavano incarogniti, sanno far provare, in fondo a tutto, là dove dormono quei sentimenti che a ridestarli danno i brividi: «Ero un pezzo di ghiaccio. Anche il mio cervello era ghiaccio. Non ricordo nemmeno se certe cose le ho viste sulla prima torre o sulla seconda. La gente che per non morire bruciata viva si buttava dalle finestre degli ottantesimi o novantesimi piani, ad esempio. Rompevano i vetri delle finestre, le scavalcavano, si buttavano giù come ci si butta da un aereo avendo addosso il paracadute, e venivano giù così, lentamente. Agitando le gambe e le braccia, nuotando nellaria. Sì, sembravano nuotare nellaria. E non arrivavano mai. Verso i trentesimi piani, però, acceleravano. Si mettevano a gesticolar disperati, suppongo pentiti, quasi gridassero help - aiuto - help. E magari lo gridavano davvero. Infine cadevano a sasso e paf!» Il pensiero della Fallaci sullAmerica e sullItalia due Paesi che, messi a confronto, sono lontani non solo sulle cartine, ma anche nellanima, come fossero, in sostanza, due pianeti infilati nello stesso universo, ma solo per caso quel pensiero, si diceva, è posto sotto una luce da cui tanti si sono sentiti e si sentiranno ancora per molto accecare: «È un paese così diviso lItalia, così fazioso, così avvelenato dalle sue meschinerie tribali! Si odiano anche allinterno dei partiti, in Italia. Non riescono a stare insieme nemmeno quando hanno lo stesso emblema, lo stesso distintivo, perdio! Gelosi, biliosi, vanitosi, piccini, non pensano che ai propri interessi personali. Alla propria carrieruccia, alla propria gloriuccia, alla propria popolarità di periferia. Per i propri interessi personali si fanno i dispetti, si tradiscono, si accusano, si sputtanano... Io sono assolutamente convinta che, se Usama Bin Laden facesse saltare in aria la torre di Giotto o la torre di Pisa, lopposizione darebbe la colpa al governo. E il governo darebbe la colpa allopposizione. I capoccia del governo e i capoccia dellopposizione, ai propri compagni e ai propri camerati. E detto ciò, lasciami spiegare da che cosa nasce la capacità di unirsi che caratterizza gli americani. Nasce dal loro patriottismo.» «Il fatto è che lAmerica è un Paese speciale, caro mio. Un Paese da invidiare, di cui essere gelosi, per cose che non hanno nulla a che fare con la ricchezza eccetera. Lo è perché è nato da un bisogno dellanima, il bisogno davere una patria, e dallidea più sublime che luomo abbia mai concepito: lidea della Libertà, anzi lidea della libertà sposata allidea di uguaglianza.» E la rabbia della Fallaci trabocca dalle parole scritte; la stizza non può essere contenuta, perché ora si tratta di difendere ciò che è proprio, primo fra tutti il costume o chiamiamolo pure spirito motore e qualificante di ogni Paese: «[...] Ecco dunque la mia risposta alla tua domanda sul Contrasto delle Due Culture. Al mondo cé posto per tutti, dico io. A casa propria tutti fanno quel che gli pare e se in alcuni paesi le donne sono così stupide da accettare il chador anzi il velo da cui si guarda attraverso una fitta rete posta allaltezza degli occhi, peggio per loro. Se son così scimunite da accettar di non andare a scuola, non andar dal dottore, non farsi fotografare eccetera, peggio per loro. Se son così minchione da sposare uno stronzo che vuol quattro mogli, peggio per loro. Se i loro uomini sono così grulli da non bere la birra e il vino, idem. Non sarò io a impedirglielo. Ci mancherebbe altro. Sono stata educata nel concetto di libertà, io, e la mia mamma diceva: Il mondo è bello perché è vario. Ma se pretendono di imporre le stesse cose a me, in casa mia... Lo pretendono. Usama Bin Laden afferma che lintero pianeta terra deve diventar musulmano, che dobbiamo convertirci allIslam, che con le buone o con le cattive lui ci convertirà, che a tal scopo lui ci massacra e continuerà a massacrarci. E questo non può piacerci, no. Deve metterci addosso una gran voglia di rovesciar le carte, ammazzare lui.» E tra tutti, LItalia, una cultura che la Fallaci dichiara di amare in modo viscerale e appassionato: «Io sono italiana. Sbagliano gli sciocchi che mi credono ormai americana. Io la cittadinanza americana non lho mai chiesta. Anni fa un ambasciatore americano me la offrì sul Celebrity Status, e dopo averlo ringraziato gli risposi: Sir, io allAmerica sono assai legata. Ci litigo sempre, la rimprovero sempre, eppure le sono profondamente legata. LAmerica per me é un amante anzi un marito al quale restrò sempre fedele. Ammesso che non mi faccia le corna. Voglio bene a questo marito. E non dimentico mai che se non si fosse scomodato a fare la guerra a Hitler e Mussolini, oggi parlerei tedesco. Non dimentico mai che se non avesse tenuto testa allUnione Sovietica, oggi parlerei russo. Gli voglio bene e mè simpatico. Mi piace ad esempio il fatto che quando arrivo a New York e porgo il passaporto col certificato di residenza, il doganiere mi dica con un gran sorriso: Welcome home, benvenuta a casa. Mi sembra un gesto così generoso, così affettuoso. Inoltre mi ricorda che lAmerica è sempre stata il Rifugium Peccatorum della gente senza patria. Ma io la patria ce lho già, Sir. La mia patria è lItalia, e lItalia è la mia mamma.» Infine il saluto della scrittrice, il ritorno alla probabile, chissà quanto lunga e ostinata, chiusura nel silenzio. E il senso dun irremovibile, taciturno destino, già pesa: «[...] Col che ti saluto affettuosamente, caro il mio Ferruccio, e tavverto: non chiedermi più nulla. Meno che mai di partecipare a risse o a polemiche vane. Quello che avevo da dire lho detto. La rabbia e lorgoglio me lhanno ordinato. La coscienza pulita e letà me lhanno consentito. Ma ora devo rimettermi a lavorare, non voglio essere disturbata. Punto e basta.» A cura della Redazione Virtuale Milano, 30 settembre 2004 |
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