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CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA CONQUISTA ITALIANA DEL K2 DELLA SCUADRA DI ARDITO DESIO. LETTERATURA DI MONTAGNA
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Una delle principali fonti di perplessità è rappresentata dalle false aspettative di quei soggetti che aspirano ad avere il premio per sé o per qualcuno dei propri amici. Peggio ancora quando l'attribuzione dell'ambito riconoscimento tocca a uno scrittore ostile o appartenente a una fazione avversa o, non sia mai, amico ma ritenuto meno degno. Sicché capita di frequente che il Comitato per il Nobel venga bollato di tendenziosità, se non proprio di pura ignoranza. Quando non è proprio lo scrittore insignito a rispondere «No, grazie». Capitò nel 1964, quando Jean Paul Sartre, che sosteneva che la tetteratura non fosse altro che un surrogato borghese dell'impegno che ognuno dovrebbe profondere nella realtà, rimandò per coerenza il premio al mittente. Insomma, lavoro duro quello dei giurati del Nobel, come ci spiega Diego Farina, nell'articolo in cui rivela i meccanismi che regolano il processo di selezione dell'Accademia svedese. Nonostante le polemiche di facciata però, il Nobel, non soltanto per la ricca borsa che porta con sé, resta sempre il riconoscimento più ambito. Rimane tuttavia la curiosità di sapere quali siano gli elementi che possono indurre il giudizio dell'Accademia a pendere per un candidato piuttosto che per un altro. Lo stesso Giosuè Carducci poteva essere considerato dai conservatori della sua epoca indegno di ricevere l'onoreficenza. Figlio di un membro della Carboneria, il suo patriottismo lo portò a odiare profondamente la Chiesa che ostacolava la realizzazione dell'agognata unità d'Italia, a esprimere la propria avversione per il Papa e a esaltare in un'opera (Ca ira) l'avventura della Rivoluzione francese. I detrattori più accaniti gli rimproveravano di essere animato da uno sfegatato paganesimo, al punto di arrivare a comporre persino un Inno a Satana (1865). «Solo nelle Rime nuove (1877) e nelle tre raccolte delle Odi barbare (1877-89) appare, insieme alla piena maturità lirica, una compiuta bellezza stilistica» (dal Discorso di presentazione del Segretario dell'Accademia Svedese C.D. af Wirsén, 10 dicembre 1906). Spiega Elettra Ercolino, che la novità del poeta ottocentesco consisteva nel risultato raggiunto nella sperimentazione attuata sullesametro e sul distico elegiaco che, per la loro particolare struttura metrica, avevano sempre rappresentato un ostacolo nella poesia metrica. «Walt Whitman cantò lAmerica, Emile Zola cantò la Parigi di fine 800, Carducci cantò dellItalia le origini mitiche, la cultura contadina, i campi di grano trionfanti al sole o il freddo dellinverno e della morte, le città silenziose o vocianti, i grandi uomini, come un antico greco cui fosse stata restituita la lira.», scrive Vilma Viora del poeta. Dal punto di vista letterario, Carducci era considerato un genio. Gli veniva riconosciuto non solo di aver rivoluzionato il metro classico, ma di aver composto versi di una tale originalità da non poter essere chiaramente classificato in alcun modo. Tanto bastò all'Accademia svedese per ignorare i suoi atteggiamenti personali e insignirlo del Premio. La scrittrice Grazia Deledda frequentò le scuole di Nuoro e, in virtù dell'appartenenza a una famiglia relativamente benestante, ricevette alcune lezioni private che le consentirono di apprendere, oltre che il francese, anche l'italiano, dato che in casa non si parlava che il dialetto sardo. La nascita nella perifericissima Nuoro del 1876, scrive Gavino Angius la condizione dautodidatta, seppure nel seno duna famiglia borghese e acculturata, danno lillusione duna sorta di partenogenesi letteraria. In realtà, non va dimenticato che il canone delle letture e ispirazioni giovanili della Deledda non si limita alla pur ricca biblioteca paterna (si ha notizia dun professore, ospite duna sua zia, con al seguito casse di libri), né vanno sottovalutate le ricerche etnologiche compiute dalla Deledda su impulso del De Gubernatis, né ancora va trascurato linflusso che senzaltro ebbero sulla giovane Deledda i dibattiti politici, sociali e culturali assai vivi nella pur effimera stampa periodica nella Sardegna dellepoca. Grazia Deledda non fu premiata come iniziatrice di un genere. Casualmente l'argomento delle sue opere e il suo linguaggio, la sua sensibilità la collocavano perfettamente all'incrocio tra realismo e idealismo, tanto da farne un esemplare letterario e umano perfettamente coerente. «I principî che dominano il suo lavoro di scrittrice sono rappresentati chiaramente e concisamente nell'epilogo della sua novella Cenere (1904) [...] Alfred Nobel voleva che il Premio per la Letteratura fosse attribuito a qualcuno che, nella sua opera, avesse fornito all'umanità quel nettare che infonde la salute e l'energia di una vita morale. In conformità con i suoi desideri, l'Accademia Svedese ha assegnato il Premio a Grazia Deledda, per la sua prosa idealisticamente ispirata che con chiarezza plastica dipinge la vita della sua isola nativa e con profondità e simpatia si confronta con i problemi umani in generale.» (dal Discorso di presentazione del Presidente della Fondazione Nobel Henrik Schück C.D. af Wirsén, 10 dicembre 1927). La terra sarda, daltra parte, scrive Margaret Collina così scabra e avara, si attaglia perfettamente ai personaggi che lautrice descrive, e si rivela uno sfondo perfetto per lo svolgimento di una tragedia classica. La primitiva e cruda terra di Sardegna diventa così il teatro universale per la rappresentazione di tragedie e drammi che si ripetono, sotto forme diverse, lungo tutto il percorso della storia umana.. Difficilmente si sarebbe potuto obiettare sulla scelta di Luigi Pirandello che come uomo aveva dedicato la vita al lavoro e alla famiglia, a fianco di una moglie malata di nervi, e come scrittore aveva prodotto un'opera gigantesca. L'inquietudine e una solitudine a tratti disperata, che sono la costante della sua esistenza, insospettabili in un uomo di tale successo, vengono analizzate nell'articolo Il segreto di un Nobel italiano, in cui Paolo Di Paolo prende in esame le pagine di alcuni biografi: fra tutti, Andrea Camilleri, che bene la descrisse nel suo libro Biografia del figlio cambiato. «La caratteristica più rilevante nell'arte di Pirandello è la sua quasi magica capacità di trasformare l'analisi psicologica in buon teatro.» dichiarò Pell Hallström. «Il problema centrale nella produzione drammatica dell'autore è l'analisi dell'Io [...] Consolidando la profondità della follia egli raggiunge delle importanti scoperte. Nella tragedia Enrico IV (1922), per esempio, la suggestione proviene dal travaglio della personalità per la propria identità nel torrente eternamente liquido del tempo.» Il Segretario dell'Accademia di Svezia concluse: «Dal punto di vista morale, Pirandello non è né paradossale né distruttivo. Il bene domina le sue idee sul mondo dell'uomo. Il suo pessimimo amaro non ha irrigidito il suo idealismo; la sua penetrante ragione analitica non ha tagliato le radici della vita. La felicità non occupa grande spazio nel mondo della sua immaginazione, ma quello che dà dignità alla vita trova ancora in essa sufficiente aria per respirare.» (dal Discorso di presentazione, 10 dicembre 1934). Come sottolinea Giovanni Nuscis, a sostenere la candidatura di Salvatore Quasimodo al prestigioso premio furono due personalità autorevoli come Carlo Bo e Francesco Flora. Lattribuzione del Nobel, tuttavia, scatenò ancora una volta polemiche accesissime negli ambienti letterari italiani. Appartenente alla generazione che usciva dalla guerra, Quasimodo aveva un passato antifascista e, al pari di molti intellettuali italiani, era di sinistra. Nelle Nuove poesie scrive Davide De Maglie (pubblicate insieme alle raccolte precedenti nel volume Ed è subito sera del 1942 e scritte a partire dal 1936) il ritmo diventa più disteso grazie anche alluso più frequente dellendecasillabo: il ricordo della Sicilia è ancora vivissimo ma si avverte nel poeta uninquietudine nuova, la voglia di uscire dalla sua solitudine e confrontarsi con i luoghi e le persone della sua vita attuale. In alcune liriche compare infatti il paesaggio lombardo, esemplificato dalla «dolce collina dArdenno» che porta allorecchio del poeta «un fremere di passi umani» (La dolce collina). Questa volontà di dialogo si fa evidente nelle raccolte successive, segnate da un forte impegno civile e politico sollecitato dalla tragedia della guerra; la poesia rarefatta degli anni giovanili lascia il posto a un linguaggio più comprensibile, dai ritmi più ampi e distesi. Quello che colpì il Comitato, fu la capacità di Quasimodo di interpretare la vita morale dei suoi concittadini «nella quotidiana esperienza di innumerevoli tragedie e nel confronto costante con la morte.», affermò Andres Österling nel suo Discorso di presentazione. «Nelle sue poesie, si possono trovare citazioni bibbliche a fianco di allusioni alla mitologia classica, quella mitologia che è una costante fonte d'ispirazione per un siciliano. La carità cristiana è la qualità di base della sua poesia che, nei momenti di più grande ispirazione, ci abbraccia universalmente.» (Stoccolma, 10 dicembre 1959). Eugenio Montale, ci informa Luigi Amato, indaga luomo e il suo isolamento nel mondo, osservati anche rispetto al fluire di natura e storia, come insegnavano i filosofi esistenzialisti e i poeti francesi Charles Baudelaire innanzitutto e inglesi e americani Robert Browning, Thomas Stearns Eliot ed Ezra Pound . La grandezza del poeta genovese risiede in quella straordinaria abilità nel tentare di comprendere loccidente a lui contemporaneo e i cambiamenti che le arti e il sociale avevano subito dallo svilupparsi di una cultura massificata di carattere planetario. Egli aspira a essere una voce laica, razionale, italiana ed europea, pronta a sondare anche gli aspetti più terrificanti del presente con la consapevolezza, di fronte ai sinistri presagi del futuro, dei suoi limiti e dellinarrestabile corsa degli eventi. Il pessimismo di Montale è frutto una accurata analisi della realtà e di una distaccata, ma non insensibile, osservazione della condizione umana. Ciò nonostante, «la sua rassegnazione contiene una scintilla di speranza nell'istinto vitale di andare avanti, di superare le barricate. [Per lui] la poesia pur non essendo un mass medium rimane una potenza gentile che, subliminalmente riesce ad agire come una delle voci della coscienza, flebile fin che si vuole, ma indistruttibile e indispensabile.» (dal Discorso di presentazione di Anders Österling, dell'Accademia Svedese, 10 dicembre 1975). La motivazione del premio recitava: «Per la sua inconfondibile poesia che, con grande sensibilità artistica, ha saputo interpretare i valori umani sotto il segno di uno sguardo disilluso sulla vita.» Con la premiazione di Dario Fo, l'assioma dichiarato in apertura di questo articolo trova la sua più chiara dimostrazione e lo sconcerto raggiunge la sua apoteosi. Ricorda Paolo di Paolo nel prologo della sua intervista all'autore: «Quando, nell'ottobre 1997, il mondo ebbe notizia della scelta inattesa, stupefacente presa dallAccademia di Svezia, un giornale titolò: Mistero buffo: il Nobel a Fo".». Lo stesso Fo, nel suo discorso di accettazione esordì: «Signore e Signori....... Alcuni amici miei, letterati, artisti famosi, intervistati da giornali e televisioni, hanno dichiarato: "I1 premio più alto va dato senz'altro quest'anno ai Membri dell'Accademia svedese che hanno avuto il coraggio di assegnare il Nobel a un giullare!" Eh sì, il Vostro è stato davvero un atto di coraggio che rasenta la provocazione.» Negli ambienti accademici, politici e culturali e nella stessa opinione pubblica italiana, le posizioni si allinearono nettamente su due fronti contrapposti: uno piacevolmente sorpreso dalla scelta del Comitato, che pure strappava un sorriso; l'altra indignata quando non addirittura veramente scandalizzata. «Basta vedere continuava Fo il putiferio che ha causato: poeti e pensatori sublimi che normalmente volano alto... e poco si degnano di quelli che campano rasoterra... si sono trovati all'istante travolti da una specie di tromba d'aria. «Ebbene, io applaudo e sono d'accordo con loro. «Stavano già beati nel Parnaso degli eletti e Voi, con questa Vostra insolenza, li avete abbattuti e precipitati giù a sbattere musi e pance nel fango della normalità. «Si son levati urla e improperi tremendi, rivolti all'Accademia di Svezia, ai suoi Membri e ai loro parenti prossimi e lontani fino alla settima generazione. «I più scatenati hanno gridato: ''Abbasso il Re... di Norvegia!". «Nel trambusto si sono sbagliati di dinastia...» Un invito a nozze per l'attore lombardo, che non chiedeva di meglio che prendersi una rivalsa sui suoi critici, tanto da far nascere il sospetto che quelli del Comitato l'avessero fatto apposta. Fo scrive Rosanna Giovinazzo nella sua analisi di Mistero Buffo è un giullare perfetto che, manovrando con grande abilità, risa e serietà, ripercorre una storia millenaria fatta di abusi e ingiustizie, nel tentativo, anche, di svegliare le coscienze, perché in lui è pressante un impulso forte: la ricerca della giustizia.» «Per Alfred Nobel, le opere letterarie erano strumenti importanti per raggiungere gli obiettivi fondamentali dei premi, in particolare quello di portare beneficio all'umanità. Di cui la difesa della dignità umana è senza discussione un aspetto essenziale.» Discorso di presentazione del professor Sture Allén dell'Accademia di Svezia, 10 dicembre 1997.
Un altro Nobel scandaloso? Ci potete scommettere! Milano, 07 ottobre 2004 ![]()
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