B., scrittore, è scomparso.
Ad accorgersene è un amico che ne inizia la ricerca. Non è una ricerca per trovare, ma per capire, per conoscere. Forse è la sola forma di ricerca possibile per questo tipo di scomparsa. Una ricerca dettata dal bisogno di spiegare, di comprendere una persona che, probabilmente, non tornerà mai più, ma potrebbe tornare. Diversa dalla confortante sensazione di lutto che ci si concede nella certezza della morte.
Così, la possibilità della morte di B., seppur plausibile, non viene considerata nella sua crudele drammaticità. Lassenza di B. non è lassenza della morte, è lassenza della non presenza.
È un percorso lento, dettato più dal bisogno di cercare che dalla speranza di trovare.
Chi è B.?
La domanda si trasforma, e ci conduce per le strade di Parigi, nelle case e nei ricordi, nellintimità di coloro che lo conoscevano, a cominciare da chi lo sta cercando. Non ci si affaccia solo sul mondo di B., ma anche su quello di chi lo sta cercando: scienziati (astrofisici), psicologi, scrittori, poeti (non è la stessa cosa), maghi (non è la stessa cosa), amanti (non è la stessa cosa).
A volte B. è surreale come un personaggio kafkiano. A volte sembra acquistare consistenza.
È Bruno. È Bruno S.
La sua figura si avvicina e si discosta alternativamente dalla realtà.
La ricerca di B. diventa un percorso nella vita di entrambi: di chi cerca e di chi è cercato. Nella solitudine di entrambi: a riscoprire i momenti di felicità e infelicità.
Nella narrazione il presente e il passato si sovrappongono. Il presente è il passato: «Il mattino seguente torna ed apre la porta di casa [
] Rimase lì tutto il giorno»; «Quando si sciacquava la faccia, dopo lasciugava con un tovagliolo di carta. Anche i tovaglioli stanno finendo».
Con il procedere della narrazione, i confini sfumano, le differenze si affievoliscono.
«Resto per ore a pensare come forse penserebbe B».
«[
] Avrei voluto uscire, avrei dovuto uscire [
] E così mi rendo improvvisamente conto di una cosa: non è proprio quello che B. aveva fatto?».
La ricerca si stringe attorno a B. anche se si tratta di un avvicinamento morale, o psicologico, più che fisico e il narratore si allontana da se stesso, dalle sue abitudini (ma ne aveva?), dalla sua famiglia.
«Io chi ero? Non ne sapevo nulla» e «Cammino, come se fossi io, Bruno S.» e anche «B. era un altro, io ero B.».
Più ci si avvicina alla risposta (chi è B. e dove si trova?) più si ha la sensazione di allontanarsene: poiché quanto più sappiamo di B. tanto più il suo personaggio appare sfuggente, irreale, incomprensibile, per tutti. Matto, ubriaco, fallito. Inesistente. Eppure la ricerca continua, necessaria. Indispensabile.
Attraverso i due interrogativi cui apparentemente si cerca di dare risposta, Beppe Sebaste ci accompagna lungo un percorso che svela quanto le persone accanto a noi ci somiglino e come noi somigliamo a loro. Quanto poco le conosciamo e quanto siamo prossimi a comprenderne i bisogni, le motivazioni, lessenza. E come questa curiosa, astratta sensazione di distanza, che è prossimità al contempo, valga, a cominciare, per noi stessi.