IL RITRATTO DI SÉ CHE EUGENIO MONTALE PROPONE NELLA LETTERA A MALVOLIO, IN RISPOSTA ALLA CRITICA DI PASOLINI

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Lettera a Malvolio (1972)



Eugenio Montale, Lettera a Malvolio
Diario del '71 e del '72
in Tutte le poesie, Mondadori, 1984
Meridiani, pp.1245
Euro 55,00

ppare nel Diario del '71 e del '72, il quinto libro di poesie di Eugenio Montale (1973). Dopo alcune composizioni sarcastiche sulla società italiana definita ne Il trionfo della spazzatura si arriva a una poesia emblematicamente polemica nei confronti di Pier Paolo Pasolini, che aveva in un certo senso censurato Satura, per l'atteggiamento tiepido dimostrato dal poeta sugli argomenti più controversi della politica contemporanea: il conflitto sociale, le stragi e, a livello internazionale, la guerra del Viet-Nam. In questa poesia, Lettera a Malvolio, Montale affronta i suoi critici, fa i conti con la società italiana degli anni del boom e si rivolge, con Pasolini, a tutti gli intellettuali che ne hanno, in qualche modo, tratto profitto.

    LETTERA A MALVOLIO

    Non s'è trattato mai d'una mia fuga, Malvolio,
    e neanche di un mio flair che annusi il peggio
    a mille miglia. Questa è una virtù
    che tu possiedi e non t'invidio anche
    perchè non potrei trarne vantaggio.

    No,
    non si trattò mai d'una fuga
    ma solo di un rispettabile
    prendere le distanze.

    Non fu molto difficile dapprima,
    quando le separazioni erano nette,
    l'orrore da una parte e la decenza,
    oh solo una decenza infinitesima
    dall'altra parte. No, non fu difficile,
    bastava scantonare scolorire,
    rendersi invisibili,
    forse esserlo. Ma dopo.

    Ma dopo che le stalle si vuotarono
    l'onore e l'indecenza stretti in un solo patto
    fondarono l'ossimoro permanente
    e non fu più questione
    di fughe e di ripari. Era l'ora
    della focomelia concettuale
    e il distorto era il dritto, su ogni altro
    derisione e silenzio.

    Fu la tua ora e non è finita.
    Con quale agilità rimescolavi
    materialismo storico e pauperismo evangelico,
    pornografia e riscatto, nausea per l'odore
    di trifola, il denaro che ti giungeva.
    No, non hai torto Malvolio, la scienza del cuore
    non è ancora nata, ciascuno la inventa come vuole.
    Ma lascia andare le fughe ora che appena si può
    cercare la speranza nel suo negativo.
    Lascia che la mia fuga immobile possa dire
    forza a qualcuno o a me stesso che la partita è aperta,
    che la partita è chiusa per chi rifiuta
    le distanze e s'affretta come tu fai, Malvolio,
    perchè sai che domani sarà impossibile anche
    alla tua astuzia.

Il poeta, che può vantarsi di non essere sceso a compromessi con i potenti, né sotto il fascismo, né tanto meno con l'entourage formatosi nell’Italia del miracolo economico, propone di sé una figura di un uomo solitario ma coerente con i propri principi di moralità e di onestà intellettuale, che non partecipa ad un mondo corrotto, fatto di disonore e di indecenza.

Il poeta afferma di non aver mai rifuggito gli impegni politici ma di aver tenuto a mantenere una «rispettabile distanza». E se la scelta non fu difficile al tempo del fascismo, diventa tanto più giusto mantenerla in un periodo in cui l’onore e l’indecenza costituiscono un ossimoro onnipresente. È l’ora della focomelia concettuale, e il distorto è il dritto, e su ogni altra cosa è derisione e silenzio.

Il poeta ha preso una strada diversa da quella imboccata da Pasolini, il quale rimescolando agilmente materialismo storico e pauperismo evangelico ha in effetti finito con accettare del denaro da un ambiente corrotto. Il poeta termina affermando di essere rimasto coerente con la sua «fuga immobile», che se per lui ancora la partita è aperta, per Pasolini la partita è chiusa perché chi fa commercio del proprio sdegno, prima o poi finisce col compromettersi con l'oggetto delle proprie critiche: «che la partita è chiusa per chi rifiuta / Le distanze e s’affretta come fai tu, Malvoglio, / perché sai che domani sarà impossibile anche / alla tua astuzia».

Ecco il commento di Francesco Puccio a spiegazione di questi versi:

    «Il testo, inteso come lettera aperta, dai cui il titolo, focalizza uno dei temi ricorrenti nell’ultima produzione di Montale e cioè la difesa della propria intransigenza etica che da tanti intellettuali e detrattori era scambiata per disimpegno…. Il poeta prende le rispettabili distanze da ogni posa letteraria, da ogni ideologia che abbia la pretesa di assurgere a verità, e soprattutto resta alieno da atteggiamenti prostagonistici.».

A cura della Redazione Virtuale

Milano, 23 maggio 2006
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