LE SUORE DE L'UOVO DI GERTRUDINA DI LAURA PARIANI, COSTRETTE A PRENDERE IL VELO CONTRO LA PROPRIA VOLONTA', NON RACCONTANO UNA STORIA DI SCONFITTA

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L'uovo di Gertrudina (2003)


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Laura Pariani, L’uovo di Gertrudina
Rizzoli, 2003
Scala italiani 220 p.
Euro 14,50

Uno sguardo di sogno.
Femminilità e clausura
.

iene prima l’uovo o la gallina? Evocativo della fede e del coraggio di incarnarla anche a costo di sacrificare la vita, il titolo richiama l’interrogativo della suorina al gran filosofo che nega l’esistenza dell’anima («una parola che sa di muffa»), ma che viene dialetticamente sconfitto e costretto a battere in ritirata.

Contraltare alla fede vissuta per vocazione fino alle estreme conseguenze, è, invece, il richiamo alla Gertrude manzoniana, in cui è il mondo esterno a decidere, costringendo le prescelte, per motivi spesso di origine economica, a rinchiudersi, bambine, nel convento.

Ma non sempre l’ingresso nel chiostro prelude, nelle intenzioni narrative di Laura Pariani, ad un totale diniego della propria storia e di una identità al femminile; memoria collettiva e coscienza critica possono riassegnare un valore adeguato alle vicende di religiose che, in epoche e contesti differenti hanno in qualche modo incarnato, con la propria esistenza, il messaggio evangelico, offrendo al mondo (loro che paiono fuori dal mondo) un contributo, vissuto, come sottolinea anche Fulvio Panzeri, alla luce dello «stesso patimento di Cristo» («Avvenire», 8 marzo 2003).

Nelle vicende delle cinque suore, che si dipanano in altrettanti episodi narrativi raccontati ne L’uovo di Gertrudina (Rizzoli , 2003), emerge la forte vocazione di Laura Pariani a ridare voce ad esistenze che diversamente si spegnerebbero nell’oblio.

L’impossibilità comunicativa, determinata dall’ostinato silenzio in cui l’anziana suor Assunta (volontariamente) si rinchiude, spingono l’autrice a chiedersene i motivi e a ripercorrere, non solo metaforicamente, il viaggio compiuto dalla consacrata, dal Piemonte all’isola di Dawson, un luogo remoto alla Fin del mundo, nella punta più meridionale del continente sudamericano.

Terra di freddo e di ghiaccio, percossa dal «fragore del vento» e da un «brivido spettrale», la Patagonia è il contesto in cui la vicenda della religiosa si sviluppa, contraddistinta dalla vocazione missionaria evocata, in sogno, da don Bosco. Ed è sul «silenzio degli spazi» e su piccole testimonianze della storia, che la ricerca della Pariani si indirizza, intrecciando le proprie sensazioni, sollecitate dal soggiorno in quel «deserto desolato», con quelle vissute tanto tempo prima dalla suora che, prendendosi cura delle indie, cucina per loro la panìscia.

La fisicità del paesaggio caratterizza la distanza geografica e l’alterità culturale dei due mondi, che vengono però portati ad interagire dalla storia e dalle migrazioni. L’autrice si affida anche al richiamo linguistico di vocaboli ed espressioni nell’idioma indigeno (lingua yamana), nelle lingue della Lombardia e del Piemonte, e in quella spagnola. Che scandiscono, ulteriormente, il dispiegarsi delle relazioni sociali.

Il pathos narrativo si immedesima nella malinconia di suor Assunta per il luogo d’origine, che riattualizza l’incontro (non sempre esente da traumi e resistenze) dell’evangelizzazione con le consuetudini locali, e coinvolge continuamente il lettore nella narrazione.

Rieccheggiano in Laura Pariani (talvolta ascoltate in racconto all’epoca della sua infanzia) vite di monache mandate al patibolo nel secolo dei lumi o destinate a diventare, anche loro, desaparecidos, letture di antiche cronache giudiziarie su eventi delittuosi, testimonianze orali legate al mondo missionario. E, forse, il fascino emanato da un «grande monastero di clausura sull’isola al centro del lago», in luoghi cari all’autrice, come lascia intravedere lei stessa a Patrizia Danzè («Stilos», 25 febbraio 2003).

Le torture, inumane, vissute dagli oppositori al regime argentino sono condivise dalle «monjas voladoras», Alice e Leonie (le monache volanti), il cui destino, pur concludendosi drammaticamente nel vuoto in cui vengono gettate, ribadisce la personale professione di fede delle consorelle.

Di segno opposto per la serena atmosfera conventuale che vi si respira, è il racconto dedicato a suor Maria Celeste. La sottile vena malinconica, nel rievocare la breve fanciullezza, si sfuma, quotidianamente, nei gesti che lei dedica al padre Galileo, e che si materializzano nei dolci e nelle missive che gli invia. Il tenero e reciproco legame affettivo tra il padre famoso e la figlia, si suggella in un interscambio che avvicina le ragioni degli esperimenti di fisica e delle osservazioni astronomiche dell’uno, all’attività di cucina e all’amorevole sguardo agli aspetti della Natura dell’altra.

Lo stimolo imposto all’autrice da tutte le possibili storie che avverte «girarle intorno…» conduce a una netta caratterizzazione delle protagoniste, anche se, aggiunge, «mi pare a volte che tutti i personaggi siano racchiusi nella stessa storia, la mia» forse per lo stesso meccanismo del vivere per cui «una parte di noi trascorre in altre vite, come le case in cui abbiamo vissuto e che ora occupano altri… frasi che abbiamo pensato amato scritto e che diventano pensieri di chi li leggerà…».

Una matrice violenta accomuna, invece, le vicende di suor Carla Francesca e suor Trànsito. La prima entra in convento per «voti concessi a speciale dispensa» dopo aver contratto matrimonio, giovanissima, ma sorpresa in flagrante adulterio. La vendetta del marito «d’aria malvagia» sembra senza fine. Dall’omicidio dell’amante, alla monacazione forzata della moglie per farle espiare la colpa. Infine, dopo un ventennio che per la suora trascorre «a ispessire… la cappa dei rimpianti», a rievocare l’Antonia che era stata perché «un uccello prigioniero è come un bocciolo di rosa che non fiorisce mai», giunge l’ultima pugnalata che, inferta dallo sposo mai placato, pone fine alla sua esistenza.

Lo svelamento della storia di suor Trànsito, invece, avviene solo al termine del racconto. Un monastero ormai deserto, invaso dalla giungla e dalla polvere, in una laguna popolata da animali misteriosi. Teatro di morte per le epidemie e gli eventi catastrofici, luogo di atmosfere inquietanti, per certi versi gotiche.

Trànsito ripete ogni sera il percorso solitario nel convento rievocando episodi della sua vita e di quelli di suor Candelaria che, da uomo, aveva profondamente amato e che l’avevano indotto, per scelta (dopo la subìta evirazione) a seguirla proprio in quel luogo sacro senza mai più rivelare a nessuno la propria vera identità.

Ma non sempre quella che viene descritta rimane la storia di dura sconfitta subìta dai più deboli o da suore forzate ad una scelta che faceva orrore, “malmonacate”, costrette al velo contro la propria volontà.

Perché, sostiene la Pariani, «la letteratura può anche essere gesto di libertà… e nelle pagine dei libri le sorti del passato possono essere buttate all’aria per cui da una parte, i prìncipi padri e i fratelli despoti… sono schiacciati per l’eternità dalla luce del nostro disprezzo, e dall’altra, le donne che allora furono forzate e sconfitte, ancora possono rivolgerci uno sguardo di sogno».

A cura della Redazione Virtuale

Milano, 15 aprile 2003
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Franco Amilo (francoamilo@libero.it), Gallarate (Va), 4/11/'03

Mi è piaciuto moltissimo. Tutte storie interessantissime in spicial modo la prima "Il colore del silenzio". Complimenti a Laura Pariani




http://www.italialibri.net - email: - Ultima revisione Gio, 12 ott 2006

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