Andrea Zanzotto, Sovrimpressioni
Mondadori, 2001
Lo Specchio, 134 p.
Euro 9,30
glu glu glo globalità
orse alla fine scaturirà nel paradiso. Intanto, il crimine essenziale di questo tempo post-hiroshima, la catastrofe vera che resta strascicata dietro la marcia trionfale della Globalizzazione, è la distruzione del paesaggio. Di ogni paesaggio. Ma luomo, senza i numi buoni di un suo mondo, luomo nato e vissuto nellindifferenziato delle conurbazioni, cosè? È dalla natura che viene «il bene/ dellidentità, dell "io"
»
Da tempo la «glu glu glo globalità», «con aghi, pixel, pus, frustoli di stars», si è presa la Terra. Un paesaggio puro, non ferito, non ridotto a fragile enclave di beltà nella metastasi del tutto-uguale non cè. La natura è «ora travolta in misura di loschi affari/ fatta da bulbi oculari/ incendiati/ dal re di denari».
Ogni feudo antico è «già condannato agli sbanchi/ alla tecnica penitenza» e, al suo posto, OGM, frutti dei diecimila Frankenstein dal «cerebro gremito di voglie di dominio/ eppure sazio nel suo narciso-autismo». Resta puro il segreto di bellezze minimali, forse sempre sul punto di un addio misterioso da noi: le bacche di rosa canina, il riflesso verde sul fiume, il blu e il rosa della neve. È talmente tanto il paesaggio che, «nellambito infinito di un solo sguardo», in «ogni picosecondo del vivere», si dà infinitamente più bellezza di quanto sia cantabile per un poeta. Eppure niente di più preciso di una lingua poetica, niente di più vicino al creato, di più erotico e sottile.
Tanto più nellintimità concessa da una parola poetica, la natura si mostra comè: è il paradiso che ci sta sotto gli occhi da sempre e che, come in certi sogni, pare proprio a portata di mano, ma forse solo ingannevolmente. La parola bella, lodandola, sfiora la bellezza delle cose, ma «Nessuno ha mai/ immaginato abbastanza» il più semplice degli orti. Di fronte al fiume che riflette gli alberi, come Orfeo dietro alla sua Euridice, corre lo «scioglilingua per ogni/ specie di verdi».
E una fogliola che cadendo, sola,
nel lontanissimo
di un centro senza senso, in un dove
eccentrico nel suo stare,
ad ogni cosa fornisce prove:
luce in sé intenta a sfidarsi a sfidare.
Il paesaggio è il paradiso in terra, e luomo, che può annientarlo, non può essere paesaggio. Certo, potrebbe custodirlo in modo ben più fedele e donarsi un dire che ascolta, parole che aprano in lui lo spazio di un ascolto più puro e disarmato di bellezze incommensurabili:
non emanare, voce, non imitare sparendo
non dislocarti entro un proibito essere
non proibirmi di essere
Zanzotto a ottobre compirà ottantanni. Scrive poesie «di così oscura e abbagliante vastità» (Giovanni Raboni) da lasciare senza fiato.
A cura della Redazione Virtuale
Milano, 21 maggio 2003
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