Piero Chiara, La stanza del vescovo
Oscar Mondadori, 2000
13 ed., Euro 6,20
ellestate del 1946 il narratore, reduce dallinternamento in Svizzera, attraversa il Lago Maggiore a bordo della sua barca, la Tinca, e nel porto di Oggebbio simbatte in Temistocle Orimbelli, laureato in legge che non esercita alcuna professione e vive a Villa Cleofe con la ricca moglie (dalla quale la villa prende il nome) e la cognata Matilde, che ha sposato per procura il fratello della signora. Divenuto ospite fisso della famiglia, il giovane si vede assegnare la stanza - cui allude il titolo - in cui ha dormito un vescovo, prozio di Cleofe, del quale larmadio conserva ancora il vestito.
Il narratore e lOrimbelli trascorrono insieme molte giornate, compiendo a bordo della Tinca una serie di perlustrazioni del lago che ben presto fanno emergere il vero temperamento del dottor Orimbelli: tornato in Lombardia dopo un lungo periodo trascorso in Africa, egli passa il tempo a rimpiangere la giovinezza perduta e, soprattutto, a collezionare avventure erotiche, anche a spese del suo compagno di viaggio. Una notte Temistocle confida allospite la propria relazione con Matilde, e anche il fatto che il cognato è vivo ma ha preferito far fortuna in Africa come uomo di fiducia del Ras locale.
In settembre la misteriosa morte della signora Cleofe segna un punto di svolta nella vicenda: la polizia parla di suicidio e qualche mese dopo, scaduti i dieci anni necessari a dichiarare morto il primo marito, Matilde sposa lOrimbelli. Una sera daprile si presenta a Villa Cleofe Angelo Berlusconi, fratello della defunta, tornato dallAfrica a causa di una lettera che Cleofe, preoccupata per la propria vita, gli aveva spedito: dalle indagini dellingegnere risulta evidente che la signora è stata uccisa da Temistocle per sposare Matilde ed ereditare il denaro di Cleofe e di Angelo. Allonta dellarresto il dottore preferisce il suicidio alla Condè e si impicca alla maniglia della finestra. Risolto il giallo, Angelo torna in Africa e il giovane ospite ha la possibilità di accettare lamore di Matilde, rimasta unica erede: una barca di passaggio sul lago gli ricorda però «che la vita è un misterioso viaggio» e che è tempo «di riprendere la strada e passare ad altri capi, ad altri porti».
Pubblicato nel 1976, il romanzo riscosse un grande consenso di pubblico e di critica, confermato dallassegnazione del Premio Napoli e dal film interpretato da Ugo Tognazzi e Ornella Muti per la regia di Dino Risi. Se lambientazione sul Lago Maggiore ha ricordato a Giancarlo Vigorelli modelli celebri come Addio alle armi di Hemingway e Piccolo mondo antico di Fogazzaro, va anche rilevato che si tratta del primo romanzo in cui lautore sceglie di narrare in prima persona, caratteristica di quasi tutti i romanzi successivi ad eccezione dellultimo, a testimonianza (o a conferma) di una forte componente autobiografica: nel romanzo del 1978 Il cappotto di astrakan la figura del sosia scomparso arricchirà il tema dellio narrante e del suo doppio di nuove suggestioni. Lambientazione storica ben precisa (siamo nellimmediato dopoguerra), la scelta della struttura del giallo (presente in altre opere dello scrittore, dai Giovedì della signora Giulia ai Saluti notturni dal passo della Cisa) e, soprattutto, la notevole introspezione psicologica fanno della Stanza del vescovo uno dei romanzi più significativi di Chiara: indimenticabili i ritratti dellOrimbelli, uomo di provincia che affida ai gloriosi ricordi di guerra i sogni di grandezza ormai tramontati per sempre, e di Matilde, figura ambigua ed affascinante, giovane vedova in bilico tra il rimpianto del matrimonio non vissuto e lerotismo latente pronto a manifestarsi.
A cura della Redazione Virtuale
Milano, 2 luglio 2002
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