Nella cronaca di questa nuova edizione del premio e nel suo regolare sottofondo misto di pettegolezzi, leggende e polemiche, è dobbligo riferire di quel passato che, essendo sconosciuto a tutti coloro i cui ricordi si fermano di fronte ai cancelli dell anagrafe, ci ha rappresentato e continua a rappresentarci, sia personalmente che come colletività. I più anziani, ad esempio, portano con sé la memoria di quei giorni in cui, era il 1954, la lettura confusa delle schede da parte dell allora presidente Moravia, a pochi fece capire chi stava per vincere. I più votati tra i finalisti, infatti, avevano nomi che rimavano luno con laltro - Patti, Buzzati, Soldati - tanto che tra i tavoli si poteva sentire risuonare una cantilena: «Chi vuol la pace si attenga ai Patti e non scherzi assolutamente con i Soldati» (1).
«Credo dice Starnone, insegnante di cinquantotto anni che a questo Bildungsroman ha lavorato tutta la vita che il mio libro abbia un certo valore. Ho incominciato a ventanni quando credevo di possedere già gli strumenti necessari. Invece ho dovuto aspettare ancora un bel pò».(2) In unintervista apparsa su La Repubblica di venerdì 6 luglio 2001, il professor Edoardo Sanguineti, noto poeta, ha commentato il Premio Strega in questo modo: «Mi sembra il prodotto di una società letteraria molto ristretta, che non corrisponde a nulla di reale. Una volta era rappresentativo, nel bene e nel male. Aveva un carattere, ma tutto questo si è perduto». Da questo spunto polemico, seguito a ruota dalla memoria, prendiamo il testimone e ripercorriamo ancora una volta il passato, ricordando larticolo di Pasolini sulla Tribuna illustrata, che annunciava il ritiro dal premio del 68: «Allindustria culturale non importa nulla della cultura: importa solo produrre libri (come una merce qualsiasi) e farli consumare Ho gettato allo sbaraglio un libro, scritto con arcaica cura artigiana, là dove da una parte dellindustria culturale non cera che cinismo e indifferenza riguardo al valore» (3). Ed ancora Sanguineti, che risponde alla domanda del giornalista se mai, nel caso in cui invece di poesie scrivesse romanzi, parteciperebbe al Premio Strega, commenta: «Lo eviterei. Vorrei concorrere solo a premi per libri poco commestibili: il romanzo è troppo esposto. E poi vorrei che tutti i giurati dicessero come hanno votato e soprattutto perché» (4). E ancora polemica. Nel 1959 ci si era azzuffati sul Gattopardo, Moravia lo considerava poco meno di un attentato alla letteratura. Era capitato di peggio nel 61, quando La Capria aveva vinto con un punto di scarto: «Mentre festeggiavo e bevevo, dopo aver incassato, seppi che un gruppo di scontenti stava stizzosamente ricontando le schede». (5) Dopo la vittoria nella notte tra giovedì 5 e venerdì 6 luglio (dal momento che il risultato è slittato oltre la mezzanotte), Domenico Starnone ha dichiarato di provare una sorta di assenza di emozioni, poiché il trionfo era giunto praticamente inaspettato. La repubblica, tuttavia, non manca di riempire le orecchie di pulci e riporta: «A pochi giorni dalla premiazione il tam tam indicava in Starnone il prediletto. Lunica certezza era lavversione dichiarata, esibita nei confronti di Debenedetti. A un giurato che incautamente le avrebbe detto di votare per il figlio del grande critico , la Rimoaldi si racconta abbia replicato: «un voto perso, tanto non vince» (6).
Domenico Starnone Starnone non nega comunque di essere felice: «Non ho mai partecipato a nessun premio letterario. La mia generazione credeva che i premi non fossero posti frequentabili» (8). Cerami, autore di un romanzo che racconta la storia di una ragazza (Morena) che insegue fantasmi damore, filosofeggia: «Ma in fondo che cosè un premio, via , è una festa, una cosa per lestate. Comè nato lo Strega? Perché un gruppo di letterati voleva divertirsi un po destate» (9). In questa vaporosa nuvola di serenità disegnata dalle parole di Vincenzo Cerami sinserisce legittimamente il ricordo di unedizione importante del Premio Strega, quella dell81 vinta da Umberto Eco. Osserva Gelli: «Cera una sensazione che non fosse più il premio a promuovere il libro, ma viceversa». E la svolta, la Bellonci sinnamora de Il Nome della rosa, ma le grandi dame dello Strega la pensano in altro modo. Lo scontro inaugura la stagione dei duelli feroci. I più coreografici sono quello, suicida, fra Magris e Malerba, quello, gelido, fra Pontiggia e Calasso, e quello, fratricida, tra Ferrero e Fosco Maraini (10). Avremo tempo, in queste vacanze che arrivano indorate da un sole caldissimo, di leggere Via Gemito di Starnone. Qualcuno, affascinato in generale dalla figura mitica del vincitore, lo farà perché attratto dallalone del grande consenso espresso dai 133 voti favorevoli al romanzo; qualcun altro, poi, lavrebbe fatto ugualmente. Chi, invece, non vorrà proprio farsi trascinare dalla magia di una prosa brillante e dal profumo aspro di pagine stampate, dovrà aspettare il prossimo anno in cui, regolarmente infarinato di clamore, voci e bisbigli, il Premio Strega tornerà puntuale. A cura della Redazione Virtuale de «La Libreria di Dora». (1) Sette (N.27/2001), settimanale del Corriere della Sera 14 settembre 2001 |
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