Nellimmaginario favolistico occidentale, il lupo è lanimale selvatico che mangia i bambini. Esso vive in perenne fuga, arrampicandosi sulle rocce e cercando conforto nelloscurità della notte.
Contornato da una simile solitudine, vive François, un nobile di montagna, che non vuole sottostare alle regole del Delfinato che lo vuole obbediente, anche davanti alla fuga della figlia Clotilde assieme al reggente. Questo fatto scatena la sua rabbia e lo porta a tradire il principe di Francia facendo la spia per i Savoia. Da qui il suo errare. Egli è il protagonista de La via dei lupi di Carlo Grande.
Il medioevo di Grande si dispiega fin dalle prime pagine come un foglio a due facce. Da una parte ci sono i banchetti di corte, con gli ammiccamenti amorosi e i falsi duelli e dallaltra la violenza gratuita, perpetrata verso chi non ha potere. Da una tale società il soggetto eccezionale si dissocia e, per orgoglio, combatte la propria battaglia. Certamente il ribelle compie un percorso impervio, che lo conduce verso la conoscenza di sé e degli uomini.
Indiscutibilmente il romanzo appare il risultato di unattenta ricostruzione dellepoca, che non può prescindere da fonti disparate. Se nella prima parte del libro lautore si tiene su uno stile misurato, ricordando vagamente la trilogia di Laura Mancinelli, arricchita da cene e i cavalieri, nella seconda parte, superata la lunga enumerazione di località, casati e battaglie, emerge unappassionata descrizione della natura. Su tutto svetta «la piramide del Monviso» ai piedi del quale stanno le piccole cappelle con i santi protettori, i ricordi dellinfanzia e i lupi eretici. Metafore che arricchiscono il linguaggio, sfociando in una bella pagina dedicata al legame con le proprie radici connotato dalla presenza/ assenza «di quel coro di voci silenziose» gli antenati:
«è difficile dire [confessava Fredo] qui sento... attorno a me, dietro di me, come un coro di voci... un silenzio di voci che bisbigliano. Sono mute, il più delle volte. Sono di coloro che sono stati prima di me: i miei, mio padre, mio nonno, il bisnonno e prima ancora "i loro" della famiglia, e gli amici, e quelli delle altre famiglie. Avverto gli amori, gli odi, le tristezze, i sogni della gente di qui. Le loro storie fanno i capitoli della mia storia. Queste voci non mi fanno sentire vecchio, ma antico».
Come pure nel riconoscimento di un peccato, la superbia, che ha guidato lindomito signore di Bardonecchia alla macchia.