Maria Corti, Ombre dal Fondo
Einaudi, 1997
I coralli Pag.151
Euro 11,36
niversità di Pavia, inverno del 1968, ufficio del Magnifico Rettore Fornari: Maria Corti, docente di Storia della Letteratura presso luniversità, prima che manoscritti dimportanti autori italiani del 900 volino in silenzio tutti allestero, propone al Rettore listituzione di un Fondo Manoscritti dautori contemporanei.
Giunge sino a promettere di donare, per il battesimo del Fondo, alcuni manoscritti di Montale, Bilenchi e Gadda in suo possesso, purché il Fondo possa essere istituito. Da questo slancio di generosità ha inizio una delle storie fortunate dItalia, storie che spesso devono più allarte di arrangiarsi e allattiva condivisione di una passione da parte dei cittadini che alla preveggenza delle Istituzioni.
Nel raccontare della nascita e crescita del Fondo dal 68 ai giorni nostri, Maria descrive le due anime del luogo, il suo essere cimitero di feti dopere frequentato da ombre e al contempo «Luogo che si costruisce da sé, Accidente Naturale»; che nel tempo si modifica anche in termini di spazio: allinizio un armadio ricavato da scaffali con ante applicate intorno, nellIstituto di Storia della letteratura italiana, Cortile di Lettere. In seguito una stanzina umida, ma con caminetto, quindi un bel locale al pianoterra a cui se ne aggiungono altri due al primo piano del rettorato. Poi, tutto fermo per 15 anni, fino al 91 e al lascito Manganelli.
Intanto al Fondo cominciano ad arrivare manoscritti, epistolari, interi corpus operae. E il Caso o la passione di Maria Corti a determinare gli arrivi dei manoscritti al fondo? E vero che per caso Maria si trova davanti alla Bompiani mentre stanno caricando un camion con manoscritti di Moravia, Alvaro, Marotta e Tonino Guerra, diretti al macero. Ma è la passione che le dà il cipiglio di spedire il camionista con una lauta mancia a mangiare, mentre lei va a riscattare i manoscritti per dirottarli al Fondo. E il Caso che le fa incontrare Elsa De Giorgi, compagna di Calvino, che le fa dare uno sguardo alle lettere damore che lui le scriveva, lettere già destinate allestero. Ma è la passione di Maria che convince la De Giorgi a lasciar perdere la banca svizzera e a vendere invece le lettere al Fondo; ed è sempre la passione che le fa trovare «un numero enorme di milioni» per pagarle.
Molti autori sono suoi amici, molti sono tra i maggiori del secolo e certamente ognuno di loro prende in considerazione il Fondo. Montale, che le fa dono di manoscritti dal 68, un giorno la convoca: «Questa busta non te la do, era della Mosca. Ti do il contenuto: sono miei manoscritti degli Ossi, vinteresseranno perché sono tutti datati e qualcuno diverso dalla stampa. Domani vado a Padova per operarmi! E' bene che gli Ossi siano da voi.». E oltre a Montale, arrivano altri donatori in grande: Arbasino, Fortini, Bilenchi, Ginevra Vivante con gli epistolari del marito Aldo Camerino, giornalista e scrittore, e direttore del «Gazzettino» di Venezia. Il Fondo cresce, per Caso e per passione, fino allinfarto di Manganelli.
Doveva essere proprio un bel tipo, Giorgio Manganelli, ma doveva anche voler bene a questa curatrice appassionata delle carte private e degli intimi rovelli di tanti e tali scrittori. «Il Fondo è statale, quindi povero. Manda alla Maria anche tutte le scaffalature». Questa la postilla al testamento di Luigi Manganelli, destinata alla sua compagna. Alla Maria quasi venne un colpo quando vide arrivare «...ben due Tir, carichi di circa novecento cassette fra manoscritti e libri oltre le corrispondenti scaffalature in noce». Sembrava impossibile trovare lo spazio, ma grazie allitalica incuria di alcuni beni culturali, altri ne traggono per vie traverse beneficio. A Pavia era crollata la torre civica qualche mese prima. LIstituto di Scienze Politiche era situato nel cortile sforzesco dellUniversità, uno dei più belli, proprio sotto tre alte torri medievali. Il Rettore, alla ricerca di una nuova sede per il Fondo, convinse facilmente il preside della Facoltà di Scienze Politiche a cedere alcune sale per la nuova sede. «A guardare dalle vetrate dei due saloni le tre torri mi sono emerse davanti allimprovviso, altissime e solitarie: crollando ci avrebbero fatto a pezzettini, ma noi non ci avventurammo mai in pensieri del genere. Divorati dal desiderio di trasferirci nella nuova sede, la guardavamo stupiti come uno che guarda un proprio sogno. Non ce ne importava un fico secco delle torri. I vari locali avevano un aspetto quasi nobile, con il parquet biondo, le finestre settecentesche e un grande senso di isolamento.» Le torri sono da allora state rinforzate e restaurate e il Fondo ha finalmente una sede degna ad accogliere oltre ai grandi del 900 anche l800. E allora arrivano Leopardi, De Marchi, e, dalla casa di un collezionista mono-maniaco, persino uno dei più imponenti fondi foscoliani.
Ma la parte più interessante del racconto, che si dipana lungo tutto il libro, sono le ragioni per lesistenza del Fondo: quello che esso significa per le ombre degli scrittori che vi si aggirano quando tutto è tranquillo, tanto per i viventi che percorrono le stesse sale durante il giorno. Per la Corti, il Fondo è quel punto di contatto, specchio del mondo, nonché luogo fisico, attraverso cui aion, il tempo finito (della vita) e chronos, il tempo che apre una finestra sul futuro, sulleternità, sincontrano. Il luogo dove le ombre vengono evocate da coloro che frequentano le loro Carte. «Ecco dunque perché loro son qui, nel Fondo, sono venute a farci visita, si sono immerse nel chronos. In questo mondo in cui ogni cosa si consuma in un mese o in un anno...loro non prendono parte a questo consumio generale. Persistono, premono su di noi, attendono di essere conosciute, se pure da un numero limitatissimo di viventi.». E a quel numero limitatissimo di viventi è dato che, mentre «...gli occhi guardano il visibile, le Carte, allo stesso posto vedono linvisibile. Esso affiora al tocco giusto dello sguardo» Un incontro tra anime ma anche un osservatorio privilegiato su quella che Maria Corti definisce «linvenzione», il processo creativo che «esteriorizza ed è il processo stesso descrittivo» e «interiorizza, interpreta e quindi riscrive. Il che è inevitabile perché il reale e il mentale non coincidono.»
Un libro molto denso, in cui lautrice narra in prima persona quella che è stata la passione della sua vita, in tono pacato, con distacco e ironia. Una vita ricca di avvenimenti e soprattutto dincontri con persone formidabili, sfociati in solide amicizie. Aveva tanti amici, Maria. Nonostante fosse statale, quindi povero, per sua fortuna (e nostra) il Fondo ha avuto Maria Corti.
A cura della Redazione Virtuale
Milano, 18 Marzo 2003
© Copyright 2003 italialibri.net, Milano - Vietata la riproduzione, anche parziale, senza consenso di italialibri.net |