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CON LA VITA NON è SOGNO SALVATORE QUASIMODO è ORMAI SULLA SCIA DELL'UOMO NUOVO, DELL'«UOMO DA RIFARE» |
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SCRIPTORIUM | CONTRIBUTI | RIVISTA |
La vita non è sogno (1946 1948) |
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«Luomo vuole la verità dalla poesia, quella verità che egli non ha il potere di esprimere e nella quale si riconosce, verità delusa o attiva che lo aiuti nella determinazione del mondo, a dare un significato alla gioia o al dolore in questa fuga continua di giorni, a stabilire il bene e il male, perché la poesia nasce con luomo, e luomo nella sua verità non è altro che bene più male».
La vita non è sogno sottintende quindi gli eventi politici che si sono seguiti tra il 1946 e il 1948. Quasimodo ora presenta questa nuova raccolta di nove poesie, ognuna delle quali espone un tema proprio e diverso dalle altre poesie. Sono tutti argomenti non nuovi nella sua poetica e anzi in un certo senso proseguono i temi di Giorno dopo giorno, rivisitati nella nuova visione etica della poesia e della società. Ogni composizione esprime un valore morale fondamentale da perseguire e da realizzare. I nove titoli sono: Lamento per il Sud, Epitaffio per Bice Donetti, Dialogo, Colore di pioggia e di ferro, Quasi un madrigale, Anno domini MCMXLVII, Il mio paese è lItalia, Thanatos Athanatos, Lettera alla madre. La prima poesia invoca il valore etico della Giustizia sociale, assente nellItalia spaccata tra Nord e Sud. Il poeta denuncia lingiustizia che pervade la terra nativa, vista come una landa arretrata economicamente e socialmente. Quasimodo vede il Sud, non come una terra felice, un eden a cui si voglia fare ritorno, ma come un territorio, una regione piena di povertà e di ingiustizia sociale, dove domina la malaria, larretratezza economica, e la disoccupazione che costringe i fanciulli a vivere in mezzo alle montagne. Descrivendo questa scena l'autore sembra anticipare la strage di Portella delle Ginestre. «Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti, / costringono i cavalli sotto coltri di stelle, / mangiano fiori dacacia lungo le piste / nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse. / più nessuno mi porterà nel Sud». Il Primo Maggio 1947, a Portella delle Ginestre, presso la Piana degli albanesi in Sicilia, la banda Salvatore Giuliano assalì una folla contadina riunitasi per un comizio, uccidendo 12 persone. Scritti il 13 febbraio 1947, qualche mese prima della strage, questi versi sembrano presagire la tragedia. Tra il 12 e il 14 maggio 1947 Quasimodo stese un famoso articolo nel quale, descrivendo il massacro dei contadini e il dolore delle madri, concludeva: «Guardate il viso di queste madri e ricordate che la Sicilia è anche terra italiana, fate davvero che a colpo omicida non si renda colpo omicida (Sono antiche parole ricantate da Eschilo). A Portella delle Ginestre ricade ancora il silenzio. Ma i suoi morti continuano davvero ad abitare coi vivi, il dolore del distacco, il lamento del Primo Maggio vuole la sua quiete, perché quella frequenza sia dolce e rassegnata. Innocente è sempre in Sicilia chi cade da oscura violenza e un innocente non ha bisogno né di conforto né di elogio ma di giustizia». Dallopera A colpo omicida e altri scritti pagine 69 70. Di fronte a questo Sud depresso e pieno di ingiustizia il poeta conclude esprimendo il suo risentimento amaro e impotente: « E questa sera carica dinverno / è ancora nostra, e qui ripeto a te /il mio assurdo contrappunto /di dolcezze e di furori/ un lamento damore senza amore». È la svolta quasimodiana verso temi che riguardano la società italiana, mentre l'autore si trova ormai definitivamente stabilito a Milano. La seconda composizione esprime il valore etico della gratitudine per la donna amata, che ha lasciato la terra per sempre. Si tratta della prima moglie, Bice Donetti, «la donna emiliana da me amata / nel tempo triste della giovinezza». E implora la gente che passa dalla sua tomba «a fermarsi un minuto a salutare/ quella che non si dolse mai delluomo/ che qui rimane, odiato, coi suoi versi, / uno come tanti, operaio di sogni». La terza invoca, attraverso il riferimento ad Orfeo, il valore etico del ritorno alla normalità, del ritorno alla pace, dopo gli anni neri del conflitto. Anche il poeta ritorna dalla guerra a cercare la sua Euridice. «I vivi hanno perduto per sempre / la strada dei morti e stanno in disparte». Ma per fortuna Euridice è salva e lo aspetta. «E qui / lOlona scorre tranquillo, non albero / si muove dal suo pozzo di radici. / O non eri Euridice? Non eri Euridice! / Euridice è viva. Euridice! Euridice!.». (Nella mitologia Orfeo perde la sua Euridice quando, alluscita dallAde, si volta dietro di sé a guardare se ella lo stia davvero seguendo). La quarta lirica addita il valore etico della pace e del tempo che inesorabilmente fugge vita. E lantico tema della fugacità della vita, che contiene un riferimento alla guerra appena conclusa ed esige che non si ripeta l'olocausto nucleare. Quasimodo esprime il suo risentimento per i caduti e chiede ragione al presidente americano Harry Truman del sacrificio di tanti giapponesi innocenti, quando, il mattino del 6 agosto 1945, su Hiroshima fu sganciata la prima bomba atomica. « E il vento sè levato leggero ogni mattina / e il tempo, colore di pioggia e di ferro / è passato sulle pietre, / sul nostro chiuso ronzio di maledetti. / ancora la verità è lontana. [ ] Dammi la risposta / Ora, ora prima che altro silenzio / entri negli occhi, prima che altro vento / salga e altra ruggine fiorisca». La quinta esprime il valore etico dellAmore, vivo e presente, vivificante e unico, che il poeta rivive con la nuova compagna. È un invito al carpe diem di oraziana memoria. Il poeta invita la sua donna a vivere quellamore con sincerità e fino in fondo, prima che il tempo sia irrimediabilmente passato. I versi iniziano con la descrizione di una bella giornata destate, poi, rivolgendosi alla donna amata: «Ma è sempre il nostro giorno/ e sempre quel sole che se ne va / con il suo filo del suo raggio affettuoso. / Non ho più ricordi, non voglio ricordare; / la memoria risale dalla morte, / la vita è senza fine. Ogni giorno / è nostro». E poi conclude: «E luomo che in silenzio savvicina / non nasconde un coltello fra le mani / ma un fiore di geranio.» La sesta composizione esprime il valore etico della aspirazione alla pace, a vivere in un mondo senza armi e senza guerre, anche se il poeta è consapevole dell'impossibilità di una tale eventualità. ANNO DOMINI MCMXLVII. Avete finito di battere i tamburi La settima esprime il valore etico della amor di patria, dellamore del popolo verso il proprio paese. Ma sottolinea anche limportanza dei poeti, che non possono dimenticare gli orrori della seconda Guerra Mondiale anche perché ancora i ruderi e i reticolati superstiti testimoniano la tragedia. Ecco lincipit: «Più i giorni della guerra sallontanano dispersi / e più ritornano nel cuore dei poeti.» E dopo aver elencato alcuni territori e città distrutte dalla guerra il poeta conclude: «I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili / dei vinti dei perdonati dalla misericordia ! / Tutto si travolge ma i morti non si vendono. / Il mio paese è lItalia, nemico più straniero, / e io canto il suo popolo e anche il pianto / coperto dal rumore del suo mare, / il limpido lutto delle madri, canto la sua vita». Lottava, Thanatos Athanatos, esprime il valore etico della eterna ricerca della verità tra la vita e la morte. In essa, «Capovolgendo una concezione tradizionale che la poesia e larte hanno avuto della vita, e che trova la sua definizione nel titolo di uno dei più famosi drammi di Pedro Calderon de la Barca, La vida es sueño (1636), assegna al poeta un compito profondamente umano, storico». (Alberto Frattini, Poeti italiani del XX secolo pagine 674, 675) La nona poesia, Lettera alla madre, esprime il valore poetico della gratitudine verso la madre che vive sola e lontana, che l'autore ringrazia per il dono insostituibile dell'ironia che lo «ha salvato da pianti e da dolori». «La confessione del poeta porta al confronto di due mondi e di due età diverse: la Sicilia e il grigio settentrione [...] Il filo misterioso si riallaccia così, dalla morte allamore, nella figura-emblema, che ha il profumo di una familiare ed universale religio: dolcissima mater». (Alberto Frattini, Poeti Italiani del XX secolo pagine 676, 678) La vita non è sogno è una raccolta di poesie, varie per i temi che trattano, ma sul piano della forma, recanti una unitarietà di fondo. Composte da ununica o al massimo da due strofe, con versi lunghi e con un linguaggio chiaro e pacato. Le figure retoriche sono pochissime, tranne qualche enjambements. Siamo lontani dallo stile ermetico. Ritorna come in Giorno dopo Giorno il Noi, come nella poesia Dialogo e nella poesia Anno domini MCMXLVII. Le altre composizioni parlano in prima persona, altre ancora invocano la seconda persona, come la poesia Colore di pioggia e di ferro. Ecco il commento di Gilberto Finzi: «Le 9 poesie di La vita non è sogno sono composte fra il 46 e il 48; il libro esce nel 49 ed è unaltra vittoria della poesia sulla nobile oratoria. Poesia civile sulla linea di Giorno dopo giorno, sul filo dellindignazione etica che vede già i fatti allontanarsi nel tempo mentre la coscienza delluomo che scrive non riesce a dimenticare [
] E poesia civile perché fa leva sulletica o meglio sul moralismo acceso, perché ardente e tesa nei sentimenti e nei risentimenti, sempre giocata sui toni alti dellepica anche là dove il cuore del poeta tende invece allelegia [
]. Ogni poesia di La vita non è sogno suscita una reazione diversa: indignazione, gratitudine, amore, dolore, desiderio di pace, patriottismo, anelito alla verità, amore filiale. Quasimodo è in sintonia con i tempi in cui vive e ne rispecchia le ansie e le speranze. L'autore ha scelto di identificarsi con luomo comune, che si pone domande fondamentali sull'esistenza, contro la guerra fratricida. A cura della Redazione Virtuale Milano, 21 aprile 2006 |
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I commenti dei lettori
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