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Mario Soldati nei racconti di Salmace descrive una borghesia anomala |
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Salmace (1929) |
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Il nome della ninfa era Salmakys, Salmace nell'italiano purificato del Ventennio, e Salmace è il titolo della raccolta di racconti che nel 1929 ha rappresentato l'esordio letterario di Mario Soldati. Chissà cosa si proponeva l'autore torinese quando scrisse i brani che la compongono, chissà se nell'intenzione del suo estro ironico Salmace facesse rima con orbace...? Si tratta di sei racconti che hanno in comune la particolarità di rappresentare delle situazioni anomale, riferito alle quali, il sostantivo trasgressivo non renderebbe pienamente l'idea e degenerato conterrebbe un nota moralista che la scrittura, agile e leggera, non lascia trasparire. Tuttavia, di questo si tratta: di situazioni di ordinaria quotidianità, per così dire, andate a male. Il primo racconto, Vittoria narra di un matrimonio in cui l'amore si è perso nella noia, nella prevedibilità di giorni tutti uguali. Il marito torna in anticipo da un viaggio di lavoro per scoprire che la moglie lo tradisce. Superata la sorpresa e l'iniziale bruciore nell'orgoglio ferito, si accorge che questo incidente gli impone di rivedere il giudizio sulla personalità della moglie. Forse, addirittura di osservarla per la prima volta. Si accorge così che la cosa lo intenerisce, lo eccita e, dopo tanto tempo... Il secondo, Pierina e l'aprile, racconta brevemente di una relazione giunta al capolinea, perché Franz è afflitto da un male incurabile e, infatti, muore. Con grande felicità di Pierina che, dopo aver vegliato amorevolmente, quasi maniacalmente, il compagno fino all'ultimo respiro, si sente finalmente libera di tornare a fare la vita. Non c'è da stupirsi che il brano che dà il titolo alla raccolta racconti una storia di ermafroditismo. Per inciso, si tratta anche del racconto più divertente, dove il gusto di Soldati per il paradossale e per l'ambiguo meglio si esprime, sposando la felicità di una scrittura che si destreggia tra il poco espresso benissimo, e il non detto, taciuto magistralmente. «Se io fossi una scritttrice di romanzi potrei ora veramente comporre parecchi capitoli interessanti sui casi comici e sentimentali che nacquero da quella curiosa discordanza tra la mia nuova femminilità nascosta e il mio vecchio genere di vita.» Scenario è invece una storia di omosessualità, di amicizia e di attrazione (chissà se è lecito usare la parola amore?) che si svolge tra i corsi dello struscio di Torino e la camera di un albergo di Venezia, tra un insegnante e un ex-allievo. Mio figlio è il racconto epistolare del doppio tradimento (di una moglie nei confronti del marito e di un padre nei confronti del figlio) che si verifica quando la scintilla dell'attrazione scocca tra il suocero e la nuora. Segue la storia Fuga in Francia di un uomo che aiuta il marito di una donna con cui ha avuto in precedenza un affair e il socio di questi, oltre alla donna di cui si diceva, a espatriare clandestinamente e avventurosamente attraverso un valico montano, inseguiti da un mandato di cattura per bancarotta fraudolenta. Il concerto è il brano di chiusura nel quale una figlia di un uomo facoltoso, sulla via di diventare una pianista apprezzata, si umilia per amore di un'altra donna, una soubrette del varietà, con la quale, per pura coincidenza, il padre ha intrecciato una relazione. L'umanità descritta da Soldati in questi racconti è, come si diceva, anomala: un'umanità borghese che esteriormente vive accampata nei salotti, assistita da almeno due domestici, che si muove in automobile, guidata dallo chauffeure, scende impellicciata al Grand Hotel e la sera applaude l'avanspettacolo del varietà, e nel privato.... A margine di queste deviazioni, tollerate, purché taciute o al massimo sussurrate, nella realtà storica di quegli anni il regime persegue una rigida repressione politica. L'anno precedente all'uscita di Salmace (1929) il tribunale speciale aveva condannato Antonio Gramsci a 20 anni (morirà in carere). Lo stesso anno, vengonno firmati i Patti lateranensi. Soldati che ha 23 anni, ha ricevuto una severa educazione dai gesuiti e partecipa, immaginiamo, alla vita della classe a cui appartiene si impossessa sfrontatamente di questa ambiguità, tra repressione e trasgressione, tra apparenza e sostanza, tra inflessibilità per i peccati altrui e indulgenza per i propri, per farne la cifra di una scrittura elegante; una caratteristica che porterà avanti coerentemente nelle opere successive, nascondendo il moralismo dietro i virtuosismi e l'ironia di una penna infallibile. Non è il caso di attribuire all'autore un intento antifascista che forse non aveva ancora chiamiamolo dunque antipatia ma ci piace pensare che in fatto di burla, il soggetto non arretrava di fronte a nessuno e, tanto più si prendevano sul serio, tanto più lui... L'anno successivo usciranno altri due libri importanti: Fontamara di Silone e Gente in Aspromonte di Alvaro. Mentre la borghesia annoiata degenera silenziosamente nelle grandi città del Nord e del Centro, il proletariato delle campagne arranca soffrendo liricamente. Cesare Garboli, nella nota che conclude l'edizione Adelphi fa notare che Giuseppe Antonio Borgese, dalle pagine del «Corriere», in quello stesso 1929 si era trovato a recensire anche un'altro esordio leggendario: Gli indifferenti, nel quale Alberto Moravia mette in scena il proprio serraglio personale di fantasmi borghesi. Sono effettivamente due esordi significativi, nei quali, a posteriori, si può riconoscere quello che sarebbe stato il senso del Novecento letterario italiano. Milano, 15.10.2006 |
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